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The wish bracelet – Seconda parte

Lo sentivo, era ancora sul mio viso, il tepore del sorriso del sole, ed intanto, per i miei occhi scorreva una pellicola di un film già visto, un pezzo di una mia vita passata.. quel film andava goduto fino alla fine….mi lasciai coccolare da quel sorriso…e da quel tepore e intanto le immagini andavano….spedite.

Una circolare scolastica stabilì che da quel giorno in poi gli alunni di tutte le classi, avrebbero dovuto attendere nell’atrio la campanella della prima ora, affinché non si entrasse in classe prima delle maestre e rimanere quindi senza sorveglianza a bighellonare fra i banchi. Dalle 8.00 alle 8.30 tutte le mattine eravamo tutti nell’atrio, sapevo che avrei potuto sfruttare quella occasione….certo, attesi il giusto momento, ed il coraggio che si impossessasse di me…

Quel momento arrivo’.

Una mattina, l’orologio sulla parete della postazione del bidello Ciro, segnava le ore 8.23. Quelle lancette giganti erano ipnotizzanti.Qualcuno dal fondo gridò: “Forza bimbi in fila per due”. 

Una massa di ragazzini , come ogni mattina iniziò a muoversi come da indicazioni. Quella mattina qualcosa mi suggerì che era il momento giusto. Anto ed io ci muovemmo per metterci in fila e con la coda dell’occhio vidi un’ombra che da dietro, con uno scatto raggiunse la nostra postazione.

Uh porca vacca, pensai.

In men che non si dica Lui era dietro di noi: “Ciao”, mi disse “Ciao” risposi e continuai presa da un folle attimo di coraggio: “Ma tu ne hai di questi? “ e gli mostrai il polso con i braccialetti che avevo fatto e lui con sguardo curioso ed interessato mi disse:

“No perché?”

era la mia occasione, frugai nelle tasche del grembiule dove da giorni erano custoditi i braccialetti che avevo assemblato con il supporto della nonna e ne presi un paio, gli diedi la possibilità di scegliere il colore preferito e poi dissi : “Aspetta te lo lego io, devi esprimere 3 desideri che si realizzeranno quando il braccialetto si romperà o se te lo farai strappare dalla persona che ti piace”. L’ho detto , pensai, l’ho detto… e tutto in un fiato, ero fiera di me ed intanto ero intenta a fare il nodo a quel braccialetto di cotone che avrebbe dovuto realizzare anche i miei di desideri. Suonò la campanella, lui mi sorrise ed in fila per due percorremmo le due rampe di scale più lunghe di sempre. Lui era sempre dietro di me, ridevamo ci punzecchiavamo, Anto ed io …i nostri sguardi erano chiacchieroni…

Tutti in classe, Anto ed io non smettevamo di distrarci fino a quando, finalmente, la campanella dell’intervallo suonò. La solita passerella per andare al bagno, ed eccolo con il suo sorriso meraviglioso che mi fa un cenno alzando il polso per mostrare il braccialetto…come per dire…” Eccolo sta qui”..woow il mio cuore pompava che pensavo si sentisse anche fuori di me, che sciocca.

Dopo quel giorno iniziarono ad accadere delle cose strane…non proprio strane, insomma piacevoli ma strane.

Iniziarono ad arrivarmi in classe dei bigliettini. Il primo mi fu consegnato da Antonella che le era stato dato da una bambina della seconda A, alla quale era stato dato da un bambino della seconda B, ma non ne riuscimmo a capire l’origine.

“Sei bellissima”.

 Arrossì nel leggerlo. Iniziò la caccia all’uomo. Inutile dire che speravo tanto fosse Lui. Quando chiedevo in giro per tentare di capire chi fosse l’autore di quei bigliettini, mi accorsi che c’era un’omertà da fare invidia ai protagonisti dei film del Padrino parte uno due e tre. Ma questo non mi scoraggiò. Intanto approfondivo la mia amicizia con Lui che mi sorrideva tutte le mattine e correva per salire le scale dietro di me, ma non riuscì a capire se fosse l’autore di quei bigliettini. 

Trascorsero un paio di settimane, Lui ed io eravamo ormai amici. Ci aspettavamo la mattina per entrare insieme, ci vedevamo durante l’intervallo, ci aspettavamo all’uscita dove ci intrattenevamo qualche minuto prima di tornare a casa. Mi piaceva, mi piaceva proprio.

Una sera prima di addormentarmi, una fuga di pensieri incasinava il mio cervello. Cosa avrei potuto fare per farglielo capire, quale stratagemma avrei potuto organizzare, cosa avrei potuto dirgli,  Forse posso scrivergli un bigliettino e metterglielo nella tasca del grembiule, forse posso prendergli il diario e scrivere qualcosa di carino…. 

Mi arrovellai in una notte di pensieri assurdi, e strategie inutili, e poi c’erano i bigliettini.

“Mi fai vedere il tuo braccialetto” gli chiesi mentre si parlava di qualche cavolata e lui sollevo’ il polso:

“Un po’ sfilacciato, te lo strappo?” lui mi sorrise, sapeva bene che se avesse acconsentito avrebbe confermato che gli piacevo, in qualche modo si sarebbe “compromesso”, mi disse: “Vai”.

Gli sorrisi e senza esitare con uno strappo deciso staccai il bracciale dal polso e dissi: “Ora i tuoi desideri si realizzeranno”, feci per restituirgli il bracciale e lui mi chiese di custodirlo che un giorno me l’avrebbe chiesto.

Ero felice, quel braccialetto, in quel momento per me, era il dono più prezioso che avessi mai potuto ricevere, insieme ad un altro bigliettino tutto colorato con i pastelli a cera con su scritto:

“Ti voglio bene”

 

To be continued

Raf

Don’t forget to Smile

 

 

 

 

The wish bracelet – Ultima parte

“Ti voglio bene”.

Le tre parole piu’ dolci di sempre, ma chi era l’autore. Ero anche in imbarazzo perché Lui non sapeva di questi bigliettini furtivi che mi arrivavano di tanto intanto, e mi sentivo come se in qualche modo lo stessi tradendo, anche se non era così. In fondo noi eravamo solo amici.

Quel giorno le maestre ci congedarono augurandoci Buona Pasqua, ed io Lui e Anto ci trattenemmo un po’ di più all’uscita di scuola. La giornata era meravigliosa, il tepore primaverile ci permise di stare senza giacche. Dopo qualche chiacchiera veloce, Anto ci salutò lasciandoci soli.

 

Un pallone raggiunse la mia schiena, dandomi uno scossone, mi voltai restituì il pallone, mi appoggiai nuovamente sul lato sinistro, poggiando la mano sotto la guancia a mo’ di cuscino…ed il mio film riprese….

 

Non era mai capitato che fossimo rimasti proprio soli soli, o c’era Antonella, o altri bambini intorno a fare confusione. Ma quella volta eravamo proprio soli soli, forse erano passate le 13.3o. Eravamo noi due ed il sole e di salutarci proprio non ne avevamo voglia. Stavamo lì sul muretto dell’ingresso della scuola a chiacchierare e a fermare il tempo, fino a quando Lui mise una mano in tasca e di getto mi diede una busta contenente una lettera ed un oggetto. Arrosiì e chiesi cosa fosse, ma non mi rispose, mi diede un bacio sulla guancia e mi disse:

“Apri”.

Porca miseria era emozionatissima. Una lettera…riconoscevo quella scrittura…lo sapevo me lo sentivo che lo sconosciuto dei bigliettini era proprio lui….Insieme alla lettera c’era un oggetto. Era una spilla con la forma di un cuore con le ali dei colori dell’arcobaleno. Gli sorrisi e lessi la lettera:

“Mi piaci tanto, ti voglio bene, scusa se mi sono sempre nascosto, questo cuore con le ali è quello che sento  per te”

Lessi non una volta quelle parole scritte con la penna blu, fuori dalle righe del foglio strappato di un quadernone.

Allora lo feci, indossai quella spilla sul grembiule dalla parte del cuore e conservai la lettera mettendola nel diario. Gli chiesi di strappare il braccialetto che avevo sul polso, che di rompersi non ne aveva intenzione, ma con uno strappo netto venne via. “Tienilo tu” gli dissi. Lui sorrise e con lo sguardo basso, e intimidito mi disse:

“Ma quindi ora stiamo insieme? senza pensarci risposi : “Che ne so, bho tu che dici?” e presi totalmente dall’imbarazzo iniziammo a ridere, felici.

“Bimbi che fate ancora qui, forza andate a casa che si è fatto tardi”, la voce del bidello Ciro interruppe il nostro idillio.

Allora Luigi mi disse: “Dai ti accompagno fino alle strisce pedonali”  e mi prese la mano. Ero felice, il braccialetto aveva funzionato, e lungo il tragitto Lui mi disse: “Grazie per il braccialetto, devi farmene un altro ho altri desideri da esprimere”. 

“Quindi qualcuno lo hai realizzato? Chiesi incuriosita.

“Si uno lo tengo per mano” ero la bambina più felice del mondo…attraversai la strada ci salutammo, e lungo il marciapiede mi voltai per guardarlo e mi accorsi che Lui mi guardava…sollevai la mano per salutarlo ancora e gli urlai:

“Ci vediamo domani ai giardini della chiesa” e lui urlando allo stesso modo mi rispose di si.

Ero felicemente, incondizionatamente persa per quel bambino dal sorriso meraviglioso….

Il sole aveva cambiato colore, il suoi raggi avevano iniziato a raffreddarsi, l’aria diventava frizzantina. Aperti gli occhi, sollevai la schiena, restando seduta, ripensai a quel periodo e a cosa stesse facendo Luigi in quel momento…e come si fosse evoluta la sua vita…pensai a quel sorriso….

Lasciato il parco con una breve passeggiata mi diressi a casa di Simona per una cena con gli amici del gruppo “No +1″…Dopo sorrisi e svariate chiacchiere ed i commenti sul fantastico cibo preparato da Simo, successe qualcosa che mi lasciò senza parole.

Alessandra con il suo sorriso contagioso mi disse:

“Raffa finalmente ho ripreso a leggerti e questo è per te”,

mi legò al polso il braccialetto dell’amicizia, non era quello di cotone, ma fatto con le perline… anche lei sapeva del braccialetto, anche lei come me probabilmente aveva una storia da raccontare grazie a quell’oggetto, chissà da chi lo aveva ricevuto, o se lo aveva comprato, o se l’aveva trovato in qualche scatola  dei ricordi…. sarebbe stato interessante scoprirlo,

 

ad ogni modo quel gesto mi riempì il cuore di gioia e mi catapultò nuovamente in quella vita passata e a quel sorriso del mio Lui, che mi aveva messo le ali al cuore.

 

Don’t forget to smile 

Raf

 

Regina – Revolutions

Regina rientra a Napoli, con una valigia ricca di esperienza e di sogni ed un portafoglio un po’ piu’ gonfio. I giorni passano.  

Regina riprende a lavorare in libreria ma è concentrata su una sola cosa… Il festival della canzone italiana tenuto a Sanremo. Non vede l’ora.

Il suo giorno libero decide di andare a fare shopping, doveva andare al festival non poteva presentarsi con uno straccetto qualunque ne occorreva qualcuno nuovo.

Nonostante avesse una disponibilità economica piu’ importante Regina non è abituata a spendere molti soldi per il suo abbigliamento, quindi accompagnata da sua madre e dalla sorellina, entrano ed escono dai negozietti dove puoi acquistare vestiti carini senza dover fare un mutuo.

Regina acquista 5 abiti spesa totale 138 euro. Felicissima rientrata a casa inizia a preparare gli abbinamenti con le scarpe anche queste acquistate in un negozio chiamato “Schizzetto”,( negozio in cui si trovano scarpe di tutti i tipi, per tutte le tasche, a volte scarpe bizzarre).

Ogni gesto è curato nel riporre nella valigia le sue cose. 

La notte è lunghissima, poi finalmente si parte. Ed ecco Regina nuovamente a Sanremo per la seconda volta in un mese.

L’Hotel Europa l’accoglie sempre in modo affettuoso e le ha riservato la stessa camera dell’ultima volta, quella con la vista sul mare.

Alberto si è già fatto sentire per organizzare le cose al meglio.

Regina trascorre l’intero pomeriggio a prepararsi all’evento. Cura tutti i particolari estetici, partendo dai capelli fino ai piedi. Indossa i vari vestiti facendo le prove per sedersi, per presentarsi a colui o colei  che le sarebbe stato seduto accanto durante lo show.

Un trillo di telefono l’avvisa che all’ingresso c’è una macchina ad attenderla.

“Wow una macchina per me”, non riesce a crederci.

Prende la sua borsetta, il suo scialle di pizzo nero e si precipita in ascensore.

Ad attenderla Alberto in smoking.

“Regina stai benissimo” si complimenta Alberto, la sua espressione è più chiara delle parole appena pronunciata.

“Anche tu, grazie per essere passato a prendermi, non me lo avevi detto”.

“Sorpresa!” risponde.

Entrambi sorridono.

Regina rimane estasiata alla vista dell’auto nel quale sarebbe salita. Una limousine degna di un film Holliwoodiano. Non crede di riuscire a gestire tutte quelle emozioni tutte insieme, tiene stretto il ciondolo, come alla ricerca di sostegno e respira.

All’interno della grande auto ci sono altre persone che Alberto presenta come colleghi e rispettive consorti. Regina con fare elegante (o almeno ci prova) tende la mano per la presentazione e sorride dicendo: “Molto lieta” (proprio come aveva provato qualche ora prima nella sua camera in Hotel)

Cerca di mantenere la calma, di respirare a fondo e di guardare fuori dal finestrino. Quello che vede la terrorizza piacevolmente.

Una folla immensa accalcata davanti alle transenne che delimitano il tappeto rosso che arriva all’ingresso del Teatro Ariston.

L’auto si ferma ed il conducente apre la portiera dell’auto. Regina è l’ultima ad uscire per la posizione in cui è seduta, e questo le permette di osservare il comportamento delle persone che la precedono, in modo da poterlo imitare.

Il cuore in gola, fa fatica a muoversi. Alberto le porge la mano per aiutarla a scendere. Il vestino nero lungo di pizzo si impiglia nei tacchi, lo scialle le scivola dalle spalle… un grosso respiro e finalmente Regina prende possesso del tappeto rosso accompagnata da Alberto.

Le luci sono abbaglianti, l’ingresso del Teatro Ariston le sembra l’ingresso del suo paradiso.

“Vuoi vedere come funziona questa enorme macchina?” le chiede Alberto.

“Scusa?” 

“Ti va di venire dietro le quinte, a sbirciare, poi ti accompagno al tuo posto”.

“Ma dai sul serio, certo che voglio venire, quando mi ricapita.” Regina non aspettava altro che curiosare.

Il dietro le quinte è un viavai di gente, che corre a destra e a manca. Tecnici con le cuffie che indicano l’orario di inzio del telegiornale, prova microfoni, sarte che vanno in giro con abiti e pezzi di stoffa sulle spalle, cavi elettrici sparsi ovunque. Una sala grande è attrezzata con del cibo e delle bevande, Aberto invita Regina a prendere qualcosa ma non le va, quelle emozioni la saziano.

“Alberto ma dimmi una cosa i presentatori da dove escono” chiede Regina.

” Vieni ti faccio vedere”, e Alberto conduce Regina ad una scalinata.

“Wow” esclama Regina, “Eccola la famosa scalinata che spaventa tutte le presentatrici e le modelle, hanno proprio ragione”.

Intanto qualcuno chiama Alberto urgentemente, Regina intuisce che sta succedendo qualcosa perché sente parlare ad alta voce, probabilmente tutto normale visto che c’è una diretta televisiva da fare.

Regina ripensa a quante volte con la nonna ha fantasticato su quel festival ed ora è li, proprio li.

Regina prende il ciondolo, lo avvicina alla bocca e sussurando dice: “Nonna hai visto dove ti ho portato, le promesse sono promesse, finalmente siamo qua al festival di Sanremo…. Signori e Signore ecco a voi Regina Esposito” poi sorride e riprende a guardarsi intorno, attendendo che Alberto le dica qualcosa.

Alberto ritorna e affannato le dice che ci sono dei problemi con la presentatrice, qualche ora prima durante le prove ha discusso sia con il regista che con il presentatore a causa dei suoi continui ritardi e per il fatto che non aveva studiato la scaletta, ed ora era andata via, facendo comunicare dal suo agente che non era intenzionata a tornare, annullando il contratto.

“O porca vacca, e lo può fare?”

“Certo, pagherà una penale ma evedentemente non è un problema”. risponde Alberto preoccupato.

“Il pane a chi nun ten e rient”.

“Scusa??” Alberto non ha capito quella espressione in dialetto napoletano.

Dicevo il pane a chi no ha i denti, ma come si fa a rinunciare ad un’occasione del genere, io farei carte false per scendere da quella scalinata correndo il rischio di ammazzarmi, ma lo farei, e queste tipe rinunciano..ma pensa un po’..”

“Quindi tu lo faresti?”.

” E certo” risponde Regina senza esitazione.

“Ok vieni con me”.

Alberto trascina Regina nella sala trucco: “Per favore trucco e parrucco  per Regina, dove sta la costumista, la voglio qui ora”.

Si mette in moto una macchina strana, Regina non riesce a capire cosa sta succedendo, arriva la costumista, le prova delle scarpe, la truccatrice le dice di tenere su la testa… in men che non si dica è truccata, pettinata e vestita con un abito di Armani che le sta un po’ stretto sui fianchi ma non importa..

Un attimo solo per guardarsi allo specchio, sembra una principessa…

“Sei pronta a portare la nonna al Festival?” il tono di Alberto è strano e termina la domanda con l’occhiolino.

“Certo lo sai sono qui per questo, grazie mille”. Regina inizia a pensare che il suo abito non era adatto all’evento, e che magari essendo ospite di uno degli autori avrebbe dovuto indossare qualcosa di più “importante”, ma è felice per la prima volta indossa Armani.

“Regina, ho bisogno di te, il Festival non lo guarderai in poltrona”, il tono di Alberto è serio e sostenuto.

“Alberto che cosa intendi dire?”

“Affiancherai il presentatore in questa prima puntata, non devi preoccuparti avrai il gobbo e potrai leggere, e comunque il presentatore farà tutto per darti una mano, e poi è tutta la vita che ti prepari a questo evento.”

“Ahhhhhhhhh tu nun stai buon ca cap…va ben il sogno, realizziamo, vediamo il festival, a nonn… stai nu poc esaggerannn”, tuuta la napoletanità di regina vien fuori in quel momento, per una richiesta che ritiene assurda.

Un silenzio terribile trai due. Regina capisce che la richiesta di presentare il festival di Sanremo è reale, un grosso respiro anticipa la domanda:

“Alberto che cosa dovrei fare?”

“Entrare, salutare, leggere il gobbo che sarebbe quel tabellone in alto che ti suggerisce cosa dire, salutare, uscire e respirare”

Il panico la fa da padrone Regina non sa più a cosa pensare, intanto il tipo con le cuffie chiama il tempo “10 minuti alla diretta”.

Regina si siede sull’ultimo gradino di quella famosa scalinata, intanto un tizio le mette un microfono, lei tiene stretto tra le mani il suo ciondolo.

Una donna le chiede come si chiama quanti anni ha, e da dove viene, segna tutto su una cartellina.

” 5 minuti alla diretta”.

Alberto prende la mano di regina e le dice: ” Ti prego puoi farcela, tua nonna sarà fiera di te”.

” Eh tu cu stu fatt e mia nonn, me fatt fess” (con questa storia di mia nonna mi hai fregato) scherza.

“Bene rieci ancora a scherzare è buon segno”, Alberto le sorride.

“In onda” grida il tizio con le cuffie.

Il panico.

“Alberto scusa ma chi è che presenta, non mi hai detto nulla”.

Una voce dal palco “Per me è un onore presentarvi una napoletana doc, per la prima volta calca questo palco Signori e Signore Regina Esposito”

Una musica dolce parte…..

“Regina tocca a te, forza”, sollecita Alberto.

Regina inizia a salire i gradini uno per volta reggendo con la mano destra il meraviglioso vestito, è in apnea, le manca il respiro, ma sa che ormai non puo’ tirarsi più indietro.

Mentre sale quegli scalini, nel suo cuore una miriade di emozioni, e tutte le immagini di ragazzina, con la scopa e il mantello, sognava quel festival.

Non se ne rende conto…. Regina è in scena sulla piattaforma prima delle scale che la conducono al palco….

Le luci sono abbaglianti, riesce a vedere a mala pena l’orchestra. Un grosso respiro ed inizia a salutare, a guardare a destra e a sinistra come aveva visto fare in passato…

Fin a quel momento non è riuscita a vedere il pubblico, che si apre davanti a lei come il mare dietro una collina….applausi, sorrisi sui volti della prima fila.

Ad attenderla all’ultimo gradino c’ è lui Pippo Baudo, l’unico che avrebbe voluto accanto a lei in quel momento, che le porge la mano, Regina si affida a lui e respira.

Nell’ altra mano il ciondolo con la regina di cuori disegnata sul retro.

Uno sguardo oltre e applausi.

The End

Don’t forget to Smile

Raf

 

Regina – On the road

Quel giorno di febbraio, Regina è avvolta nel bianco caldo piumone di una stanza dell’ Hotel Europa, una raggio di sole fa capolino, infiltrandosi attraverso le serrande, Regina apre gli occhi a fatica, guarda il soffitto, respira e sorride. Vuole ancora godersi quel momento della giornata, in cui tutto tace, il mondo sembra ancora dormire, quella città ancora non è in piena attività..tutto scorre lento…

Ripensa a tutto quello che è successo il giorno prima, ancora fa fatica a credere.. sembra come in un film con il lieto fine…felice che quel film sia il suo.

Continua a sorridere. Presa da una sprizzata di energia tira via le coperte, accende la tv su un canale musicale e inizia a ballare sul letto, scatenata come morsa da una tarantola, emettendo suoni come ” Yuppy Yhea” a squarciagola, e poi si rituffa sul letto affannata.  Si rigira nel letto, si allunga fino al comodino posto di fianco, apre il cassetto e prende l’assegno che aveva riposto li la sera prima…. Sorride e decide di riporlo nella cassetta di sicurezza.

Doccia, vestiti e via..pronta in orario per il giro turistico.

Alle 10 puntuale Alberto è all’ingresso che l’attende. Questa volta è vestito in maniera informale Jeans maglioncino azzurro e un cappottino grigio, occhiali da sole rayban. Sembra quasi carino, pensa Regina.

“Buongiorno campionessa, pronta per lanciarti alla scoperta di questa città sconosciuta”, dice Alberto con fare solenne.

Regina risponde: “Sono nata pronta!”.

Il sole accompagna i due giovani lungo le strade di questa accogliente città. Entrano in vicoletti, acquistano gadgets, mangiano dolci caratteristici, chiacchierano, ridono. Una sosta è obbligatoria su lungo mare, dove Regina sembra quasi incantata.

“Ti piace proprio il mare vero?” Chiede Alberto.

“Eh Già!”.

Camminando, camminando arrivano in una piccola piazzetta..e Regina non crede ai suoi occhi ed esclama: “Non ci posso credere finalmente ci sono!”

Alberto osserva Regina senza capire bene cosa stia succedendo. Lui aveva visto tante volte quella piazzetta e quello che vi era nei dintorni, per cui proprio non capiva.

“Regina ti piace?”

Alberto non può capire, Regina si trova davanti ad uno spettacolo che fino a quel momento aveva solo sognato con sua nonna, che aveva solo visto in tv, ed ora le riempiva gli occhi.

Regina si trova nel luogo in cui ha sognato di essere, il luogo che è stato protagonista delle sue messe in scena teatrali durante il Festival, con scopa plaid a mò di mantello, i sorrisi della nonna e la promessa: “Però quando vai a nonna voglio venire pure io”..

Regina stringe forte il suo ciondolo come se volesse chiamare sua nonna ed estasiata corre a vedere il teatro piu’ da vicino. Alberto la segue. Davanti al Teatro Ariston, Regina prova a spiegare ad Alberto quanta emozione prova a stare li, e della promessa  fatta a sua nonna, i giochi che facevano insieme durante il Festival….Alberto sorride.

Purtroppo il Teatro Ariston è chiuso al pubblico in quei giorni perché è iniziata la preparazione del nuovo Festival della canzone italiana. Regina è come una ragazzina che scarta i regali a Natale, non le importa se il teatro è chiuso, lei è li in quel momento e proprio mentre si prepara il Festival non puo’ chiedere di meglio.

Un altro sguardo, un altro respiro e si riprende a girovagare.

“Regina ma dimmi una cosa, quindi non hai mai visto il Festival dal vivo, solo in tv giusto?”

“Giusto Alberto, io e mia nonna siamo appassionate del festival, non abbiamo mai perso un’edizione, e guai a chi interrompe il rito. Ora mia nonna guarda il Festival da un’altra parte dell’universo, e vedere il Teatro Ariston, wow…nonna ne sarebbe felicissima”.

“Regina ti devo dire una cosa importante”, Alberto si fa serio, il suo tono di voce è cambiato e Regina è quasi impaurita da quella espressione.

“Senti Alberto, non mi dire che sei un pazzo maniaco schizzato, guarda che mi metto ad urlare qua in mezzo e chiamo i carabinieri”, Regina ha un tono concitato e respiro teso.

Uno sguardo di Alberto e Regina fa un passo indietro.

Una risata fragorosa rompe il silenzio.

“Me che dici ahahahah, ma no, ti voglio solo dire che posso realizzare in parte il tuo sogno e quello di tua nonna….”

Regina riprende a respirare ma è incuriosita da ciò che sta per dirle Alberto, quindi gli presta molta attenzione. 

Vedi regina oltre ad essere un giocatore di poker, ho un lavoro molto interessante, sono autore Rai”.

“Scusa non capisco cosa vuol dire?”, chiede Regina incuriosita.

Vuol dire che conosco bene questa città non solo per i tornei organizzati al casinò, ma anche perché lavoro al Festival della canzone italiana”.

Regina ancora non riesce a comprendere cosa sta succedendo, e dal suo viso traspaiono le sue perplessità.

“Oh insomma, ti posso portare a vedere il Festival, sono uno degli autori, come te lo devo dire in napoletano?”

Regina rimane interdetta, non comprende o forse si, ma no riesce a realizzare, guarda Alberto e guarda il teatro in maniera cosi’ veloce che sembra presa da un raptus di follia e respira veloce e vuole dire qualcosa ma balbetta.

“Insomma ti va di andarci o no a questo Festival?” 

“Non mi prendi in giro vero?, non è che pensi che sono napoletana ingenua e quindi hai altri scopi e premi sul mio punto debole?

“Accipicchia Regina quanti pregiudizi, non voglio nulla da te e non voglio raggirarti, solo fare un gesto carino non mi costa nulla, ma devi dirmelo, perché i posti degli invitati rai finiscono presto per cui devo farti mettere il lista il prima possibile, mancano 20 giorni”..

Il film di Regina continua e non sa rispondere in altri modi che con un semplice:“Siiiiiiiiiiiiiiiii per favore”.

Alberto sorride con soddisfazione e fa subito una telefonata. Regina è in estasi, un sogno che si realizza, stringe forte tra le sue mani il suo prezioso ciondolo:

“Nonna hai visto ti porto al Festival”.

to be continued

Raf

Don’t Forget To Smile

 

 

Regina di cuori – Reloaded

Regina era li’, ferma immobile, con il sorriso stampato sul viso era radiosa, incredula e stringeva tra le mani ancora il suo orologio da taschino. 

Intorno a lei ancora tanta gente che commentava l’accaduto. Un uomo le si avvicina, le poggia una mano sulla spalla destra per attirare la sua attenzione, era uno dei giocatori che aveva appena battuto, il giovane timorato di Dio, dal viso pulito e dice:

Complimenti Regina, giusto?, una bella partita degna di una finale…io sono Alberto de Santis, lieto di fare la tua conoscenza” e avanza la mano destra per stringerla. Regina vede il gesto, e ancora frastornata, come in automatico stringe la mano dell’uomo :”Piacere Regina, ma questo lo sai già”.

risponde lui: “Ormai qui conoscono tutti il tuo nome” lei sorride, e i segni del suo imbarazzo si fanno vivi sulle gote rosse. 

“Posso avere l’onore di offrire un caffè alla vincitrice del campionato nazionale di PlayPoker?”

Mentre la sala si svuota, e gli addetti ai lavori raccolgono le ultime fiche sul tavolo, Regina risponde: “Perché no”, anche se sa che i no sarebbero potuti essere tanti, un uomo che non conosceva, in una città che non conosceva, una ragazza che ha appena vinto una cospicua somma di denaro…ma qualcosa l’ha spinta ad accettare quel caffè e la compagnia di quell’uomo sconosciuto.

I due si dirigono verso l’uscita, ed un altro uomo blocca Regina dicendole: “Signora si ricordi di ritirare la sua vincita, nella Hall dell’albergo

Si grazie mille“, risponde Regina con fare gentile. 

Una sala piena di lampadari composti da tanti piccoli cristalli, che illuminati dal sole, che penetra attraverso le finestre, crea dei giochi di luce sulle pareti, e sui tavoli del bar. 

“Allora dove ti vuoi accomodare?” chiede Alberto, e Regina prima si guarda intorno e poi decide : “Li’ vicino alla finestra una bella posizione si vede il mare”.

I due si accomodano ed ordinano il caffè.

Regina è affascinata da quello che vede fuori da quella finestra, il mare i gabbiani, si rilassa,  respira finalmente e grazie a quel mare un po’ si sente a casa.

“Ti piace?” chiede Alberto.

“Si, sai io sono napoletana il mare è il mio elemento naturale” dice Regina arrossendo.

“Devo dire che hai anche il fuoco del Vesuvio che ti scorre nelle vene visto la partita appena vinta”.. i due sorridono e arrivano i due caffè.

Regina inizia  a rilassarsi e a chiacchierare di Napoli del suo lavoro e di come è finita ai campionati nazionali di PlayPoker.

“Quindi mi stai dicendo che per te è la prima volta, accipicchia la classica fortuna del principiante, che brava”.

“Tu invece, cosa mi racconti”, chiede Regina.

“Io ho questa passione da tanto e non è il primo campionato a cui partecipo, qualcuno l’ho vinto altri no, ma oggi è stato davvero emozionante, vedere la faccia di quell’omone quando hai scoperto la Regina di cuori, credevo che stesse per morire”.

I due ridono insieme.

Il sole non tarda a calare e quello che vede Regina, le riempie il cuore di gioia. Il sole rosso fuoco che bacia il mare. Il cielo limpido, le nuvole sono rosa come dipinte nell’aria. 

“Pazzesco”! esclama Regina sospirando. 

“Regina, tu conosci la città?, Perché pensavo, visto che tu sei da sola ed io pure potrei farti da Cicerone e mostrarti un po’ di luoghi, conosco questa città come le mie tasche ormai, se ti va ne sarei lieto”.

Dapprima Regina rimane interdetta per una proposta del genere, pensa che gli uomini in fondo sono tutti uguali non perdono mai l’occasione di fare i cascamorti, ma poi riflettendo pensa che in fondo un giro per la città sarebbe carino, e poi ha un posto in cui desidera tanto andare…

“Ok , per me va bene”, dice soddisfatta.

“Perfetto, allora dove vuoi che ci incontriamo?”

“Io sono all’Hotel Europa, praticamente a due passi da qui”.

” Bene, allora il nostro tour inizierà domani alle 10 per te va bene? dice Alberto.

” Direi che è perfetto”.

I due si salutano, Alberto paga i due caffè e si allontana. Regina resta. Incantata da quel panorama. Ora il sole è scomparso, ma ha lasciato i suoi colori sparsi quà e là nel cielo e sul mare.

Il ciondolo risbuca dalla camicia come per farsi vedere, lo stringe tra le mani e sorride, la sua mente piena di pensieri. Con gli occhi puntati ancora fuori dalla finestra si alza e si dirige verso la hall dell’albergo, chiede dove poter riscuotere la sua vincita e una donna molto carina e gentile l’accompagna nell’ufficio preposto. Li presenta il suo documento di riconoscimento, firma una documento per ricevuta e ritira un assegno…

Sapeva l’importo della vincita, ma ora avere tra le mani quell’assegno rendeva la cosa reale, e quegli zeri non riusciva nemmeno a contarli.

Ringrazia, esce dalla stanza, da buona napoletana ripiega l’assegno in piccole parti e lo ficca nel reggiseno dalla parte del cuore. Un sospiro e si dirige verso il suo hotel.

Arriva in camera e si lancia sul letto. Fin a quel momento non si è accorta di quanto potesse essere stanca. La morbidezza e il profumo di pulito dei cuscini la coccolano, e mentre ha il viso immerso tra i due guanciali : ” Cacchio il telefono”…esclama come presa dal panico. Cerca il telefono nella borsa, controlla che sia ancora carico e poi compone un numero di telefono.

“Regina sei tu e allora a mamma che hai fatto racconta non ci fa stare in pensiero, stiamo tutti quanti qua aspettando la tua telefonata, c’è pure Don Gennarino, che sta fumando come un pazzo per il nervoso, allora dicci tutt a mamma ja”.

“Ho vinto”.

“Scus a mamma n’agg capit buon, che cosa hai detto, qua la linea è disturbata, ti devi comprare un telefonino nuovo a mamma quando ti pagano gli straordinari”.

“Mamma ho vinto, sono campionessa nazionale”, ripete Regina ad alta voce e con tutto il suo entusiasmo.

 Un tonfo e poi silenzio.

Regina è curiosa di sapere cosa è successo, inizia a preoccuparsi, chiama la madre, ma nessuno risponde, cerca di concentrarsi per cercare di carpire qualcosa , ma solo frusciiii dallìaltra parte del ricevitore.

“Pronto, pronto Regina, ahahaha mamma è caduta ( ride) ha buttato il telefono a terra, ora sta piangendo non riesce a parlare” risponde la sorellina più piccola.

“Tesoro passami Don Gennarino o è infartato anche lui? dice Regina sorridendo.

“Uè piccire’ che gioia, che gioia mi stai dando, ma allora è vero, hai vinto? Eh ma io me lo sentivo, me lo sentivo, quella è la buon anima di tua nonna”.

Regina tiene stretto il suo  orologio e dice : “Don Gennari se non era per Voi io non stavo qua, grazie abbiamo vinto, dovevate vedere la faccia dei giocatori, quando mi è salita la regina di cuori, io stavo morendo non riuscivo piu’ a respirare, il cuore voleva esplodere…mamma mia…”

Don Gennarino difficilmente trattiene le lacrime e con voce rotta dall’emozione dice:

“Piccirè te lo meriti, mo basta perché devo salvare la vita ai tuoi genitori che piangono e ridono nello stesso tempo e mi sto un po’ preoccupando “ e ride. Regina saluta Don Gennarino, dice: “Grazie ancora, dite a mamma e a papà che ora mi riposo li chiamo domani con calma vabbuo'”.

Click.

To Be continued…

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Regina di cuori – Il poker parte seconda

Napoli è la città dai mille colori, dalle mille sfaccettature e ti concede tante possibilità. I quartieri sono pieni di vita, di gente che si arrangia ..chi tir a campa’… e di chi si reinventa ogni giorno.

La gente di Napoli è disponibile, è buona, ci si aiuta sempre, e Regina sa che può contare sulla sua città. Nei vicoli di Napoli spesso trovi dei simpatici vecchietti che con le loro seggiole di legno e i loro tavolini, trascorrono il tempo fumando una sigaretta, discutendo del Napoli Calcio o giocando a carte.

Regina conosce bene quei vicoli e quei vecchietti, diciamo anche che sono i suoi angeli custodi.

“Uè buongiorno Don Gennarino come andiamo? Mannaggia a voi ma quante sigarette avete fumato, il posacenere è pieno”.

Don Gennaro: “Eh Reginè, quello è il Napoli, me fa asci pazz…je m n cazz e fumm” (Reginella il Napoli mi fa arrabbiare e io fumo)

Regina:”E ma tanto voi vi incazzate e quelli guadagnano i milioni e che ci volete fare..Don Gennarino sentite io vi debbo chiedere un favore enorme”.

Don Gennaro:”Dimmi Reginè che è successo? Che è, mamma non sta bene? Eh dici ja non mi far preoccupare, non mi chiedi mai niente, stu fatt è stran.”

Regina:”Eh lo so, perché non ho mai avuto bisogno di niente, ringraziando il cielo, pero’ mo mi dovete aiutare, mi dovete insegnare a giocare a carte.”

L’espressione di Don Gennaro è tutto un programma, prima pensieroso, poi sollevato e poi : “Uh mamma mia e questo è m è fatt pija na paur! Ma come tu pazziav semp cu tua nonn o ver?”( mi hai fatto prendere uno spavento, ma tu giocavi sempre con tua nonna è vero).

Regina: “Si Don Gennarino la nonna mi ha insegnato con le carte napoletane, io voglio imparare le francesi, voglio imparare il poker”.!

Don Gennaro è sbigottito, il suoi occhi persi nel vuoto, il suo sguardo fisso su immagini che Regina non può vedere, immagini del passato. (Don Gennaro è stato un giocatore di poker accanito, nella Napoli dei quartieri lo conoscevano tutti come il più bravo in assoluto, lo chiamavano a “Cap e quadr” ( la testa di quadri simbolo delle carte francesi) ma i suoi successi diventarono azzardo e malattia, e perdita di averi. Ora un simpatico vecchietto dei vicoli.).

Gli occhi di Don Gennaro riprendono vita, quando Regina :”Don Genna’ allora, solo Voi mi potete aiutare”.

Prendendo un lungo respiro Don Gennaro: “Va bene Reginella mia, lo faccio solo per il rispetto per tua nonna e perché sei cresciuta cu me…io ti insegno…ma senza sord…vabbuo?

“Eh certo Don Gennarino, grazie assaje”, e Regina butta le braccia attorno al collo di Don Gennaro abbracciandolo con affetto, lui timidamente ricambia.

“Ne piccirè ma dimmi una cosa, ma come mai vuoi imparare il poker? E’ un gioco da maschi…?, Regina risponde sorridendo..

Mi Piace la Regina di cuori, ci vediamo domani sera quando stacco Vi porto un bella pizza Margherita.”

Regina si dirige verso casa, e Don Gennaro la segue con uno sguardo..

” Sta waglincell che ci tiene….una forza della  natura”,  spegne l’ultima sigaretta della giornata, ritira la sua sedia di legno, rientra in casa chiudendo il portone alle sua spalle.

To Be Contniued

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Regina di cuori – Chi é Regina? – Seconda parte

In attesa che la trasmissione televisiva inizi, Regina e sua nonna si intrattengono giocando a carte. La nonna è veramente brava, Regina riesce a batterla solo se la nonna glielo permette. “Scopa, rubamazzetto, asso piglia tutto e briscola” i giochi preferiti.

“Signori e Signori benvenuti, diamo inizio alla nuova edizione del Festival di Sanremo”.

Regina e sua nonna sono in prima fila davanti alla tv, in attesa della presentazione delle nuove canzoni, che avrebbero invaso le radio nei giorni successivi. Regina è addetta alla registrazione furtiva. Il mangianastri con cassetta vergine inserita e “Rec”. Non potevano comprare le cassette originali, e quindi da buone napoletane tentano di arrangiarsi.

La nonna adora Pippo Baudo, Regina è  affascinata dai vestiti e dalle vallette di turno che affiancano il presentatore.

“Nonna, guarda che bei vestiti, un giorno anche io andrò a Sanremo, scenderò quelle scale, Pippo mi attenderà alla fine porgendomi la mano per aiutarmi, ed io indosserò splendidi abiti di Valentino e di Armani, sarò bellissima.. ( imitando i personaggi in Tv, con una scopa come microfono e il plaid messo sulle spalle)..Presentano il brano “Felicità” Albano e Romina”…applausi applausi…poi guarda la nonna ed entrambe ridono..

Nonna:“Piccire non si sa mai tutto può succedere, ma voglio venire anche io”.

“E certo nonna, treno prima classe e albergo con camera gigante”.

Gli anni sono passati, i cantanti, i presentatori, ma Regina e la nonna sempre in prima fila aspettano Sanremo e le novità musicali. 

La nonna ormai anziana , si ammala per un problema al cuore e prima di lasciare la vita terrena: “Quando vai a Sanremo portami con te”, e consegna a Regina, raccontandole la storia, il suo prezioso orologio da taschino.

Regina è una donna ormai e non ha mai dimenticato la nonna e il suo desiderio. Ha sempre con se l’orologio da taschino.

To be continued

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Raf

 

 

Regina di cuori – Chi è Regina? – Parte prima

“Era un giorno di febbraio del 1945. L’inverno era freddo, il vento spaccava la faccia. Giuseppe indossava la sua divisa. La corriera sarebbe partita di li a poco. Altri erano li, l’Italia chiedeva il supporto dei propri ragazzi per riappropriarsi della libertà perduta. Regina arrivò con il fiatone, ed un fagotto di stoffa pieno di cose buone da mangiare ed un paio di camice confezionate da lei stessa, Regina era una brava sarta aveva imparato il mestiere per necessità.

Il tempo di qualche sorriso, di qualche sguardo, poi il comandante esortò tutti a salire, bisognava partire per il fronte.

Mi raccomando stai attento a piccirell ten bisogn e te“, Regina disse preoccupata.

“Stai serena, tieni, prendi questo, così saprai sempre quanto tempo passa per il mio ritorno a casa”, Giuseppe poggiò sul palmo della mano di Regina un orologio da taschino dorato.

“Tu sei la mia Regina, il mio cuore è tuo, da te devo tornare”.

Mentre Giuseppe si allontanava, le lacrime di Regina iniziarono a solcare il suo viso. Teneva stretto tra le mani quell’orologio il cui ticchettio scandiva il tempo e il battito agitato del suo cuore, nel retro di quell’orologio era incisa una figura di donna, una Regina di cuori”.

“Ma poi è tornato a casa Giuseppe?”, grida un bambino.

“Ma Giuseppe è morto?” chiede un altro.

“L’Italia era stata liberata dai cattivi, e Regina era orgogliosa di suo marito, sapeva che anche Giuseppe aveva contribuito alla grande vittoria. Purtroppo Giuseppe non tornò mai più da quel lungo viaggio, la guerra lo aveva allontanato per sempre dalla sua famiglia. Regina non lo dimenticò mai e quando qualche volta si sentiva sola, prendeva l’orologio, lo avvicinava all’ orecchio e il ticchiettio le riempiva il cuore di amore.”

“Che bella storia però è triste!”, esclamò una bimba.

“Bambini guardate qua”, e Regina mostrò loro l’orologio con l’incisione della Regina di Cuori sul retro.

“Ma è una storia vera?”.

Regina risponde con un sorriso: “Giuseppe era mio nonno e regina di cui porto il nome era la mia adorata nonna, mi ha lasciato il suo orologio e mi ha chiesto di custodirlo per sempre.”

I volti dei bambini hanno una capacità di espressione che un bravo attore avrebbe difficoltà ad imitare. Tutti sorpresi ed incuriositi dall’orologio. Una bambina lo avvicina all’orecchio per sentirne il rumore e poi con gli occhi sgranati e l’entusiasmo che solo i bambini hanno dice: “E’ vero c’è il ticchettio!”

I bambini ritornano a casa entusiasti, salutano Regina e non vedono l’ora di ritornare la settimana successiva per ascoltare una nuova storia.

Regina è una giovane donna napoletana, non ha mai finito gli studi, il sostentamento della famiglia ha sempre avuto la priorità, e fin da giovanissima ha sempre trovato lavoretti, qua e la che le facessero guadagnare qualche soldino; l’hostess per i convegni, pulizie delle scale di qualche condominio, di tanto intanto parcheggiatrice, carico e scarico merci in un grosso supermercato, fino a quando ha trovato un lavoro fisso: la commessa in un negozio di libri. Il negozio ha uno spazio dedicato ai libri per bambini, ed il sabato e la domenica 1 ora al mattino ed 1 ora il pomeriggio regina intrattiene i bimbi leggendo o raccontando storie. E’ una persona solare, gioiosa, con tante passioni e tanti sogni nel cuore da realizzare.

Da piccola condivideva la gran parte del suo tempo con la nonna. Nonna Regina era una brava sarta, che spesso tentava di insegnarle qualche trucco del mestiere, ma invano. Invece altre passioni nonna Regina le lasciò in eredità: la passione per la lettura, per le carte da gioco e per il Festival di Sanremo.

To Be continued

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Raf

 

 

 

Regina di cuori

L’atmosfera è quella di un thriller…Il lampadario penzola al centro del tavolo, la luce fioca, illumina a mala pena la stanza, troppo grande.

Si gioca l’ultima mano, mentre il mazziere mescola continuamente le carte, i respiri si fanno più intensi, i battiti del cuore scandiscono il tempo. I piedi nascosti sotto il tavolo si muovono come se seguissero una musica.

Le carte intanto scivolano sul tappeto verde, prima una, poi l’altra e ancora e ancora e l’ultima.

La finale di un importante torneo di poker sta per avere inizio.

Quattro i giocatori. Il primo molto robusto, diciamo che non gli è mai mancato da mangiare, una giacca grigia una camicia azzurra, cravatta blu che nasconde i bottoni nella parte dello sterno, bottoni, che non sostengono il respiro dell’uomo, lasciando intravedere piccole parti di pelle. Nella mano destra una sigaretta spenta, Marlboro rossa, la sinistra appoggiata sul pacchetto riposto sul tavolo, un Rolex in evidenza sul polso.

Davanti a lui tante fiches. Continua a leggere

Il profumo di quel mosto selvatico – The End

Il pensiero di quei ricordi mi regala un sorriso.

Prendo il mio bicchiere, appoggio l’indice ed il medio della mia mano destra sulla base e lascio che scivoli sul pavimento creando dei cerchi, dando modo ancora una volta che i profumi inebrino i miei sensi, un sorso e ritorno…li’ in quel giardino…

“Mio padre indossa una camicia a quadri rossa e grigia, usurata, le maniche sono risvoltate, lasciando le braccia scoperte fino al gomito. I pantaloni sono quelli di una tuta. Nella mano destra ha delle forbici comuni, con la sinistra sostiene il grappolo d’uva, in modo che non cada, per poi riporlo nell’apposito secchio. Le sue grosse mani, rugose, e segnate dalle cicatrici procurate dal saldatore, si muovono delicatamente, come a sorreggere la dama in una danza da un lato ad un altro.

Il taglio è netto, le forbici compiono un gesto secco, e Tac. Il profumo ci invade. Erba, qualche acino esploso, e l’aria si riempie di gioia… la nostra vendemmia.

Non possiamo stare ferme a guardare, vogliamo partecipare a quell’evento e allora mio padre assegna i compiti: mia sorella ripone i grappoli nel secchio, io controllo che non ci siano resti di foglie e acini cattivi. Siamo una macchina perfetta. Di tanto intanto mamma e nonna ci osservano dalla finestra.

Io: “Papi ora che abbiamo finito che si fa?”

Lui: “Ora dobbiamo lavare tutti i grappoli per bene e lasciamo ad asciugare poi domani, quando l’uva sarà asciutta la lavoriamo”.

Io: “Che vuoi fare il vino? E come si fa? Lo hai mai fatto? Lo possiamo provare?”

Lui: “Faccio un esperimento, non l’ho mai fatto, proviamo, vediamo che succede, al massimo lo usiamo per condire l’insalata” e sorride.

Ma che schifo come fai a condire l’insalata con il vino, penso ad alta voce, e mia sorella piu’ sveglia, mi spiega che se il vino non riesce si puo’ fare l’aceto e con quello puoi condire l’insalata….

Ahhhhhh ecco…

I giorni seguenti sono una continua sorpresa. Papà raccoglie tutta l’uva la ripone in una bacinella, in un’altra c’è dell’acqua calda dove poggia i suoi piedi e li lava con cura. Tra un dito e l’altro, poi usa uno spazzolino per le unghie, insomma un lavoro certosino. Prende un telo che ha precedentemente appoggiato sullo schienale della sedia e tampona prima uno e poi l’altro piede.

Entrambi i piedi poi finiscono nella bacinella con l’uva. Papi non riesce ad alzarsi dalla sedia da solo e chiede il nostro aiuto. Poste su entrambi i lati, sosteniamo il peso di quell’uomo tanto robusto fino a quando non è in equilibrio, ci ringrazia ed inizia a pigiare l’uva.

Fantastico, inizia una danza tutta sua, si diverte. Alza prima una gamba che affonda e poi l’altra. Soffro di invidia mi sembra una cosa pazzesca voglio farla…ma non posso. Guardo mio padre che continua a pigiare… l’uva inizia a trasformarsi in una sorta di melma. Qualche acino schizza fuori dalla bacinella creando irripetibili momenti di ilarità. Papi rimane a pigiare fino a quando non è sicuro che tutti gli acini siano perfettamente schiacciati e compatti. L’ odore ora è forte è acre e dolce…Quella strana danza dura per un po’ di tempo, tra i sorrisi e le chiacchiere.

Lui: “Bimbe aiutatemi ad uscire”

Tutto è compiuto i piedi finiscono nella bacinella con l’acqua e dopo aver ripetuto il rito, infila gli zoccoli e poi con una cucchiaia gira quello che è rimasto dell’uva, copre la bacinella con un panno bianco immacolato.

Michy: “Ed ora che si fa?”

Lui: “Si Attende!”

Il tempo scorre mio padre al rientro da lavoro, ogni giorno controlla la bacinella e gira il contenuto, che intanto ha iniziato a fermentare. Dopo la prima settimana il mosto è già profumato, la cantina è pregna di quell’odore dolciastro.

Le settimane trascorse sono ormai due e papi continua a girare, mescolare, e ricoprire la bacinella con il prezioso contenuto. Un giorno aggiunge un po’ di zucchero un altro un po’ di acqua…poi decide che tutto era pronto…

Chiede a mia madre di portargli lo schiacciapatate, mi chiedo a cosa possa servire.

Presto detto.

Il mosto è pronto per diventare vino dopo la macerazione e va spremuto. Non avendo i mezzi tecnici, da buon napoletano si arrangia con lo schiaccia patate ed inizia a pressare il mosto. Quello che ne deriva è un liquido rosato che papi con cura versa in una botte di vetro, tramite imbuto. Questa operazione è molto lunga, in quanto lo schiacciapatate riesce ad accogliere solo un paio di mestoli per volta. 

I miei sensi sono cosi’ attenti a cogliere ogni movimento, ogni sensazione, ogni odore. I gesti di mio padre sono attenti e precisi. La pressione posta sul mosto fermentato scatena una miriade di profumi che sono diffusi nell’aria dalla lieve brezza autunnale…

La botte è quasi piena e la bacinella vuota.. Papi ha scartato le bucce, riposte su vecchie pagine di un giornale.

La botte è finalmente piena , papi affaticato ma felice in volto, richiude la botte con un grosso tappo di plastica:

Lui:”Ecco fatto, e ora dobbiamo attendere e vedere cosa è venuto fuori”.

Io:”Papi ma non lo possiamo provare”.

Lui:”Certo attendiamo che si posi per qualche giorno”.

Non vedo l’ora, per me e mia sorella sarebbe la prima volta, una sorta di iniziazione, e quale miglior modo se non con il vino fatto in casa.

I giorni trascorrono e non faccio altro che vantarmi a scuola della bravura di mio padre, anche la maestra è attenta ai miei racconti, e sembra conoscere tutti i passaggi che elenco.

Il fine settimana impiega poco ad arrivare, e sulla tavola imbandita per la domenica, tra un piatto di tagliatelle e le polpette al sugo della nonna, fa la sua apparizione anche una bottiglia anonima, con tappo di plastica.

Papi: “Siete pronte, che dite lo vogliamo assaggiare o no?”

Solo in quel momento ho capito che il vino era finalmente pronto.

Con una leggera pressione della mano, papi stringe il tappo e con un movimento ballerino che spinge il tappo un po’ avanti e un po’ indietro riesce a rimuoverlo ed ecco il “Ploof” di felicità che fa scaturire l’applauso…

Papi: “Allora prima alla nonna, così se il vino è cattivo, la nonna è anziana…” mi strizza l’occhio

Nonna: “Azz grazie Angiulill, ” e scoppiamo tutti in una fragorosa risata.

A seguire papà versa il vino a mamma, poi a Michy, a me e conclude versandolo nel suo bicchiere.

Lui: “Allora salute, buona domenica”.

Noi: “Salute, cin cin”.

I bicchieri si toccano in un gentile tintinnio, sono emozionata è la mia prima volta. Mia sorella ed io ci guardiamo per un attimo, i nostri sorrisi evidenziano la nostra gioia. 

Avvicino il mio bicchiere, e il profumo prepotentemente arriva ai miei sensi. Respiro profondamente e lo lascio entrare, mi godo ogni sensazione. Lentamente il liquido rosso scivola nella mia bocca a piccole dosi. Si ferma sulla lingua e poi scivola nella gola… E’ pastoso, compatto, forte e dolce allo stesso tempo. Senza accorgermene finisco il mio bicchiere…

Lui:”Uè piccirè chian che ti ubriachi” ( piccola piano che ti ubriachi)

Allora con lo sguardo smarrito, metto giù il bicchiere e sento che la lingua si muove sul labbro superiore a cercare i residui del nettare, fermandosi su di un lato.

Mi sento osservata, anche mia sorella ha gli occhi puntati su di me..

Nonna: “Ah ti è piciut”.

Sono imbarazzata e non riesco a rispondere, sorrido abbasso lo sguardo e iniziamo a ridere, per la gioia e chissà forse anche per il vino…”

 

Il mio bicchiere è vuoto, la puntina non scorre più sul vinile, il tempo riprende a scorrere, e non dimentico di respirare e di sorridere.

 

Don’t Forget to Smile

Raf