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IL TEMPO – PARTE 2

La penna scivola veloce sulla carta, come per paura di perdere qualche dettaglio prezioso, un fiume che scorre verso il mare e porta con se ogni cosa…

Mi immergo totalmente in quel ricordo…

  • retrobottega
  • bambino
  • fumetti

Le immagini sono sfocate all’inizio, gli occhi della memoria viaggiano all’interno della mente, scrutando gli angoli reconditi della mia vita passata, per scovare ciò che mi serve, ma la ricerca sembra non condurre ad un mio ricordo ma a quello di qualcun altro…

I miei occhi puntano la birra fredda sul tavolo, a giudicare dal colore scuro e dalla schiuma spumosa si direbbe essere una Guinness, seguo con lo sguardo una gocciolina di quella schiuma che scivola lenta, percorrendo tutto il bicchiere fino ad approdare sul tavolo… ” Ecco le patatine”  la voce di un gentile ragazzo interrompe quel trip.

Alzo lo sguardo, ringrazio con un sorriso, e poi un’altra voce attira la mia attenzione, mi giro.

Proprio come succede nei film, in cui la telecamera indugia prima sui particolari, così i miei occhi indugiano prima sulle mani che tentano di prendere le patatine dal cestino, mani grandi, pulite, al polso sinistro un orologio importante, polsini della camicia ben stirati,  braccia lunghe, al collo una collanina d’oro, c’ è un ciondolo ma non riesco a vederne la forma coperta dalla camicia, poi il suo viso.

La memoria mi fa scherzi è sicuramente un uomo, non ne distinguo l’età, i contorni del suo viso sono offuscati.

Riprendo il viaggio nella memoria i miei occhi continuano a fissare l’uomo senza volto. 

Possibile che possa succedere? Mi chiedo, mentre i miei ricordi continuano ad affiorare, come sia possibile che io possa al momento ricordare tutti quei particolari e non vedo il volto del mio interlocutore. Se succede, mi dico, è possible.

I miei occhi ritornano sull’uomo senza volto, e mi parla, mi parla di qualcosa…

Nella mia mente gli occhi guardano in ogni angolo, in ogni cassettino dei ricordi, in ogni archivio, ricordo il suono di quella voce… 

“Adoro le patatine tagliate in questo modo è come se mantenessero ancora di più il  loro sapore”  

Annuisco,

Allora dicevamo, che quando ero piccolo, i miei genitori mi facevano trascorrere le vacanze dagli zii, in un paesino di campagna ad Avellino, le vacanze estive erano lunghe, mio padre aveva una bottega come barbiere, mia madre doveva stare dietro agli altri due fratelli, per cui io ero quello piccolo e sacrificabile. Ti devo confessare che inizialmente mi sentivo sempre escluso dalle cose di famiglia, un po’ Kalimero, piccolo e nero, invece ho tratto i miei vantaggi da quelle vacanze, e ho dei ricordi meravigliosi che ancora custodisco,

I miei occhi fissano l’uomo senza volto, il tono della voce è gentile, e capisco che ha piacere nell’esporre quei ricordi, ha piacere nel condividerli. Il suo racconto è calmo, pacato, accompagna le parole a qualche sorso di birra, e a qualche respiro nostalgico di un tempo che è stato…

 

 

To be continued

The Sun’s Smile

Raffaela Anastasio

 

 

 

ARMANDO – IL BARBIERE DI MOZART

Quattordici febbraio, il sorriso del sole splende in questo giorno dedicato all’amore in tutte le sue forme.

Concordo un pranzo al volo con Fabri, un ristorantino carino, vegano, i profumi ed i colori del buffet, regalano ancor di piu’ buon umore.

Dopo esserci confrontati, su lavoro, famiglia, ed esserci aggiornati sulle attività che avremmo fatto nel weekend, la suoneria di un cellulare attira l’attenzione di Fabri…

” Carina vero?” 

e lui…” Eh si”..

Quel “si ” aveva un quid di malinconico, i suoi occhi iniziano ad allontanarsi da quella conversazione, dal quel luogo…puntano il vuoto…forse un ricordo nella sua mente sta facendo capolino.

” E quindi?”, tento di riconnettermi con lui, ” bene, dimmi qualcosa che no so ” gli chiedo.

Ho avuto la sensazione come se non aspettasse altro che gli rivolgessi quella domanda, e con il suo bel “vestito da riunione”, si protrae in avanti, appoggia i gomiti sul tavolo e con un sorriso mi dice:

” Sai Raf mio nonno era un melomane. Era anche un barbiere, un bravo barbiere. Entrare nella sua bottega significava essere catapultati in un meraviglioso mondo melodico il cui sottofondo si accompagnava al ticchettio incessante della forbice. Talvolta sembrava quasi andare a tempo. Un antico registratore rimaneva acceso per ore riproducendo famose arie, registrate a più riprese nelle lunghe afose serate estive, quando la solitudine casalinga offriva solo cene frugali e telefonate a gettone di mia nonna che chiamava dalla cabina centrale del paese d’origine al centro della Ciociaria.

Immersa nel racconto, vedo la bottega, vedo suo nonno che lavora…il ticchettio della forbice scandisce il tempo…ora.

I clienti sapevano che il martedì era dedicato a Verdi, il mercoledì Rossini, Bellini e Leoncavallo, il giovedì tornava Verdi e qualche autore d’oltralpe, come usava dire, ma il venerdì invece c’era Mozart! Era il giorno che preferivo. Il venerdì non si mormoravano arie come “e lucean le stelle” , non si canticchiava a labbra serrate “questa o quella…”, c’era solo la musica, c’era solo Mozart!
Mio padre lavorava in centro, vicino alla bottega di mio nonno, ed io, quando iniziava la stagione calda, quasi tutti i venerdì, ormai adolescente, chiedevo a mia madre di aspettarlo all’uscita della Banca, insieme a mia sorella che veniva trasportata nel suo passeggino “inglesina” dalle ruote bianche bicolore. Abitavamo poco distante, tra io rione Monti e l’Esquilino e il venerdì l’aria del pomeriggio sembrava più leggera, portava con se il riposo del sabato, almeno per alcuni. Non andavamo ogni santo venerdì, ma quando questo accadeva il tragitto cha va da Via Carlo Alberto a Piazza del Parlamento mi sembrava infinito. Si partiva alle 16.00 dal portone di casa, al numero 24 e dopo i consueti saluti dei due tre negozianti di rito le tappe salienti erano Santa Maria Maggiore, il Teatro dell’Opera, poi Via Nazionale, la faticosa Via Quattro Fontane ed infine la lunga discesa di Via del Tritone fino a Piazza San Silvestro, dopo aver strizzato l’occhio a Piazza Barberini.

Le sue parole mi portano in quei quartieri di Roma, sono con lui lo vedo bambino.

Era una lunga passeggiata che presagiva in me due ricompense, il gelato che mio padre ci avrebbe offerto da Giolitti e il passaggio nella bottega di mio nonno. Mio padre poi ci avrebbe riportato a casa con l’autobus, il 71 che prendevamo a Piazza San Silvestro e lasciavamo a Via Rattazzi verso le 8 di sera. Era il tempo in cui sugli autobus v’erano ancora i bigliettai e il costo della corsa, ricordo, era di 50 lire e i biglietti erano arancioni di una filigrana leggera. Di solito rimanevamo in fondo a l’autobus, nella cosiddetta piattaforma, con il passeggino piegato su se stesso e mio padre che si caricava mia sorella in braccio.
Fremevo sin dal momento della partenza sapendo che avrei trascorso del tempo nella bottega di mio nonno dove le poltrone girevoli sembrano per un bambino i destrieri di una giostra, ma soprattutto sapevo che il venerdì mi aspettava Mozart. Mi auguravo sempre di non trovare clienti o che fossero seguiti da Angelo, l’aiutante di mio nonno, così da poter parlare con lui e sentire i suoi racconti, i suoi commenti sulle note di Mozart!
Mio padre a volte si seccava del mio comportamento, effettivamente sembravo rapito dalla musica e cercavo di catalizzare l’attenzione, ma io non potevo farci niente, quella musica era come una calamita che mi attirava a se e mi teneva prigioniero, ostaggio di quelle meravigliose note. Mio nonno al contrario si esaltava e diveniva complice di quel gioco musicale rispondendo alle mie continue domande o facendo finta di sorprendersi se indovinavo la sonata o il titolo del concerto. Era divertente mio nonno Armando, stava al gioco e soprattutto era fiero di quel nipote che come lui amava la musica, quel tipo di musica, solo quel tipo di musica.
Durava poco quella visita, ma aveva un fascino indescrivibile che ancora ricordo in modo vivido e malinconico. A distanza di anni mi capita di ricordarlo quando mangio un gelato, perché portavo con me quel sapore in quei momenti, visto che il passaggio a bottega avveniva dopo la classica tappa di Giolitti. Nello specifico aveva il sapore della crema perché nei miei ricordi romani di bambino il sapore del gelato al cioccolato era invece quello del palazzo del freddo di Fassi.
Ho sempre ascoltato musica, in ogni luogo, in ogni tempo, avevo un giradischi compatto con delle piccole casse è una puntina la cui sensibilità era pari a quella di uno scalpello, ma passavo ore ad ascoltare e fantasticare, la musica accompagnava le mie giornate, la merenda, i compiti, talvolta le serate in cui mi era permesso fare tardi. Il fatto strano però era che a casa preferivo ascoltare musica leggera, di vario genere, mentre la musica classica era e rimaneva una prerogativa della bottega di mio nonno.

Adoro ascoltare, ha rapito totalmente la mia attenzione, sono curiosa di saperne di più.

Di questo breve scorcio dei mie ricordi adolescenziali non dimenticherò mai quanto avvenne un pomeriggio quando mio nonno per sottolineare ad un cliente la sua predilezione per Mozart raccontò a tutti noi un aneddoto che, anche fosse frutto della fantasia e non un fatto storicamente comprovato, rimane affascinante ed essenziale: “una volta alcuni allievi di un grande Maestro d’orchestra, alla chiusura della lezione di composizione, posero al Maestro la seguente domanda:…Maestro chi è secondo lei il più grande compositore di tutti i tempi? E il Maestro rispose prontamente…senza dubbio Beethoven! Dopo aver risposto il Maestro si accorse che i suoi allievi erano rimasti un po’ interdetti e poco convinti della sua risposta è di tutto punto chiese loro…ragazzi vi vedo un po’ titubanti…c’è qualcosa che non vi convince nella mia risposta? Ed i ragazzi prima timidamente e poi con un po’ più di coraggio risposero…ma sa Maestro lei ci ha sempre detto che Mozart un po’ per la genialità, per i canoni innovativi, per l’età…insomma noi pensavamo che…Ed il Maestro interrompendoli disse loro…ragazzi…dipende da come si pongono le domande…voi cosa mi avete chiesto? chi è secondo lei il più grande compositore di tutti i tempi? E la risposta a questa domanda rimane Beethoven! Infatti non mi avete chiesto…Maestro che cos’è la musica? Perché la Musica è Mozart!!!!”.

Avevo le lacrime agli occhi allora, quando ascoltai questo breve racconto è ancora oggi quando lo ricordo ho un groppo in gola.

I suoi occhi persi nel vuoto come a cercare quelle immagini che le parole raccontavano, lasciavano trasparire l’emozione di quei tempi.

Quello era mio nonno e devo a lui se ancora oggi quando ascolto Mozart mi emoziono e torno col pensiero a quei momenti in cui rapito giravo in tondo veloce sulla poltrona del barbiere, allora sai cosa penso che se Mozart fosse nato nel nostro secolo avrebbe certamente scelto mio nonno come barbiere.

Un sorriso e beve un sorso’d’acqua.

Incantata da quel racconto, dall’emotività nell’esposizione, il tempo si è fermato, mi sono ritrovata su quella poltrona girevole in compagnia di Fabri bambino, con Armando che dedicava le sue attenzioni ai clienti nella bottega…. a tempo di Mozart.

 

The Sun’s Smile