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Regina di cuori – Il Poker

Un giorno come tanti nel negozio di libri, Regina sistema gli scaffali e nella sua pausa sceglie qualche libro interessante da leggere. Il libro prescelto oggi è : “Il Gabbiano Jonathan Livingston” di Richard Bach, la storia di un gabbiano che adora volare….

Mentre china sul libro, ne divora le pagine, fuoriesce dal collo del maglioncino, facendo capolino, la collana con l’orologio. La collana penzola nel vuoto, il ciondolo inizia a girare nell’aria creando cerchi non perfetti. Regina distoglie lo sguardo dal libro e lo dirige verso l’orologio e la figura incisa. Come presa da una forte curiosità, prende tra le mani l’orologio, si comporta come se non lo avesse mai visto prima… osserva la regina di cuori incisa…ne sente il disegno passando sopra ad ogni linea, il pollice destro. Chiude il libro, di scatto e approfitta del tempo che le rimane della sua pausa per fare delle ricerche.

 Vuole sapere tutto sulla regina di cuori, inizia una ricerca.

“La regina di cuori è una carta da gioco..poker”

“Il primo documento scritto sul poker risale al 1829 a opera dell’avventuriero inglese George Cowell” .

Intanto Regina riprende a lavorare, appena il negozio si svuota riprende le sue ricerche tra gli scaffali

Questo popolare gioco di carte, tuttavia, ha quasi due secoli di vita. Come molti altri giochi di carte non si sa esattamente chi l’abbia inventato, ma di certo nella sua versione moderna è apparso verso l’inizio del XIX secolo nel mitico West americano, in particolare sui battelli a vapore che risalivano lentamente il Mississippi, e che erano dei veri casinò galleggianti.”

” Regina dai chiudiamo”.

 E’ sera, il negozio chiude, Regina chiede ad Ornella, il suo capo, se puo’ prendere in prestito un paio di libri, che avrebbe riportato l’indomani..

“Certo, fa ambress però che mia figlia mi aspetta”.

Un paio di libri diventano 5.. le luci del negozio si spengono.

Si accende una lampada nella stanza di Regina, dopo una cena fugace in famiglia, riprende la lettura dei libri che ha preso in prestito,

Legge, prende appunti su un foglio, segna date, disegna, e poi urlando:” Mamma abbiamo il mazzo di carte, quelle che usiamo per il mercante in fiera a Natale, che hai comprato dai cinesi?

La madre risponde dalla cucina :” Eh stann int o cassett, che fa?”

appare Regina in cucina, : “Niente devo fare le prove cosi’ a Natale vinco”.

Regina prende le carte dal cassetto, e si rifugia di nuovo in camera sua. Schiera le carte una per una sul letto, ripetendone i nomi e il valore.

Passano i giorni e Regina si trattiene molto di più in negozio. Quando Ornella, il suo capo è fuori per la pausa pranzo o per andare a prendere qualche ordine, Regina usa il computer per continuare le sue ricerche e apprendere quanto più possibile del gioco del poker.

Dopo tutte le letture, e le ricerche ormai è preparata: vuole fare pratica. Con l’era digitale oramai il gioco del poker è ovunque in rete, ma lei vuole persone reali dalle quali apprendere… Napoli le viene in aiuto.

To be Continued

Don’t forget to smile

Raf

 

 

 

NELLA TASCA DEI MIEI JEANS

Forme. Nate da una nuvola di fumo bianco.

Sono tratti irregolari ma chiarissimi. È una sera di Roma che diventerà notte e la mia sigaretta non vuole saperne di spegnersi. Faccio un tiro mentre Trastevere si fa bella con i suoi mille colori.

Nic è lì, lui c’è sempre. Parliamo di viaggi, vacanze, pensieri sparsi che soltanto gli amici di una vita possono intrecciare. Sono seduto sul mio motorino parcheggiato a due passi da piazza Trilussa, al “Freni e Frizioni” il mojito è un “must”, la mano destra lo porta verso la mia bocca, mentre la sinistra tiene, fedele, la sua marlboro light morbida.

Dietro quelle forme irregolari e bianche c’è lei, con la sua camicetta azzurra. Sorride e si appoggia a Nic come se fosse anche lei dei nostri, tre di due. Sorride. È divertita, curiosa, serena, non finge. Ho sempre pensato che l’unico modo per starle vicino fosse starle a distanza, so quanto possono essere importanti i centimetri.

La chiacchiera scorre veloce assieme alle sigarette, quelle mie e di Nic, lei non fuma. C’è un attimo nella vita di ognuno di noi in cui capisci che qualcosa o qualcuno non è semplicemente lì. Non ricordo nemmeno di cosa stessimo parlando in quel momento, la sue mani appoggiate sulla spalla del mio amico si dividono.

Una, la destra, azzera tutti quei centimetri, scivola lenta dietro la mia schiena senza toccarmi, cerca spazio nella tasca posteriore del mio jeans ed entra con tutto il suo calore. La sua mano nel mio jeans, per qualche minuto, o per sempre. Sorrido, lei non batte ciglio, lo fa come se fosse il gesto più naturale del mondo, conquista territori.

Per un attimo mi fermo a pensare a quegli inutili centimetri e accendo un’altra sigaretta. Fumo, forme, stavolta tutte familiari. Sorrido ancora.

Nic,  superata la mezzanotte, ha l’occhio destro semichiuso e sbadiglia come nessuno, quanto mi fa ridere quell’omone grosso.  Salutiamo. Via, verso via Monte Fumaiolo 44, il mio rifugio. Lei mi segue sul suo motorino, si mette in scia come sa fare lei. Parcheggiamo, in una sera di fine luglio, che ormai  sta diventando notte e saliamo al secondo piano. Entro e nemmeno mi giro a guardarla, ho bisogno di stare scalzo. Tolgo le mie “stadsmith” e vado e rinfrescarmi i piedi, ho bisogno del mio pavimento freddo. Lei è incuriosita dalla mia stanza, vede i miei quadri di Klimt, credo sia un po’ imbarazzata, lo capisco.

“Bevi un limoncello?”.

sorridendo corro a prendere la bottiglia ghiacciata. Parliamo. Beviamo. E appena posso, appena lei si distrae, provo a rubare il suo sguardo. Siamo seduti vicini ma a distanza. Sigaretta. E’ una notte diversa, è una notte di fine luglio. Usciamo, rientriamo, ascoltiamo musica, restiamo distanti, impossibile non farlo. Parliamo e mi immagino lei che sorride mentre si toglie il suo foulard. La tasca del mio jeans fa invidia alla mia polo a strisce blu e rosse, rigorosamente verticali, “sticazzi” che le righe “allargano”. Non ce la faccio.

“Ho bisogno di un tuo abbraccio, adesso”.

Sono le quattro del mattino, ma come fai ad abbracciare in una notte d’estate quel viso così bello? Semplice,  si fa. Lei lo fa. E restiamo così per qualche minuto. Fa caldo. Il tempo si ferma lì, è un attimo scolpito nella mia mente. Non ho più voglia di fumare. Sono le sei del mattino…

“Devo andare”, la notte è finita. Si fida di me…

L’accompagno alla porta e torno dritto verso la stanza di una notte diversa, accendo un’altra sigaretta .

Diversa, unica, irripetibile. Anche lei. Sono felice. Passano venti minuti, il mio telefono si illumina: “Sono a casa”. Lei non lo sa ancora, i fatti spesso dicono il contrario, ma da quella notte non è più andata via. Da casa mia.

Raf

Don’t forget to smile

SPRING DREAMS – THE END

Facendo capolino da un albero, un uomo forse quarantenne, scuro, occhi meravigliosamente luminosi, mi fa cenno di seguirlo.

Senza esitare lo seguo. Mi sono detta “Raffa tu sei matta, ma ti pare normale che un tizio qualsiasi, in un posto qualsiasi, in mezzo al niente ti fa un cenno e tu gli vai dietro? Ti rendi conto che non va bene?”.

Ma in fondo cosa c’era di normale?

Mentre l’uomo mi guida chissà dove, lo studio attentamente.

E’ alto, ha delle spalle vigorose, indossa dei pantaloni scuri, una camicia bianca che gli copre i fianchi, non indossa scarpe. Mi soffermo sulle sue mani, affusolate, come di un pianista. Sono curiosa di vedere il suo volto ma non si volta.

Camminiamo a lungo.

Quel posto sembrava il paradiso.

Magari sono morta con infarto sul divano di Anto ed ora questo tizio mi condurrà da qualche parte per espiare i miei peccati, potrebbe un tizio tipo Caronte o essere un angelo”.

Nel mentre un ramo mi si conficca nel piede, un urlo di dolore inevitabile.

Quel grido di dolore distrae l’uomo che si ferma senza voltarsi per qualche secondo,  poi corre verso di me.

Il suo sguardo accigliato, è bellissimo, ma sono spaventata.

Si avvicina, mi indica con dei cenni di togliere le mani dal piede, non emette un fiato. Scruta con occhio attento la pianta del mio piede, estrae la scheggia e poi porta il piede alla bocca aspirando con le labbra e poi voltandosi sputa le schegge più piccole.

Il mio viso in fiamme, ma non mi oppongo a nulla, non ne ho la forza. Riesco solo a stare immobile e ad osservare i gesti di quell’uomo sconosciuto, che con un sorriso, che mi arriva nello stomaco, mi fa cenno di proseguire tendendomi la mano.

Inebetita, il mio cuore a mille.

“Allora sono morta, forse questo è il mio paradiso e lui è il mio premio per aver saputo attendere”..

Penso a tante stupidaggini che inevitabilmente, nasce un sorriso.

L’uomo continua a tenermi la mano. Ora sembra di conoscerlo da sempre.

Lì intorno la vegetazione è straordinaria, gli alberi sono così imponenti, la natura dimostra in pieno la sua maestosità. Tutto questo è appagante. Un percorso fatto da una piccola stradina in salita conduce ad un altare fatto di legno.

“Che cos’ è questo posto?”, ma nessuna risposta solo uno sguardo come se io potessi leggergli nel pensiero.

“Ma chi sei? Continuo a domandargli. Non mi ha mai più lasciato la mano, e la stretta è forte, sicura. Mi sento protetta.

Mi sento una stupida. Sono presa inevitabilmente, irreparabilmente da questo sconosciuto.

Tutto così assurdo. Ma mi piace.

Non so per quanto tempo ancora camminiamo, senza mai dirci una parola…

Usciamo dal bosco per ritrovarci in una cittadina, antica, non ho la più pallida idea di dove sia collocato questo posto. Attraversiamo una lunga strada fatta di mattoncini, imbocchiamo stradine, saliamo e scendiamo gradini.

Questo posto è adorabile, ma ho sete e sono stanca. Poi arriviamo in una piazza con una chiesa.

Tutto questo non ha senso, ma mi sento a casa.

L’uomo si volta verso di me, i suoi occhi sembrano vedere oltre, e questo mi imbarazza, poi con un gesto della mano mi mostra dove guardare.

E i miei occhi vedono l’infinito.

Mi soffermo per qualche istante, l’uomo allenta la presa della mia mano, ma non lo lascio andare, stringo più forte e lui desiste.

Gli dico: “Grazie”. Lui mi risponde con uno dei suoi sorrisi diretti allo stomaco.

Il mio viso si ritrova tra le sue mani. Con una carezza sposta i miei capelli dal viso.

Il mio cuore sta per uscire dal petto. E’ assurdo lo so, ma meraviglioso. Sento anche il suo cuore attraverso le sue mani sulle mie guancia.

Una voce in lontananza…. “Raffa, il bagno è libero”!

Non capisco.

“Raffa dai altrimenti facciamo tardi per la cena”!

Il mio principe si dissolve nel sole, il suo sorriso è l’ultimo ad andare via..

“Allora ci sei?”

Apro gli occhi e Anto è lì, ad attendere il mio risveglio.

“Ohi ma che hai nei capelli? Sei stata in giardino?

Metto la mano nei capelli e ritrovo qualche ciuffo di erba, allora il mio sguardo va sui piedi, non indosso le scarpe.

Anto mi guarda incuriosita: “Sembra che hai visto un fantasma?”

No, solo lui”.

“Eh?”

“Nulla”!

Iniziamo a ridere come sempre e mi distrae la mia valigia aperta…..il vestito di cenerentola è lì.

Raf

Don’t forget to smile