Occupazione

“LA LOTTA E’ DURA E NON CI FA PAURA”
“SE CI BLOCCANO IL FUTURO NOI BLOCCHIAMO LA CITTA’, LA CITTA'”!

Voci tonanti che ancora rimbombano nelle mie orecchie.

Sveglia alle 7.00 zaino invicta in spalla, vocabolario di greco, il Rocci, detto “il mattone” in mano.
Alle 8.00, il Liceo classico Plinio Seniore era  invaso da ragazzi, alcuni del mio istituto altri delle scuole vicine. Un mare di persone in movimento.
Sciopero in atto.
“E vai, salto la verifica scritta di greco”, la prima cosa a cui  ho pensato, qualche istante dopo:
“Perché si sciopera?”
Dai tranquilla non è entrato nessuno, vieni con noi”
“Ok ma perché?
“Dai Vieni”.
Una folla di giovani persone inizia a muoversi al suono di parole urlate dal rappresentante di Istituto che di solito era anche il ragazzo più carino, più corteggiato, il ruolo poi aveva il suo fascino. Un fiume in piena lungo le strade della città. Gli adulti si fermavano al bordo del marciapiede per lasciare passare la manifestazione, guardando incuriositi e non mancavano delle voci in lontananza….
“Andate a studiare invece di fare casino”.
Ma come il mare ha le sue onde, le sue increspature, quella folla, rispondeva con toni ancora più accesi a chi riteneva inutile quell’azione.
Pugno sinistro in alto: “Scuola Libera , scuola libera, scuola libera”.
Ma libera da cosa? Mah….
Continuavo a camminare spintonata di tanto intanto, dai fisici prorompenti ed energici di quelli del secondo liceo. Qualcuno distribuiva quelle piccole resistenze colorate, da attaccare sullo zaino, altri coperti da cappelli e sciarponi arabi, andavamo imperterriti, distratti, solo da chi rullava una canna. Neanche la pioggia riusciva a fermarci, ad un certo punto ne venne giù , tanta, tanta….
Mi ritrovai la testa coperta da una giacca, quella del rappresentante, quasi mi veniva un colpo, ma lui con un sorriso mi disse: “Camminiamo insieme così ti copro”.
Ovviamente, chiaramente inebetita, sorrisi in cenno di assenso.
La giacca mi copriva gli occhi e non mi era ben chiaro in quale direzione stessimo andando, ma sentivo la mano sulla spalla dell’affascinante rappresentante d’istituto che mi guidava.
Dopo aver intrapreso varie direzioni a suon di svariati slogan, ci ritrovammo in 30 forse 40 davanti all’ ingresso secondario della scuola, da cui si accedeva alla palestra.
Infreddoliti ed evidentemente zuppi, entrammo in palestra dove il mio angelo custode, dopo aver preparato le casse ed il microfono, prese possesso della cattedra con voce impostata iniziò a declamare il suo fantastico discorso: “Eccoci, la scuola finalmente… è nostra!”, questa frase scatenò il putiferio, le persone urlavano, si abbracciavano, saltavano, come se non ci fosse stato un domani.
Euforia contagiosa a dire il vero, quell’entusiasmo era piacevolmente coinvolgente, ed iniziai anche io a saltare e ad urlare come se non ci fosse stato un domani.
La palestra di trasformò in una sorta di campeggio.
In un angolo un bel gruppo di studenti riunito attorno a due chitarre che emettevano note orecchiabili e facilmente riconoscibili come:
Albachiara

Sembrava di essere in vacanza davanti ad un falò, eravamo come amici che si conoscevano da sempre, gli sguardi sulle corde vibranti delle chitarre, i pensieri chissà dove, la musica accompagnava i nostri corpi che dondolavano ad ogni nota.
Wind of change
Un po’ distanti dal gruppo dei piccoli cantori, altri gruppetti sparpagliati in varie zone della palestra.
Uno di questi attirò la mia attenzione. Un giornale aperto sul pavimento, uno studente che con una penna cerchiava un articolo, una rapida lettura e disse:”Allora cosa ne pensate?”.
L’articolo riguardava una donna araba incinta del suo stupratore. Un lungo dibattito ne derivò. Ognuno di noi espose il proprio disgusto per la violenza che la donna aveva subito e per l’impossibilità della stessa di poter decidere o meno della sua esistenza e quella di suo figlio. Sentivo che le parole di tutti i partecipanti provenivano da un sentimento molto forte, appassionato al tema, come se ognuno di noi cercasse di immedesimarsi e si chiedesse:”E se fosse successo a me?”. 
Un confronto costruttivo, ricco di punti di vista, di pensieri, concetti espressi a volte anche in maniera dura, severa.
Ore di scoperta quelle dell’occupazione e di goliardico svago. Ragazzi in un angolo a bere la birra, altri fuori a fumare, altri, quelli che venivano considerati i “secchioni” si rendevano disponibili per impartire ripetizioni di latino o greco a seconda della richiesta.
Per i 10 giorni a seguire la palestra divenne la nostra scuola, la nostra casa, un microcosmo all’interno del quale era possibile apprendere della vita. L’unione di ragazzi che condividevano la voglia di stare insieme, di condividere, di confrontarsi. Inevitabile non veder nascere nuove amicizie , nuovi amori.
Appresi come si rullava una canna e perché si dicesse “rullare”, non ho mai avuto il coraggio di provare, ma era interessante vedere il movimento di passaggio dello spinello da una mano all’altra da una bocca all’altra e vedere i visi rilassati ed inebetiti di coloro che la fumavano.
Momenti di crescita per me, certo, soprattutto l’ultimo giorno quando per chiudere quel periodo venne indetto il concorso di Miss Plinio Seniore, dove carinamente mi candidarono e mi venne attribuito il secondo posto.
Ancora non mi è chiaro il motivo di quell’occupazione, dello sciopero ma ciò che ne derivò è ancora nella mia pelle…
La ricerca della giustizia, l’onestà, la gentilezza, la condivisione di esperienze, una Ceres, dei baci sulle palpebre da chi aveva iniziato a corteggiarmi, la musica, il senso del gruppo, dell’unione.
Ecco esattamente questo. Forse quell’occupazione non ha smosso il mondo , ne la scuola viste le condizioni in cui si trova oggi, ma almeno io l’ho vissuta in tutte le sue sfaccettature…
Raf

Dont’ forget to smile

Il Primo Bacio

Ci sono emozioni che si ripetono poche volte nella vita, in maniera diversa e magari si vivono con una consapevolezza differente dovuta forse anche all’età.

Correva l’anno 1990, sabato, stesa sul divano ascoltavo Claudio Baglioni “Mille giorni di te e di me”.

MILLE GIORNI DI TE E DI ME

Ero confusa, pensavo, mi tormentavo per qualcosa che avrei dovuto fare, perché volevo, ma non ne avevo il coraggio, per quell’appuntamento, per la paura di sbagliare.

Avevo un fidanzato, per convenienza lo chiamerò “Mister C”, molto carino, a cui tenevo molto, forse la mia prima vera infatuazione. La nostra frequentazione durava da qualche mese e da qualche mese, seppur con tatto e gentilezza, mi chiedeva un gesto d’affetto che non ero pronta a dare e che con maestria riuscivo sempre ad evitare per non ritrovarmi poi in situazioni imbarazzanti.

Il sabato era l’unico giorno in cui mia sorella ed io potevamo uscire rientrando però molto presto.
Quel sabato di fine estate divenne IL SABATO dell’appuntamento.
I maschietti di tutte le età, è risaputo, spesso sono impazienti e lo era anche “Mister C” di 13 anni, che qualche giorno prima mi aveva chiesto di uscire:
“Ok vediamoci”.
Avrei voluto restare sul divano, ad ascoltare e riascoltare Baglioni, ma erano ormai le 16.30 dovevo prepararmi.
Immobile, il mio sguardo perso nell’armadio tra decine di capi che avrei potuto indossare, non potevo sbagliare, dovevo essere meravigliosa, stupenda, doveva essere il mio giorno perfetto.
Indossai una gonna lunga plissettata, un top ed una mini giacca coordinata in rosa antico, scarpe chiare, i calzini con il bordo merlettato, che avevano un loro fascino.
Ero pronta.
Mia sorella ed io avevamo appuntamento con una nostra amica (sorella di Mister C) che non faceva altro che darmi consigli sul da farsi, su come muoversi… ma io arrossivo e cercavo di cambiare discorso.
Fino a quando da lontano appare lui, “Mister C, baciato dal sole al tramonto, il suo passo sicuro, il suo sorriso…. mi saluta con un bacio sulla guancia…
” Allora andiamo?
” Certo”!
Saluto le due comari, mi allontano guardando i loro occhi ed i loro sorrisi sornioni….
Un tremolio mi corre lungo la schiena quando “Mister C” mi prende la mano, incrocio il suo sguardo per un attimo, arrossisco, guardo la mano e chiudo la presa.
Momenti di silenzio rumorosi, nella mia testa mille domande..

“(perfetto, ora inizio a palare io, ma no, magari vuole silenzio, ma adesso dove andremo, porca vacca ho il cuore in gola, potrei iniziare dicendo Dove siamo diretti?.. no no sto zitta è meglio)”.

“Che dici facciamo un giro? Dove preferiresti andare?
Ecco, aveva risolto i miei problemi, solo che non avevo idea di cosa rispondergli, infatti diedi fiato alla bocca .” Bho!”
Durante la passeggiata “Mister C” provò a propormi di fermarci più volte, prima dietro un angolo, poi sotto i portici, ma rifiutai ogni volta:
Insomma è il mio primo bacio cavolo, deve essere romantico non posso farlo dietro un angolo qualsiasi” pensai.
Trascorso qualche minuto mi ritrovai in un palazzo, dopo aver preso l’ascensore fino al settimo piano ed aver effettuato una rampa di scale… ero in trappola…non potevo scappare, non avevo più scuse sul romantico momento e bla bla bla…ed il momento arrivò!.
“Mister C” prese il mio viso tra le mani, con dolcezza lo avvicinò al suo… sentì il mio viso andare in fiamme, il mio cuore posseduto chissà da quale demone, proprio non voleva stare al suo posto…
Chiusi gli occhi, mi lasciai andare.
Il calore delle sue labbra, era confortante, erano morbide, profumate, ero al sicuro…i nostri visi sempre più vicini… le sue mani nei miei capelli, le mie mani sulla sua schiena in un abbraccio avvolgente. Riuscì a stringerlo a me talmente tanto che per un attimo i nostri cuori si fusero in un unico suono….

Viva più che mai quel giorno, l’adrenalina aveva invaso tutto il mio corpo, ogni singolo  muscolo, ogni singola arteria, vena, capillare…I miei sensi sembravano amplificati…Lunghi interminabili attimi di vita… il cuore pieno di gioia.
I nostri sguardi si incrociarono, ma non riuscì a sostenerne il peso e mi tuffai nel suo petto per proteggermi. Seguì un lungo abbraccio, tenero, intenso.
Era stato così, come lo avevo desiderato, Unico!.
Ripresa da quella miriade di emozioni che mi avevano travolta, destata da un meraviglioso attimo di vita, proposi di andare…
Il piede destro sul primo gradino e sentì una mano sul mio gluteo destro che stringeva forte….
Si bloccò il respiro.

(“Oh cazzo perché lo ha fatto, perché rovinare un momento così meraviglioso con una pacca sulla chiappa, non ci voleva, ha rovinato tutto…”)
L’unica cosa che la mia bocca riuscì a pronunciare: ” Uè e che è”…un sorriso sul suo volto e via… rampa di scale e ascensore.
Troppo presa dal momento vissuto non volli dare peso a quel gesto che in fondo non era altro che un gesto di affetto.
Divenni l’ombra di “Mister C”, non riuscivo a stargli lontana.
La mia momentanea storia “per sempre”. La prima persona dalla quale sentì pronunciare le parole:
“Ti Amo”, alle quali sorpresa risposi : ” Pur je”… su un motorino nel traffico.

Quanta tenerezza, in ogni gesto, in ogni situazione. Quanta ingenuità nei miei pensieri. Non c’era malizia, non c’era necessità di raggiungere alcun obiettivo. Solo la voglia di stare insieme appoggiati ad un muro e baciarci come se fosse la prima volta, tutte le volte.
Era tutto, come dire, pulito e  limpido.
Oggi sorrido guardando una coppia di giovani innamorati, che passeggia per le strade di Roma tenendosi per mano, o mentre si bacia con passione ai piedi del Colosseo. Amo la loro libertà, la loro passione, la tenerezza che vedo e che sento in quei gesti.
La tenerezza delle guancia rosse ad uno sguardo o, ad una carezza in più.
Amo vedere nei loro occhi il mio ingenuo passato.

Raf
Dont’ forget to smile

Buon compleanno “The Sun’s Smile”

Esattamente il 12 settembre di un anno fa ero emozionata davanti al computer, a premere il tasto “Invio”.

Da allora 47 racconti, 47 diversi ricordi, sensazioni sono state accompagnate dal “Sorriso del Sole”

Da quel giorno non mi sono più fermata.

Grandi emozioni e grandi soddisfazioni, per cui “The Sun’s Smile” meritava qualcosa di straordinario, qualcosa che lo rendesse ancor più vivo e reale per il suo compleanno.

Ed eccomi qui di nuovo emozionata come un anno fa, a premere “Invio” sulle mie emozioni.

Ho voluto rischiare ancora, ho voluto mettermi nuovamente in gioco.

Ecco il Video Emozionante ad 1 anno dal mio primo racconto: 

METTERSI IN GIOCO

Raf
Don’t forget to smile

LETTERA ANONIMA – ( liberamente tratta da una storia vera)

 

“Perché mi sono sempre perso in te, quando casualmente passavi.
perché ogni volta che mi avvicinavo anche con un dito ti sentivo,
perché quando eravamo nello stesso luogo, eravamo vicini eppur così distanti,
perché spesso come un ragazzino inseguo i tuoi sguardi nelle foto,
perché mi piaci, mi piaci molto, troppo.
perché speravo che prima o poi mi scrivessi, che avessi voglia di sentirmi..
Ho saputo aspettare ed eccoti qua…tra le mie braccia.
Mi sei apparsa come un angelo, avvolta in un’aura eterea.
I tuoi capelli colore dell’ambra, incorniciano quel viso un po’ stanco, ma tenero.
Il tuo vestito blu come la notte, nasconde e accompagna i movimenti del tuo corpo, il passo fiero ed il tuo mento alto. Il tuo sguardo… regale.
Sinuosa come una sirena ti avvicini, regalandomi un raggio di sole con un sorriso che mi spacca il cuore.

SALLY

I nostri sguardi, il nostro abbraccio, così atteso, desiderato, esplode come una supernova  nella mia anima, concretizzando 4 anni di sogni e di speranze che non ho mai potuto condividere.

Sento il tuo cuore, sento il mio…

Sento l’odore della tua pelle, il tuo petto sul mio, che mi crea una piacevole sensazione di scompiglio.
Sembri così fragile, invece una corazza ti protegge dai fantasmi del passato, un muro invisibile ed impenetrabile, attenta ad ogni mio sguardo, ad ogni mio movimento, ad ogni mio respiro.

Ancora il tuo sguardo nel mio, indaga, cerca la verità…ma cosa c’è in quella splendida mente così brillante, curiosa, energica?
Poche parole le tue, domande che inseguono risposte certe, concrete, ancora il tuo sguardo ora inquisitore.


Sei bella devo dirtelo, sulle tue gote un flebile rossore che conosco bene fa capolino, accompagnato da un timido sorriso.
Non voglio fare l’amore con te, non è il momento, voglio solo sentirti e sfiorarti le mani, respirare i tuoi respiri e coccolarti.
Le tue mani sfiorano il mio viso, dolcemente mi avvicini a te, le nostre labbra si sfiorano… il mio cuore è impazzito, quasi sembra uscire dal petto…
Un bacio, tenero, dolce, romantico, forse adolescenziale, ma che male c’è…
Mi perdo nelle tue carezze.

Certe Notti

Le tue mani sulla mia schiena, ” Morbida” mi dici… e sei tu… anima ingenua, pura.
Il tempo folle, così folle che a volte si ferma a farti attendere, altre volte quando vorresti si fermasse, inesorabilmente passa in fretta, ed è ora di andare.
Ancora dubbi sul tuo viso, ma i tuoi occhi hanno una scintilla, il tuo silenzio è più efficace di mille parole, urla a squarciagola per la mia anima che ascolta.

Mi chiedo se sia giusto o sbagliato, vederti nell’inganno, nel buio della notte, rubando il tempo… non ho una risposta, ma so che ci sono occasioni che una volta perdute continuerò a ricordare con i ” se” e con i “ma ” per il resto dei miei giorni e diventeranno rimpianti, la vita ne è piena, non ne voglio.
Un altro bacio e ciò che vedo è solo la tua schiena… sei distante.
Vorrei che ti girassi per un sorriso… ed eccolo ti giri  mi sorridi e continui a camminare senza mollare il mio sguardo e poi scompari.
Scompari.
Sulla strada verso casa mi accompagna un sorriso e la memoria di attimi vissuti qualche instante prima, la distanza, attimi di passione, brevi in cui ho avvertito la tua paura, le tue incertezze, ma che con grazia e compostezza hai cercato di non lasciar trasparire, i tuoi baci, le tue mani nelle mie.
Ora rimane solo una strana sensazione e la voglia di rivederti presto.

Love is a mistery Einaudi

Raf
Dont’ forget to smile

Favola

L’acqua che scorre dolce tra i capelli, scivola sul mio corpo. Sento ogni singola goccia sulle spalle appesantite da una lunga giornata di lavoro. La luce soffusa, Einaudi mi coccola, il volto si distende…

EINAUDI NUVOLE BIANCHE

L’acqua scivolava in una cascata continua, cadendo in un punto come prestabilito a creare movimento. Un corpo pallido. Le gambe tornite, una gamba puntata a sorreggere il peso, l’addome piatto, gonfio solo ad ogni respiro, la schiena inarcata ad accogliere l’acqua, i lunghi capelli biondi. Un viso dolce, pulito, delicato. Uno scintillio vivo negli occhi. Le mani delicate sottili tra i capelli bagnati. Attorniata da ninfe marmoree che custodivano la sua nudità.
Lo sguardo seguiva ogni gesto, che veniva compiuto lentamente, con cura come se fosse l’ultimo.
La natura sembrava essere in attesa. Il cielo limpido, sgombro da nuvole, l’aria frizzante. Le fronde accompagnate da una leggera brezza in un valzer romantico. Di Tanto intanto una foglia lasciava la sua casa, finiva in acqua e si lasciava trasportare dolcemente dalla corrente, fino ad urtare una gamba e poi l’altra…

Il tempo sembrava essersi fermato in quei gesti, in quelle espressioni di perfezione.
Tutto ruotava intorno a quella immagine.
 
Un passo dopo l’altro, con grazia, si avvicinò al bordo della fontana che l’aveva ritemprata. Due ancelle le porsero la mano per aiutarla ad uscire ed un telo profumato per coprirsi. A pochi passi una carrozza dorata l’attendeva.
Il cocchiere di rosso vestito, con lo sguardo basso, si inchinò al suo cospetto, porgendole la mano per aiutarla a salire.
Il velluto rosso porpora, degli interni della carrozza, riscaldò la sua pelle.
Un colpo di frusta ed i due cavalli bianchi, dalla folta criniera, iniziarono a trasportare la carrozza con cautela sulla strada verso le stanze della grande reggia.
Una lunga scalinata all’ingresso permetteva l’accesso alle stanze.
 
Lei si diresse, accompagnata dalle ancelle, nella camera posta al primo piano. L’ingresso decorato da un arco su cui erano stati posti dei piccoli puttini, poi si attraversava un lungo corridoio di vetrate da cui si poteva osservare la vastità dei giardini. Si soffermò a fissare la sua immagine riflessa nei vetri. La stanza totalmente bianca.
La luce densa rifletteva sulle pareti , sulle tende e sui bianchi decori del pomposo letto a baldacchino, sul quale si accomodò dolcemente, sfilando via il telo e lasciando che le ancelle si prendessero cura del suo corpo con gli oli essenziali.

Un’ombra proveniente dalla finestra, disturbò i suoi occhi. Allontanando le ancelle, tentò di capire l’origine di quello strano gioco di luci.
Il suo sguardo cadde su di uno straniero, non lo aveva mia visto prima, almeno così le sembrava. L’uomo era vicino al suo cavallo, indossava jeans ed una camicia bianca chiaramente danneggiata forse da un lungo viaggio.
L’uomo era di spalle,  robuste, i suoi capelli scuri, con qualche ricciolo che si muoveva ribelle con la leggera brezza.
Non riusciva a vedere il suo viso, i suoi occhi.
Guidata da un impeto che non conosceva, indossò una sottoveste di seta avorio con dei ricami trasparenti sul ventre, una vestaglia in tinta e si precipitò scalza per le scale fino in giardino… ma l’uomo non c’era più si era allontanato con il suo cavallo, riusciva a vedere in lontananza le sue spalle. Senza pensarci ordinò che uno dei cavalli della carrozza fosse preparato per la monta, ed in un attimo era al galoppo…

EINAUDI EXPERIENCE

Attraversò i lunghi viali del suo giardino, un piccolo bosco, un laghetto, seguiva la scia di qualcosa, il cavallo lasciava il segno del suo passaggio, una corsa verso qualcosa di incomprensibile, mossa da qualcosa che non riconosceva le appartenesse ma era lì al galoppo…
Poi finalmente vide quelle spalle e quella schiena…
Con un balzo delicato toccò terra, lasciò le briglie e si diresse verso la ragione della folle corsa…
Ora il suo passo era lento, leggero, il suo respiro contenuto.
Una mano sfiorò quelle spalle, i capelli e poi la mano in quella di lui…fu un brivido, come musica per il suo corpo…

Era trascorsa 1 ora e mezza il cd di Einaudi era terminato da un po’…

Chissà se Lei vedrà mai il suo viso ed i suoi occhi…
Raf
Dont’ forget to smile

Il monte

Il profumo dell’erba, il legno rugoso al tatto, i primi raggi del sole trovavano spazio tra i rami.
Il contatto con la natura, mi rigenera, mi tempra l’anima…respiro lentamente e profondamente…

Eravamo soliti partire all’alba per evitare il traffico dei giorni festivi. Mia sorella ed io, senza alcun attimo di esitazione, giù dal letto in un batter di ciglia. L’adrenalina per una nuova avventura ci regalava nuova energia ed entusiasmo. Caricata l’auto come se dovessimo trasferirci all’estero, (mamma reggeva la borsa frigo, tra le gambe della nonna era sistemato il contenitore azzurro dell’acqua, uno di quelli a mo’ di fontana portatile, negli spazi liberi carbonella, borse con la carne e pizzette di pasta che riempivano la macchina di un profumo meraviglioso, materiale in plastica, tavolino, sedie, plaid ed il pallone che non mancava mai), eravamo pronti.
Tutti in macchina alle 7 del mattino. La vecchia Ford Sierra grigio metallizzato, era la compagna dei nostri viaggi. Gli altri ci attendevano per strada, un ” Buongiorno, Pronti”, si dava gas e via,  partiti…
L’andamento era stabile, in macchina qualche chiacchiera, in sottofondo la radio e dolcemente mi accasciavo sulla spalla della nonna per un breve pisolino. La macchina mi cullava e non sapevo resistere…
Dai finestrini l’aria entrava fresca, frizzante, era un piacere respirarla.
Il clacson interruppe il mio dolce dormire e fu li’ che lo vidi.
Maestoso, imponente, autoritario.

Monte Faito.
Si riusciva ad accedere alla montagna attraverso un percorso all’interno dei boschi, pieno di rientranze e curve. Man mano che si saliva, il paesaggio che si presentava ai miei occhi era fantastico, il golfo in tutto il suo splendore.
L’aria totalmente diversa da quella della città, sembrava che ogni particella del corpo si rinvigorisse ad ogni respiro.
Il percorso durava un paio d’ore e finalmente la vetta.
Un piazzale enorme, all’interno del quale c’era un punto di ristoro, ci accolse, eravamo soliti sostare per esigenze fisiologiche e per dare modo ai guidatori di sgranchirsi un po’.
Il punto di ristoro aveva un terrazzo esterno, dal quale si riusciva a vedere la Croce, il panorama era mozzafiato.
Il Monte dominava totalmente sulla città abbracciando il mare.
La sosta terminò in breve tempo,
Dovevamo trovare il luogo adatto per trascorrere la giornata.
Mentre la maggior parte delle persone era solita scegliere degli spazi ampi pianeggianti, facili da occupare, noi ci divertivamo ad andare all’avanscoperta, di posti nascosti e che non fossero affollati.
Papi di solito aveva il compito di esplorare e trovare il posto adatto, mentre noi attendevamo in macchina. Qualche minuto e sbucava in un angolino su di una collinetta dicendo : ” qui si può stare”.
Da quel momento in poi iniziava una sorta di catena per scaricare tutte le cose che avevamo in macchina. Un po’ come fanno le formiche, tutte in fila in un senso e nell’altro, fino a quando non si gridava : ” Tutto finito, nonna puoi scendere”.
La nonna non avrebbe potuto esserci d’aiuto, per cui aveva atteso che terminassimo di scaricare per poterci raggiungere. L’accesso alla nostra postazione però, non era così agevole. Dopo aver superato una piccola stradina in salita, una parte pianeggiante, bisognava percorrere una salita un pò più ripida, fu un’impresa ardua. Mi posizionai dietro la nonna, la sua corporatura non era esile, mia sorella e mia cugina le tenevano le mani per tirarla davanti, il terreno era umido e la foglie secche rendevano la salita scivolosa.
Spingevo la nonna dal bacino, le ragazze davanti tiravano, la nonna era ferma in bilico, non andava né avanti né indietro, non so perchè ma iniziò a ridere e noi con lei. Rimanemmo sulla salita per 5 minuti, non riuscivamo più a muoverci. Ridevamo talmente tanto che  non avevamo più la forza per togliere la nonna da quella posizione. Papi si accorse della nostra difficoltà e venne in nostro soccorso.
Iniziò il nostro picnic.
Ognuno aveva un compito, le donne preparavano il pranzo ( in realtà era quasi sempre tutto pronto dalle lasagne di zia Marga, ai carciofi arrostiti di zia Dina e varie ed eventuali), gli uomini preparavano la brace.
Noi ragazzi? Vivevamo nella spensieratezza di quel giorno.
Ci avventuravamo tra le steppe alte, alla ricerca di qualche luogo segreto, dove poter inventare storie e viverle come se fossero vere. Andavamo alla ricerca delle more, che amavamo gustare al momento e di castagne, anche se il risultato era sempre scarso, visto la stagione non consona. Adoravo abbracciare gli alberi, immensi, ne ero affascinata. Mi perdevo nel seguire con il dito, all’interno delle piccole fessure della corteccia, animaletti striscianti, che con fare lento si dirigevano verso l’alto, ero curiosa di sapere dove fossero diretti. Mi perdevo in  mille pensieri, volgendo lo sguardo su’, tra gli intersecati rami e le foglie, che creavano particolari giochi con il sole, spostate da una leggera brezza.
Tutto meravigliosamente perfetto.
Adoravo togliere le scarpe, e tenere i piedi nudi sull’erba, provavo un senso di soddisfazione, di libertà.
Mentre sostavo sul plaid, in attesa del pranzo, osservavo ogni movimento, ogni espressione delle persone che amavo.
I loro visi gioiosi, i loro occhi sereni. Ogni piccola ruga sui loro volti, evidenziava i loro sorrisi
Tutto acquistava un sapore diverso, tutto ” sapeva di buono”…
La giornata trascorreva con ritmi lenti, nessuno aveva fretta.
Il sole ci sorrideva cambiando la sua posizione di ora in ora…La quiete, la bellezza in quegli attimi.
Una lunga giornata, meravigliosamente intensa.
Sulla strada del ritorno, in macchina mi addormentai,  felicemente stremata…

Aprì gli occhi ed il mio sguardo finì tra i rami intersecati e le foglie mosse dal vento, il sole giocava con me…
i piedi nudi, l’erba ed un sorriso…

Raf
Dont’ forget to smile

Sogno di una notte d’estate

Dove  lo sguardo si ferma, la mente si spinge oltre, dove è impensabile arrivare, lì dove tutto muore per rinascere.

Respiro a pieni polmoni l’aria piena di vita. Affondo i miei passi nell’impalpabile e tiepida sabbia.

Lascio un segno del mio passaggio breve e profondo, cancellato dal mare per riordinare lo stato delle cose. La brezza mi sfiora la pelle, il viso e mi assale immediato quel senso di libertà assoluta, pura, vera che ti riempie l’anima, il cuore.
Nei miei occhi il riflesso del sole. La sua vastità incomprensibile per un essere umano.
Si appoggia maestoso sulle calme acque, lento, pacato, i suoi tiepidi raggi, diamanti sulla pelle…
Si congeda dai miei occhi lasciando dietro di sé una scia di colori, che facendo invidia al più bello degli arcobaleni, si dirama all’orizzonte, sfuggendo ad ogni sguardo.
Ed è quiete.

Il mare accompagna con la sua danza il lento imbrunire.
Itinerante alla scoperta di giovani emozioni, sul mio cammino anime frizzanti intorno ad un caldo falò…un leggero brusio, un romantico vigoroso fuoco, una chitarra, una birra ghiacciata, dei mignoli che si cercano e si sfiorano tra i granelli di sabbia, respiri affannati, sale tra i capelli, baci rubati e sorrisi che il cielo ricambia, illuminandosi con punte di cristallo, lasciando le menti sognare, fantasticare nella speranza che un sogno diventi reale.
Pensieri liberi, come il mio corpo, leggero, vivo.
E lei è lì, in questi attimi intensi di felicità pura.Sento la presenza, impercettibile.
Ogni piccola particella del mio corpo l’avverte.

La sua magia è la mia energia, che mi accompagnerà in notti calde ed intense, in cui Morfeo non avrà alcun potere. Sarà presente nei miei ricordi, nei miei profumi, sulla mia pelle, nei miei occhi, nelle mie emozioni, nei miei sguardi malinconici, nelle mie follie.

Tutto rinasce.
La luna ritira il suo riflesso dalle profonde acque blu. Il cielo si separa dal mare.
All’orizzonte le prime fioche luci del nuovo giorno. Il sole mostra il suo vigore, la sua brillante luce…
Lei è qui, la mia estate.

E la chiamano Estate

Raf
Dont’ forget to smile

Permanenti attimi di gioia

Attimi di gioia intensa, quel 15 giugno…

La mia giornata andava come doveva andare, trascorsa tra telefonate, organizzazione di due eventi, di uno shooting personale, insomma tanta carne sul fuoco da dover gestire, ma tutto nella norma.
Mi piace essere impegnata ed arrivare la sera stanca ma soddisfatta, consapevole di aver fatto un buon lavoro.
Tra le telefonate di quel giorno, una in particolare ricordo:
“Ami passi un attimo a casa?”
“Ami non posso sono ancora in ufficio e poi devo passare a prendere mia madre in aeroporto stasera, ti richiamo tra 10 minuti”.
“ok ciao”.
La mia amica ed io abbiamo l’abitudine di chiamarci AMI, che sta per Amica, è un modo tenero per “riconoscerci”.
Quel giorno avevo avuto una considerazione del tempo un po’ più ampia del solito. Quei 10 minuti erano diventati due ore. Nell’attesa di recuperare mia madre all’aeroporto, mi ricordai che avrei dovuto fare una telefonata… così la feci:
“Ami perdonami spero di non disturbare”,
“Ma no, devo dirti una cosa”.
Non ebbe modo di parlare, ebbi una sorta di sesto senso, le parole presero forma:
” Sei incinta!” urlai.
Una risata quasi nervosa, poco fiato nel rispondere in maniera positiva alla mia asserzione.
Aveva semplicemente fatto il test.
L’innocenza e l’ingenuità, l’insicurezza nei confronti di una nuova realtà,
traspariva dalle sue parole. Mi chiedeva conferma su qualcosa di perfettamente evidente, la foto che mi aveva inviato del test di gravidanza, era palese. Le linee rosa predominavano su di una base rettangolare bianca.

La gioia prese il sopravvento. Sentire la sua emozione mi catapultò in un mondo passato, già vissuto. Appena ventenni quando tutto iniziò con una stretta di mano, un sorriso, il primo abbraccio, un letto con il soppalco preso all’ Ikea, chiacchiere diventate confidenze, i cereali alle 4 del mattino, un materasso come divano in una cucina che la casa dei puffi era più spaziosa, i riassunti per un’esame incomprensibile, le lacrime versate, tante, per tutti i sacrifici, le delusioni, la laurea, le risate a crepapelle senza un reale motivo, la spensieratezza, la certezza che i nostri sogni prima o poi si sarebbero realizzati. Poi le decisioni e le scelte costrette, la lontananza fisica…il susseguirsi di eventi….e di nuovo noi..
Ascoltavo la sua voce vibrante, incerta, incredula e la vedo su quel letto a soppalco con un libro aperto che tormenta il suo ombelico.
La sua felicità era la mia.
Mentre ascoltavo la sua gioia, non espressa del tutto, per paura di un’illusione che avrebbe potuto ferirla profondamente, una lacrima di gioia spontaneamente decise di poggiarsi sulla mia guancia, necessitava di esprimersi, di essere presente in questo momento prezioso, non feci nulla per trattenerla, la nascosi, ma lei era li.
” Bene domani vengo con te a fare gli esami”.
Riagganciai ed ero felice, lo ero davvero. Rientrata a casa sorridevo, inebetita dalla notizia.
“Cazzo diventerà mamma”.
Ore 6.15 la musichetta odiosa del mio Samsung s sei edge mi comunicò che era ora di alzarsi.
In testa con ciò che era accaduto il giorno precedente…fui pronta in un baleno.
Un abbraccio, quando la vidi, espresse tutto ciò che non avrei saputo dirle.
Ero lì per lei, con lei in questa nuova avventura.
L’esito degli esami tardava ad arrivare e lo stomaco non era felice di questo. Sapevo che tutto sarebbe andato per il meglio, ma come da tradizione per tutte le cose importanti che sono successe nella mia vita..l’attesa sembrava lunghissima ed estenuante e la mente ebbe troppo tempo e troppo spazio per creare e disfare cose…
Ore 14.00  finalmente l’esito degli esami.
Una telefonata ed un’esplosione di gioia, confermano che un’altra vita è  pronta per saltare giù in questo matto mondo.
Il mio cuore era impazzito, il mio viso parlava senza emettere un suono, le mie colleghe percepirono la mia felicità.
Il pomeriggio un lungo sospiro e la serenità non tardò ad arrivare, nei miei occhi tanti ricordi  WOW!…Ricordi sparsi nella mia mente.
Un messaggio inatteso mi rese la persona più importante del mondo:
Grazie Amica sei sempre con me nei momenti importanti”.
Per questo non smetterò mai di sorridere.

Raf
Dont’ forget to smile

Social NO + 1

Tutto molto semplice…
In un passato remoto, quando credevo che fosse impossibile fare nuove amicizie, la tecnologia mi dava supporto. Facebook mi diceva ogni giorno che Tizio ed io eravamo amici “Scrivi qualcosa sulla bacheca di Tizio” e che Caio mi stava seguendo.Twitter mi consigliava una nuova persona da seguire. Instagram  mi avvisava che qualcuno aveva messo un cuoricino al mio egocentrico primo piano.
I social mi  hanno tenuto compagnia, per un po’, ma avevo bisogno di confronti diversi. Non potevo farmi bastare messaggi di saluto senza poter guardare negli occhi una persona, senza sentirne la voce, insomma era davvero deprimente. Un giorno durante l’ora di pranzo, comunicai alle mie colleghe quanto fosse difficile oggi fare nuove amicizie, tutto era cambiato da quando, in un bar, un tipo qualsiasi si avvicinava e con garbo mi offriva da bere, iniziando una normale conversazione, una conoscenza.
E’ diventato praticamente impossibile, nessuno si guarda più, tutti presi dai loro telefoni”
” Scarica Tinder”! disse la mia collega.
(Tinder è un’applicazione che ti permette di interagire con un ‘altra che ti piace tramite un match.)
“Come si dice , fatto 30 facciamo 31, visto che il mondo va in questa direzione mi adeguerò.”
Detto, fatto, in un attimo avevo scaricato un nuovo social. Il meccanismo era semplice.
Tanti profili e foto da scorrere sulle quali potevo cliccare un cuore, per le foto che mi piacevano, oppure una X per quelle che invece non avevano attirato la mia attenzione. Il gioco però non era finito li’, non potevo comunicare con nessuna delle persone cliccate se loro non avessero fatto lo stesso con le mie foto, ed ecco il “Match”.
Il riscontro era abbastanza buono.
Iniziai a chiacchierare con un po’ di persone, tramite chat ovviamente, fino ad organizzare il primo incontro.
Non sapevo cosa aspettarmi, per cui dettai io le regole:” Ci vediamo al pub vicino al mio ufficio”, così se mi fossi accorta di aver a che fare con un maniaco o un personaggio strano, ero in zona protetta.
Vidi il mio “Tinder” da lontano, ovviamente diverso dalle foto:” Che mi importa, anche io non sono uguale alle foto, sarà una persona interessante”, pensai.
Giovane avvocato depresso. Un bradipo nell’esporre argomentazioni. Aveva già avuto appuntamento tramite questa chat, ma aveva trovato una ragazzina che gli aveva richiesto 5 euro di ricarica, questa cosa, dopo aver focalizzato il tipo, non so perché non mi aveva sorpreso. Non mi fece nessuna domanda. Parlava, parlava, parlava.
Cercai di essere carina e di ascoltarlo, ma la sua vita vissuta nel pessimismo cosmico era troppo diversa e distante dalla mia, dovevo andarmene assolutamente. Mi alzai, ringraziai e senza voltarmi indietro arrivai al motorino dove finalmente scrollai via la negatività di quel tizio. Non volevo abbattermi. Almeno avevo avuto l’occasione di guardare negli occhi una persona…già…
Da quel giorno incontrai altre persone, alcune totalmente vuote, altre logorroiche, alcune carine ma dopo avermi cercata spesso, sparivano. Non mi sono mai soffermata su cosa avessi fatto per farli sparire, ma su cosa NON avessi fatto e la risposta facilmente intuibile.
La ciliegina sulla torta arrivò con un fantastico irlandese, bel tipo, sveglio, con il quale avevo avuto modo di conversare al telefono, mettendo in pratica così il mio fantastico inglese. Pensai che finalmente avevo trovato una persona interessante. Ben presto però le mie convinzioni sfumarono davanti ad una foto a petto nudo ed in mutande di lana, boxer bianchi tendenti al giallastro a mezza gamba con bottoncini, il membro ben in evidenza, seguiva invito nell’albergo in cui alloggiava.
Stop, io ho provato a seguire la corrente ma in questo modo non può proprio funzionare.”
Mi rimisi in sesto dando una festa a casa mia con un po’ di vecchi amici, invitai anche una mia vecchia conoscenza Sergio Fabi, giornalista cinematografico e mio caro amico. Quella sera ci divertimmo tantissimo. Musica, cibo e gente giusta.
Qualche tempo dopo, proprio Sergio organizzò un gruppo whats app con le persone scelte direttamente da lui. Ebbi l’onore di essere inserita, in qualità di “vice direttrice”.
Ho riscoperto il piacere di usare un social. Persone che non si conoscono parlano di tutto, da argomenti delicati a quelli più frivoli e divertenti, senza cadere negli eccessi che storpiano ogni cosa.
La chat dopo qualche tempo si è evoluta.
Sergio probabilmente divertito dalla serata piacevole trascorsa a casa mia, mi spiega che sarebbe stato carino organizzare delle feste con gli amici della chat: “idea meravigliosa” gli dissi.
La macchina Fabi si mette in moto selezionando persone del gruppo e da’ vita ai Party No+ 1.

Party ai quali possono partecipare solo gli effettivi invitati senza accompagnatore, amica o altro. Iniziativa che mi ha permesso di superare un po’ di timidezza e conoscere tantissime persone, senza il fardello di un accompagnatore/trice che al momento meno opportuno decide di voler abbandonare la festa o con la quale sei costretta a parlare tutta la sera senza riuscire ad inserirti nel mood del Party.

Ormai è una macchina ben oleata. Tutte le feste sono a tema con sorteggio di gadgets curiosi in ricordo della serata, giochi e tanto divertimento.

Ho la possibilità di confrontarmi con persone sane che non mi giudicano solo dalla foto di un profilo, posso sorridere con loro. Finalmente posso guardare le persone negli occhi, nessuna di loro ha la testa china su di un cellulare a controllare le notifiche.

Ho riscoperto quel piacere… il piacere di condividere, di sperimentare, di giocare, senza nessuna maschera, senza nessun social dietro il quale nascondermi. Queste feste sono un toccasana in un’epoca in cui tutto è virtuale.
Dove le persone non sono più tali ma semplici profili o status. Si può interagire, senza dover usare i tasti di una fredda tastiera di un computer o quella di un cellulare super intelligente. Si puo’ essere in contatto senza essere on-line, si può emozionarsi senza usare delle emoticon che lo fanno per te. Adoro i social sono il futuro, ma preferisco il contatto reale.
Siamo al Party No + 1 numero 14, ormai sono diventati un “Must”, lo dicono anche Laura e Silvia Squizzato nel loro Blog ” Doppia vita”, ed io ne faccio felicemente parte.
Raf
Dont’ forget to smile

Wana Wana

Una splendida giornata di sole a C.mare di Stabia.
Mi piace tornare a casa ed essere accolta dai monti, che con la loro maestosità mi salutano con un inchino in città. Il vento ed il mare complici al mio arrivo. Il vento smuove le acque che emanano quel profumo, che si muove tra i palazzi, nelle strade, il profumo che ti inebria e ti fa sentire viva.
Intorno gente che corre a destra e a manca, impegnata a fare questa o quella commissione. Al bar un gruppo di vecchietti discute animatamente, politica? calcio? non saprei ma è un argomento che sta loro a cuore, tra un ” E Capit e chist è o fatt” e ” Chill ten e corn” passa sempre un tiro di sigaretta accompagnato da un caffè bollente.
I mercatini gremiti di persone a cercare  l’occasione del giorno, il pesce fresco. La frutta per la nonna si compra da Armando, ci pensa lui, tutto ad 1 euro. Chiedi un kg di mele e vai via  anche con limoni, insalata e banane, da Armando la generosità e la qualità sono di casa, la gente apprezza la sua gentilezza e se non si ha necessità di comprare nulla, non importa:”Buongiorno Armando ci vediamo domani agg ia pija a scarol” ( Buongiorno Armando ci vediamo domani, devo prendere la scarola).
La maestosa struttura che mi aveva accompagnata per 5 anni, nel percorso più importante della mia vita, ora è diventata, ai miei occhi, un semplice palazzo ” Liceo classico Plinio Seniore”. Un gruppetto di ragazzi sosta all’ingresso con quel vocabolario che ha messo a dura prova la muscolatura della mia schiena, “IL” vocabolario da cui mi aspettavo di trovare suggerimenti o pezzi di versione tradotti, visto il prezzo ed il peso, si limitava a darmi singoli significati, l’ho odiato, ma ora non era più affar mio…mi ritrovavo però negli occhi di quelle giovani ragazze che con lo sguardo smarrito chiedevano conforto ed un confronto con il secchione di turno, che sebbene avesse finito con 15 minuti di anticipo sulle due ore  stabilite, non aveva avuto il tempo di passare la versione, perché… perché… non l’ ho mai capito.
Le strade intorno al liceo erano state consumate dalle suole delle mie scarpe ogni giorno per 5 anni, anche quando non era giorno di scuola, con gli amici l’appuntamento era ” NCopp o liceo” (davanti al Liceo).
Il traffico in questa zona è sempre presente, i motorini contribuiscono al caos, inserendosi da ogni lato della strada, fermandosi poi dal tabaccaio.” Eugenio” che una volta era un semplice tabacchi adibito alla vendita di sigarette e qualche caramella, ora è diventato anche un centro scommesse, che governa su Piazza Spartaco.
In questa piazza cuore della città ho visto cambiamenti continui. La ” Standa” diventata prima un “Pam” ed ora un immenso negozio acquistato da cinesi. I semplici bar diventati sale da the. Tonino “O pescator” e Nando “re frutti e mar” sono ancora da anni un punto di riferimento per acquistare il pesce fresco a buon prezzo, ma qualcosa qui è cambiato…
manca proprio un pezzo.
Anche l’odore nell’aria è diverso…
Quell’angolo  è vuoto!
Il carretto di WANA WANA non c’è più.

Vestito in bianco, berretto da chef, grembiule, baffetto messicano era Vincenzo Amore.
Vincenzo aveva un carretto ambulante dove friggeva pizzette, panzerotti ed i famosi sgagliozzi (pezzi di polenta fritti), il profumo delle sue fritture riempiva la piazza, ed era impossibile non rispondere a quel richiamo…
Ormai era un’istituzione a Piazza Spartaco. I suoi panzerotti, che oggi chiamiamo Street food, donavano un senso di appagamento e se avevi trascorso una brutta giornata scolastica, le pizzette di WANA WANA ti ridavano il sorriso.
Ero piccola quando lo vidi per la prima volta e assaporai le sue pizzette.
Ero incuriosita da quel personaggio dal viso dolce ma di corporatura possente e da quel carretto che magicamente sfornava del cibo delizioso, quel nome WANA WANA cosa significava? Mia madre non era solita comprarmi del cibo per strada, ma quella volta fece un’eccezione.
Questo simpatico grosso uomo alla quale mia madre chiese ” Un cuppettiello misto“, aveva una certa destrezza con la paletta.

Il profumo della frittura era fortissimo, i sensi diventavano più acuti.
Vincenzo dapprima immerse i panzerotti crudi nell’olio bollente, poi prese un foglio di carta di quelli che si usano in salumeria, donandogli una forma di cono, all’interno del quale avrebbe poi appoggiato la frittura pronta. Trascorso qualche minuto, raccolse i panzerotti dall’olio, lasciò che l’olio in eccesso scivolasse via per qualche minuto e poi ripose il tutto nel cono di carta.
” Ecco fatto Piccire’” e mi consegnò ” o cuppetiell” ripieno di cose meravigliose.
La frittura dorata, fumante, croccante.
I panzerotti con il cuore morbido ed il prezzemolo che donava all’impasto ancora più sapore.
Vincenzo però, se nei periodi freddi ci riscaldava il cuore con la sua frittura, in estate trasformava il suo carretto in punto di rinfresco con le sue granite, esclusivamente fatte con il limone fresco.
Era una costante.
Ecco cosa mancava, quella costante.
Quel carretto non c’è piu’ a Piazza Spartaco.
Quell’ angolo è rimasto vuoto. Nessun altro carretto, nessun altro negozio, nessun cinese, potrà mai riempirlo. Wana Wana ora frigge pizzette lassù…chissà…

Raf
Dont’ forget to smile