Articoli

Regina – Revolutions

Regina rientra a Napoli, con una valigia ricca di esperienza e di sogni ed un portafoglio un po’ piu’ gonfio. I giorni passano.  

Regina riprende a lavorare in libreria ma è concentrata su una sola cosa… Il festival della canzone italiana tenuto a Sanremo. Non vede l’ora.

Il suo giorno libero decide di andare a fare shopping, doveva andare al festival non poteva presentarsi con uno straccetto qualunque ne occorreva qualcuno nuovo.

Nonostante avesse una disponibilità economica piu’ importante Regina non è abituata a spendere molti soldi per il suo abbigliamento, quindi accompagnata da sua madre e dalla sorellina, entrano ed escono dai negozietti dove puoi acquistare vestiti carini senza dover fare un mutuo.

Regina acquista 5 abiti spesa totale 138 euro. Felicissima rientrata a casa inizia a preparare gli abbinamenti con le scarpe anche queste acquistate in un negozio chiamato “Schizzetto”,( negozio in cui si trovano scarpe di tutti i tipi, per tutte le tasche, a volte scarpe bizzarre).

Ogni gesto è curato nel riporre nella valigia le sue cose. 

La notte è lunghissima, poi finalmente si parte. Ed ecco Regina nuovamente a Sanremo per la seconda volta in un mese.

L’Hotel Europa l’accoglie sempre in modo affettuoso e le ha riservato la stessa camera dell’ultima volta, quella con la vista sul mare.

Alberto si è già fatto sentire per organizzare le cose al meglio.

Regina trascorre l’intero pomeriggio a prepararsi all’evento. Cura tutti i particolari estetici, partendo dai capelli fino ai piedi. Indossa i vari vestiti facendo le prove per sedersi, per presentarsi a colui o colei  che le sarebbe stato seduto accanto durante lo show.

Un trillo di telefono l’avvisa che all’ingresso c’è una macchina ad attenderla.

“Wow una macchina per me”, non riesce a crederci.

Prende la sua borsetta, il suo scialle di pizzo nero e si precipita in ascensore.

Ad attenderla Alberto in smoking.

“Regina stai benissimo” si complimenta Alberto, la sua espressione è più chiara delle parole appena pronunciata.

“Anche tu, grazie per essere passato a prendermi, non me lo avevi detto”.

“Sorpresa!” risponde.

Entrambi sorridono.

Regina rimane estasiata alla vista dell’auto nel quale sarebbe salita. Una limousine degna di un film Holliwoodiano. Non crede di riuscire a gestire tutte quelle emozioni tutte insieme, tiene stretto il ciondolo, come alla ricerca di sostegno e respira.

All’interno della grande auto ci sono altre persone che Alberto presenta come colleghi e rispettive consorti. Regina con fare elegante (o almeno ci prova) tende la mano per la presentazione e sorride dicendo: “Molto lieta” (proprio come aveva provato qualche ora prima nella sua camera in Hotel)

Cerca di mantenere la calma, di respirare a fondo e di guardare fuori dal finestrino. Quello che vede la terrorizza piacevolmente.

Una folla immensa accalcata davanti alle transenne che delimitano il tappeto rosso che arriva all’ingresso del Teatro Ariston.

L’auto si ferma ed il conducente apre la portiera dell’auto. Regina è l’ultima ad uscire per la posizione in cui è seduta, e questo le permette di osservare il comportamento delle persone che la precedono, in modo da poterlo imitare.

Il cuore in gola, fa fatica a muoversi. Alberto le porge la mano per aiutarla a scendere. Il vestino nero lungo di pizzo si impiglia nei tacchi, lo scialle le scivola dalle spalle… un grosso respiro e finalmente Regina prende possesso del tappeto rosso accompagnata da Alberto.

Le luci sono abbaglianti, l’ingresso del Teatro Ariston le sembra l’ingresso del suo paradiso.

“Vuoi vedere come funziona questa enorme macchina?” le chiede Alberto.

“Scusa?” 

“Ti va di venire dietro le quinte, a sbirciare, poi ti accompagno al tuo posto”.

“Ma dai sul serio, certo che voglio venire, quando mi ricapita.” Regina non aspettava altro che curiosare.

Il dietro le quinte è un viavai di gente, che corre a destra e a manca. Tecnici con le cuffie che indicano l’orario di inzio del telegiornale, prova microfoni, sarte che vanno in giro con abiti e pezzi di stoffa sulle spalle, cavi elettrici sparsi ovunque. Una sala grande è attrezzata con del cibo e delle bevande, Aberto invita Regina a prendere qualcosa ma non le va, quelle emozioni la saziano.

“Alberto ma dimmi una cosa i presentatori da dove escono” chiede Regina.

” Vieni ti faccio vedere”, e Alberto conduce Regina ad una scalinata.

“Wow” esclama Regina, “Eccola la famosa scalinata che spaventa tutte le presentatrici e le modelle, hanno proprio ragione”.

Intanto qualcuno chiama Alberto urgentemente, Regina intuisce che sta succedendo qualcosa perché sente parlare ad alta voce, probabilmente tutto normale visto che c’è una diretta televisiva da fare.

Regina ripensa a quante volte con la nonna ha fantasticato su quel festival ed ora è li, proprio li.

Regina prende il ciondolo, lo avvicina alla bocca e sussurando dice: “Nonna hai visto dove ti ho portato, le promesse sono promesse, finalmente siamo qua al festival di Sanremo…. Signori e Signore ecco a voi Regina Esposito” poi sorride e riprende a guardarsi intorno, attendendo che Alberto le dica qualcosa.

Alberto ritorna e affannato le dice che ci sono dei problemi con la presentatrice, qualche ora prima durante le prove ha discusso sia con il regista che con il presentatore a causa dei suoi continui ritardi e per il fatto che non aveva studiato la scaletta, ed ora era andata via, facendo comunicare dal suo agente che non era intenzionata a tornare, annullando il contratto.

“O porca vacca, e lo può fare?”

“Certo, pagherà una penale ma evedentemente non è un problema”. risponde Alberto preoccupato.

“Il pane a chi nun ten e rient”.

“Scusa??” Alberto non ha capito quella espressione in dialetto napoletano.

Dicevo il pane a chi no ha i denti, ma come si fa a rinunciare ad un’occasione del genere, io farei carte false per scendere da quella scalinata correndo il rischio di ammazzarmi, ma lo farei, e queste tipe rinunciano..ma pensa un po’..”

“Quindi tu lo faresti?”.

” E certo” risponde Regina senza esitazione.

“Ok vieni con me”.

Alberto trascina Regina nella sala trucco: “Per favore trucco e parrucco  per Regina, dove sta la costumista, la voglio qui ora”.

Si mette in moto una macchina strana, Regina non riesce a capire cosa sta succedendo, arriva la costumista, le prova delle scarpe, la truccatrice le dice di tenere su la testa… in men che non si dica è truccata, pettinata e vestita con un abito di Armani che le sta un po’ stretto sui fianchi ma non importa..

Un attimo solo per guardarsi allo specchio, sembra una principessa…

“Sei pronta a portare la nonna al Festival?” il tono di Alberto è strano e termina la domanda con l’occhiolino.

“Certo lo sai sono qui per questo, grazie mille”. Regina inizia a pensare che il suo abito non era adatto all’evento, e che magari essendo ospite di uno degli autori avrebbe dovuto indossare qualcosa di più “importante”, ma è felice per la prima volta indossa Armani.

“Regina, ho bisogno di te, il Festival non lo guarderai in poltrona”, il tono di Alberto è serio e sostenuto.

“Alberto che cosa intendi dire?”

“Affiancherai il presentatore in questa prima puntata, non devi preoccuparti avrai il gobbo e potrai leggere, e comunque il presentatore farà tutto per darti una mano, e poi è tutta la vita che ti prepari a questo evento.”

“Ahhhhhhhhh tu nun stai buon ca cap…va ben il sogno, realizziamo, vediamo il festival, a nonn… stai nu poc esaggerannn”, tuuta la napoletanità di regina vien fuori in quel momento, per una richiesta che ritiene assurda.

Un silenzio terribile trai due. Regina capisce che la richiesta di presentare il festival di Sanremo è reale, un grosso respiro anticipa la domanda:

“Alberto che cosa dovrei fare?”

“Entrare, salutare, leggere il gobbo che sarebbe quel tabellone in alto che ti suggerisce cosa dire, salutare, uscire e respirare”

Il panico la fa da padrone Regina non sa più a cosa pensare, intanto il tipo con le cuffie chiama il tempo “10 minuti alla diretta”.

Regina si siede sull’ultimo gradino di quella famosa scalinata, intanto un tizio le mette un microfono, lei tiene stretto tra le mani il suo ciondolo.

Una donna le chiede come si chiama quanti anni ha, e da dove viene, segna tutto su una cartellina.

” 5 minuti alla diretta”.

Alberto prende la mano di regina e le dice: ” Ti prego puoi farcela, tua nonna sarà fiera di te”.

” Eh tu cu stu fatt e mia nonn, me fatt fess” (con questa storia di mia nonna mi hai fregato) scherza.

“Bene rieci ancora a scherzare è buon segno”, Alberto le sorride.

“In onda” grida il tizio con le cuffie.

Il panico.

“Alberto scusa ma chi è che presenta, non mi hai detto nulla”.

Una voce dal palco “Per me è un onore presentarvi una napoletana doc, per la prima volta calca questo palco Signori e Signore Regina Esposito”

Una musica dolce parte…..

“Regina tocca a te, forza”, sollecita Alberto.

Regina inizia a salire i gradini uno per volta reggendo con la mano destra il meraviglioso vestito, è in apnea, le manca il respiro, ma sa che ormai non puo’ tirarsi più indietro.

Mentre sale quegli scalini, nel suo cuore una miriade di emozioni, e tutte le immagini di ragazzina, con la scopa e il mantello, sognava quel festival.

Non se ne rende conto…. Regina è in scena sulla piattaforma prima delle scale che la conducono al palco….

Le luci sono abbaglianti, riesce a vedere a mala pena l’orchestra. Un grosso respiro ed inizia a salutare, a guardare a destra e a sinistra come aveva visto fare in passato…

Fin a quel momento non è riuscita a vedere il pubblico, che si apre davanti a lei come il mare dietro una collina….applausi, sorrisi sui volti della prima fila.

Ad attenderla all’ultimo gradino c’ è lui Pippo Baudo, l’unico che avrebbe voluto accanto a lei in quel momento, che le porge la mano, Regina si affida a lui e respira.

Nell’ altra mano il ciondolo con la regina di cuori disegnata sul retro.

Uno sguardo oltre e applausi.

The End

Don’t forget to Smile

Raf

 

Regina di cuori – Il Poker

Un giorno come tanti nel negozio di libri, Regina sistema gli scaffali e nella sua pausa sceglie qualche libro interessante da leggere. Il libro prescelto oggi è : “Il Gabbiano Jonathan Livingston” di Richard Bach, la storia di un gabbiano che adora volare….

Mentre china sul libro, ne divora le pagine, fuoriesce dal collo del maglioncino, facendo capolino, la collana con l’orologio. La collana penzola nel vuoto, il ciondolo inizia a girare nell’aria creando cerchi non perfetti. Regina distoglie lo sguardo dal libro e lo dirige verso l’orologio e la figura incisa. Come presa da una forte curiosità, prende tra le mani l’orologio, si comporta come se non lo avesse mai visto prima… osserva la regina di cuori incisa…ne sente il disegno passando sopra ad ogni linea, il pollice destro. Chiude il libro, di scatto e approfitta del tempo che le rimane della sua pausa per fare delle ricerche.

 Vuole sapere tutto sulla regina di cuori, inizia una ricerca.

“La regina di cuori è una carta da gioco..poker”

“Il primo documento scritto sul poker risale al 1829 a opera dell’avventuriero inglese George Cowell” .

Intanto Regina riprende a lavorare, appena il negozio si svuota riprende le sue ricerche tra gli scaffali

Questo popolare gioco di carte, tuttavia, ha quasi due secoli di vita. Come molti altri giochi di carte non si sa esattamente chi l’abbia inventato, ma di certo nella sua versione moderna è apparso verso l’inizio del XIX secolo nel mitico West americano, in particolare sui battelli a vapore che risalivano lentamente il Mississippi, e che erano dei veri casinò galleggianti.”

” Regina dai chiudiamo”.

 E’ sera, il negozio chiude, Regina chiede ad Ornella, il suo capo, se puo’ prendere in prestito un paio di libri, che avrebbe riportato l’indomani..

“Certo, fa ambress però che mia figlia mi aspetta”.

Un paio di libri diventano 5.. le luci del negozio si spengono.

Si accende una lampada nella stanza di Regina, dopo una cena fugace in famiglia, riprende la lettura dei libri che ha preso in prestito,

Legge, prende appunti su un foglio, segna date, disegna, e poi urlando:” Mamma abbiamo il mazzo di carte, quelle che usiamo per il mercante in fiera a Natale, che hai comprato dai cinesi?

La madre risponde dalla cucina :” Eh stann int o cassett, che fa?”

appare Regina in cucina, : “Niente devo fare le prove cosi’ a Natale vinco”.

Regina prende le carte dal cassetto, e si rifugia di nuovo in camera sua. Schiera le carte una per una sul letto, ripetendone i nomi e il valore.

Passano i giorni e Regina si trattiene molto di più in negozio. Quando Ornella, il suo capo è fuori per la pausa pranzo o per andare a prendere qualche ordine, Regina usa il computer per continuare le sue ricerche e apprendere quanto più possibile del gioco del poker.

Dopo tutte le letture, e le ricerche ormai è preparata: vuole fare pratica. Con l’era digitale oramai il gioco del poker è ovunque in rete, ma lei vuole persone reali dalle quali apprendere… Napoli le viene in aiuto.

To be Continued

Don’t forget to smile

Raf

 

 

 

Funambole – Storie alla rierca di equilibrio 4

” Tutto scorre” dice un saggio. Così anche per Ale. 

Altre esperienze, altri viaggi, altri uomini sono transitati nella sua vita, ha fatto tesoro di ogni piccola emozione, di ogni piccola sensazione. Ha preso tutto quello che le serviva per diventare una donna ancora più forte. Ha ritrovato il suo equilibrio. Io sono sempre stata con lei. Ho appreso che una donna è capace di stravolgere la sua vita, gestirla, ricostruirla e ricominciare tutto da capo… Ale è così, noi siamo cosí, noi donne abbiamo questa dote fortunatamente.

Fino a quando non arriva un piccolo elemento di disturbo che ti rimette di nuovo in gioco. Il messaggio.!

“Io e Gioia ci siamo lasciati, sentivo il bisogno di dirlo a qualcuno, scusami. ho scelto un’amica che c’era molto prima di lei… e che mi manca.”

La cena di lavoro di Ale dura più del previsto. Poi il mio Samsung si illumina, è Ale : “Questi tizi chiacchierano, chiacchierano, e non mi mollano, per mangiare una fetta di crostata hanno impiegato 20 minuti, ma tu sei sveglia? dormi? che fai, non mollarmi, appena mi stacco ti chiamo o magari passo da te”.

Quel messaggio è l’espressione dell’agitazione, la tranquillizzo :”Sono in Siberia a raccogliere ghiaccio, rientro tra qualche mese… dai certo che sono sveglia sto lavorando passa quando vuoi”.

La sua risposta un emoticon con il dito medio, eh si mi vuole bene.

Christian riappare dopo anni di assenza solo perché la sua storia è finita….che strano.. penso al messaggio.., intanto continuo a lavorare al mio racconto.

” Apri”.

Un messaggio di Ale, è all’ingresso.

Le apro, mi abbraccia forte: “Ora che faccio”.

Il suo sguardo preoccupato, vedo la fragilità e la dolcezza allo stesso tempo. La Manager lascia il posto alla donna.

Le voglio un bene infinito e vederla così indifesa, è strano.

“Allora valutiamo il messaggio, cerchiamo di capire perché ti ha scritto e cosa vuole. Tu hai voglia di rispondere? Perché se non rispondi tutto rimane come è sempre stato, lui non esiste, se rispondi è normale che inneschi un nuovo meccanismo, scusa ma non lo avevi bloccato, come ti ha scritto?”

” Sms”.

” Perfetto, li era libero. Ok cosa vuoi fare, il tuo istinto cosa ti dice”.

Il suo sguardo basso, e pensieroso…prende il cellulare ed inizia a scrivere.

“Mi dispiace che tu e Gioia vi siate lasciati e mi dispiace che tu sia ricomparso solo in questa occasione e che tu senta la mia mancanza. Io c’ero anche durante lei, ma non hai saputo gestire l’amicizia alla quale dicevi di tenere moltissimo. Ho preferito allontanarmi perché in fondo ti  capivo bene,  non ti ho giudicato. Ma nonostante  tutto io ci sono!.

Ecco il ” ma nonostante tutto io ci sono , non mi convince molto, ma se sente di scrivere questa cosa non sarò ad impedirlo.

” lo invio?”

” Se vuoi”.

In un attimo, senza neanche accorgersene ha inviato il messaggio. Occhi fissi sul telefono. La osservo con attenzione, la donna è diventata una ragazzina, alle prime armi con ” L’amichetto del cuore”, cerco di capire il motivo, ma qualcosa mi sfugge. Forse quel messaggio è arrivato in un momento particolare…. penso, guardo i suoi occhi, percepisco la frenesia nelle sue mani…

” Eccolo!”

 La risposta non tarda ad arrivare, certo Christian ha sparato il primo proiettile ora deve continuare a lanciare bombe.

Ale legge con attenzione il messaggio, il suo sguardo cambia ed è accompagnato da un sorriso dolce.

” Allora?” Le chiedo.

Tieni”.

Leggo.

“In realtà è passato un po’ ..già… ho impiegato un po’ di tempo a scriverti, proprio perché non volevo scriverti per opportunità… fa niente che non troverò la stessa persona, mi basterà rivederti e tornare a sorriderti… volevo chiederti scusa, tu non lo sai, ma qualcosa di te me lo sono sempre portato dentro. Sempre.

Sono sincera, non sono felice di questo messaggio, a Roma si dice è da ” Paraculo”, bello, tocca i punti giusti… qualsiasi donna vuole sentirsi dire certe cose….ma perché lo fai adesso, cosa vuoi veramente… Christian…

Pensieri che non sono mai usciti dalla mia bocca. Ale deve fare ciò che sente, e che desidera… io le guarderò le spalle.

” Come stai?”.

” Non lo so non capisco esattamente cosa succede, tutto così strano”.

Lo scambio di messaggi continua fino a tarda notte, riprendono un po’ da dove si sono lasciati. Hanno tanto da raccontarsi.

Osservo Ale e vedo una nuova luce nei suoi occhi, sono felice di vederla di nuovo in ” Vita”, ma questa cosa mi spaventa allo stesso tempo. 

Tra un messaggio e l’altro decidono di incontrarsi per bere una birra. Christian è fuori per lavoro rientrerà  in un settimana a Roma.

Ale mi guarda, con un sorriso angelico, luminoso, forse pieno di lacrime….

“Sono felice….sto facendo una cazzata!”

L’iphone di Ale si illumina ancora per una volta quella notte.

” Tu non lo sai ma c’eri prima di tutto… ed eri già dentro di me”.

Silenzio.

To be continued….

Don’t forget to smile

Raf

 

 

 

 

 

NELLA TASCA DEI MIEI JEANS

Forme. Nate da una nuvola di fumo bianco.

Sono tratti irregolari ma chiarissimi. È una sera di Roma che diventerà notte e la mia sigaretta non vuole saperne di spegnersi. Faccio un tiro mentre Trastevere si fa bella con i suoi mille colori.

Nic è lì, lui c’è sempre. Parliamo di viaggi, vacanze, pensieri sparsi che soltanto gli amici di una vita possono intrecciare. Sono seduto sul mio motorino parcheggiato a due passi da piazza Trilussa, al “Freni e Frizioni” il mojito è un “must”, la mano destra lo porta verso la mia bocca, mentre la sinistra tiene, fedele, la sua marlboro light morbida.

Dietro quelle forme irregolari e bianche c’è lei, con la sua camicetta azzurra. Sorride e si appoggia a Nic come se fosse anche lei dei nostri, tre di due. Sorride. È divertita, curiosa, serena, non finge. Ho sempre pensato che l’unico modo per starle vicino fosse starle a distanza, so quanto possono essere importanti i centimetri.

La chiacchiera scorre veloce assieme alle sigarette, quelle mie e di Nic, lei non fuma. C’è un attimo nella vita di ognuno di noi in cui capisci che qualcosa o qualcuno non è semplicemente lì. Non ricordo nemmeno di cosa stessimo parlando in quel momento, la sue mani appoggiate sulla spalla del mio amico si dividono.

Una, la destra, azzera tutti quei centimetri, scivola lenta dietro la mia schiena senza toccarmi, cerca spazio nella tasca posteriore del mio jeans ed entra con tutto il suo calore. La sua mano nel mio jeans, per qualche minuto, o per sempre. Sorrido, lei non batte ciglio, lo fa come se fosse il gesto più naturale del mondo, conquista territori.

Per un attimo mi fermo a pensare a quegli inutili centimetri e accendo un’altra sigaretta. Fumo, forme, stavolta tutte familiari. Sorrido ancora.

Nic,  superata la mezzanotte, ha l’occhio destro semichiuso e sbadiglia come nessuno, quanto mi fa ridere quell’omone grosso.  Salutiamo. Via, verso via Monte Fumaiolo 44, il mio rifugio. Lei mi segue sul suo motorino, si mette in scia come sa fare lei. Parcheggiamo, in una sera di fine luglio, che ormai  sta diventando notte e saliamo al secondo piano. Entro e nemmeno mi giro a guardarla, ho bisogno di stare scalzo. Tolgo le mie “stadsmith” e vado e rinfrescarmi i piedi, ho bisogno del mio pavimento freddo. Lei è incuriosita dalla mia stanza, vede i miei quadri di Klimt, credo sia un po’ imbarazzata, lo capisco.

“Bevi un limoncello?”.

sorridendo corro a prendere la bottiglia ghiacciata. Parliamo. Beviamo. E appena posso, appena lei si distrae, provo a rubare il suo sguardo. Siamo seduti vicini ma a distanza. Sigaretta. E’ una notte diversa, è una notte di fine luglio. Usciamo, rientriamo, ascoltiamo musica, restiamo distanti, impossibile non farlo. Parliamo e mi immagino lei che sorride mentre si toglie il suo foulard. La tasca del mio jeans fa invidia alla mia polo a strisce blu e rosse, rigorosamente verticali, “sticazzi” che le righe “allargano”. Non ce la faccio.

“Ho bisogno di un tuo abbraccio, adesso”.

Sono le quattro del mattino, ma come fai ad abbracciare in una notte d’estate quel viso così bello? Semplice,  si fa. Lei lo fa. E restiamo così per qualche minuto. Fa caldo. Il tempo si ferma lì, è un attimo scolpito nella mia mente. Non ho più voglia di fumare. Sono le sei del mattino…

“Devo andare”, la notte è finita. Si fida di me…

L’accompagno alla porta e torno dritto verso la stanza di una notte diversa, accendo un’altra sigaretta .

Diversa, unica, irripetibile. Anche lei. Sono felice. Passano venti minuti, il mio telefono si illumina: “Sono a casa”. Lei non lo sa ancora, i fatti spesso dicono il contrario, ma da quella notte non è più andata via. Da casa mia.

Raf

Don’t forget to smile