IL TEMPO – PARTE 4

Il sole filtra le tende e raggiunge le mie palpebre socchiuse, raggiunge la pupilla e proprio come la fibra ottica imprigiona i fasci di luce e trasporta informazioni, così il sorriso del sole mi porta a ritroso nel tempo..ed ecco i ricordi riaffiorare e la voce dell’uomo senza volto riprendere il suo racconto, voce calma e pacata..

Arrivati ad Atripalda (questo il nome del paesino dove vivevano i miei zii) ad Avellino, svuotata l’auto da valigie e leccornie romane,  dopo qualche ora di assestamento e assegnazione delle camere ( io avrei dormito con le mie cugine), arrivano parenti per i saluti di rito.. Tu poi sei napoletana sai come vanno queste cose.

” Annuisco e sorrido “

Zio Pinuccio, nome di battesimo Giuseppe, era il primo sempre, ogni anno, lavorava la terra e aveva del bestiame a cui badava, e le uova fresche al mio arrivo erano un “must”:” T’agg purtat l’ovett fresco fresco cosi’ domani la zia te lo fa sbattuto, eh  quann to mang a Rom accussi’ eh giovanotto?”, poi si rivolgeva a zia “Ma raccumann miettc nu cucchiar e zuccr, ven na crem”. ( Ti ho portato l’ovetto fresco fresco così domani zia  telo prepara sbattuto eh quando lo mangi un uovo così – mi raccomando metti un bel cucchiaio di zucchero vine una crema).

La zia era una vera esperta quindi era abbastanza infastidita dalle raccomandazioni di zio Pinuccio.

 Devi sapere che in questi paesini le distanze erano veramente brevi, diciamo che la famiglia era tutta dislocata nei dintorni, quindi se zia Annuccia aveva preparato la parmigiana per cena, la ritrovavi davanti alla porta con le ciabatte, il grembiule e la riconoscevi subito dal modo in cui suonava il campanello: ” Ue’ eccomi, agg fatt a parmigian po uaglion, e chill quann sa mang a Rom na cosa accussì”.

Ad Atripalda non si aveva una buona considerazione di Roma, almeno non si credeva che era possibile acquistare anche lì del cibo, ma non mi importava ero in vacanza e adoravo tutte quelle attenzioni, tranne i pizzicotti vigorosi sulle guance da parte di zia Rita, era un dolore pazzesco e la guancia rimaneva rossa per ore.

Il giorno dell’arrivo terminava poi così, tra il viavai di zii, cugini e pietanze, chiacchiere e ricordi, ed i gossip di quartiere, che adoravo in particolar modo, anche se non sapevo di chi si parlasse esattamente. Zia Rita era sempre quella più informata, e quando doveva comunicare una notizia, saputa per caso, aveva sempre lo stesso iter, si sedeva con le gambe un po’ aperte, forse quella posizione era dovuta alla sua stazza che non era proprio longilinea, si piegava in avanti e con un filo di fiato:” Comunque ca o’munn gir tutt o’ cuntrarj” In questo modo riusciva ad attirare l’attenzione di tutti  e continuava “A’ Signora Ninuccia, quella del palazzo di fronte, me ritt che la figlia della signora Tonia, chell ca tien a’ salumeria, ha fatto la fuitina… eh mo’ sta incinta, tu hai capit un poco” e le rispondevano ” Uh mamma mia ma quella è una ragazzina, chella povera signora Tonia, sta figlia quanto dispiacere le ha dato”.. Le chiacchiere gossip continuavano, con interrogativi sul sesso del nascituro, quanto tempo mancasse al parto, dove avrebbero vissuto i due giovani innamorati e sopratutto chi avrebbe dato loro sostegno. A quei tempi erano veramente “gossipponi”. 

Un sorso di Guinness  interruppe il racconto dell’uomo senza volto e ricordo di aver detto qualcosa del tipo: ” Anche a C. Mare un tempo queste notizie facevano scalpore, altri tempi, per fortuna oggi non esistono più, o almeno non come prima, o almeno non che io sappia” ed una fragorosa risata si estese sul mio volto… ” Dimmi poi hai saputo come è andata a finire questa storia?”

“Nei giorni avvenire, si susseguirono varie voci di corridoio, che la figlia di Tonia avrebbe avuto due gemelli, che il compagno era scappato in America con dei soldi che aveva risparmiato facendo il macellaio, e che la povera giovane avrebbe vissuto con la madre”.

Ed é stato così? chiesi incuriosita.

No, i due poi si sposarono, lui continuò a lavorare come macellaio, presero una piccola casetta accanto alla signora Tonia, ed ebbero una figlia che chiamarono Tonia.

Insomma il mio arrivo era sempre una festa per tutti e anche per me… Andai a coricarmi, stanco con una guancia violacea, ma felice perché la settimana seguente avrei accompagnato zio a lavoro…

Il tono della sua voce era ricco di entusiasmo, ma quanto avrei voluto vedere i suoi occhi o qualche espressione del suo viso… continuavo a mantenere la concentrazione ed essere focalizzata su quei ricordi.

To be continued

The Sun’s Smile

 

 

 

IL TEMPO

IL TEMPO – PARTE 2

IL TEMPO – PARTE 3

LA NOTTE DELLE STELLE

La Notte di San Lorenzo ha una storia che intreccia astronomia, religione e antichità: la tradizione delle stelle cadenti ha origini molto antiche e solo più tardi fu associata al martirio di San Lorenzo. Secondo la leggenda infatti, il giovane diacono Lorenzo fu arso vivo su una graticola, i cui carboni ardenti furono associati al fenomeno delle stelle cadenti, chiamate anche lacrime di San Lorenzo. Oggi però sappiamo bene che quelle che vediamo sono le Perseidi, uno sciame meteorico proveniente dalla Costellazione di Perseo. Tanto è stato dedicato a questo fenomeno.

 A questa notte così fantastica Angelo Tropiano dedica le sue parole

 

Il SENSO DELLE STELLE CADENTI

Le stelle sono come le persone. Nascono, invecchiano, muoiono. Ma lo fanno in modo grandioso. Nello spazio stellare tutto è uno spettacolo, un fuoco d’artificio, un’esplosione di stupore.
La nascita di una stella è come una magia. Polveri cosmiche si attraggono e per incanto, o forse per amore, creano quei punti luminosi sospesi nella notte.
E poi le galassie: ammassi di stelle che danzano. Certe notti sembra anche di sentirla, la melodia su cui ballano le stelle.
E le stelle sognano, nella notte, sognano per noi. Stelle cadenti, che da sempre accarezzano i desideri degli uomini. Stelle che si lanciano nel vuoto per sognare e farci sognare.
E le stelle viaggiano, per le strade del cosmo, stelle comete, vanitose vagabonde per le galassie, in cerca di un destino. E un significato.
E vogliono vivere, le stelle, non vogliono morire. Illuminare e riscaldare tutto l’universo, fino all’ultimo angolo di spazio e l’ultimo istante di tempo.
E quando le stelle muoiono, lo fanno in grande stile. L’esplosione di una supernova emette più luce di tutta la galassia messa insieme. È come se una persona che muore potesse, per un solo attimo, gridare più forte di tutta l’umanità.
Stella cadente, esprimi un desiderio: morire come una supernova.
Le stelle però non gridano. Nello spazio è solo silenzio.
E anche noi siamo stelle. Anche noi nasciamo dalla polvere, danziamo su quella melodia che chiamiamo vita, e sogniamo quando ci lanciamo nel vuoto, e viaggiamo in cerca del nostro destino. E di un significato. E vogliamo vivere, non vogliamo morire, vivere fino all’ultimo passo, fino all’ultimo istante. E se potessimo, morire come una supernova o una stella cadente.
Stelle cadenti, rocce venute dalle profondità dello spazio, chissà da dove, chissà da quando, per dare inizio a una serie di reazioni chimiche del tutto improbabili fino a creare noi. Dalla polvere cosmica portata dalle comete. Perché anche noi, come le stelle, siamo nati per incanto. O forse per amore.
Ed è proprio questo
il senso delle stelle cadenti.

 

Ed ora cosa aspetti …. 

occhi al cielo ed inizia a sognare…

io lo farò….

 

The Sun’s Smile

Raffaela Anastasio

IL TEMPO – PARTE 3

Il racconto continua fluido, in quel locale una musica accompagna le parole di quel racconto minuzioso e appassionato…

Il mio cervello si mette in moto, come un motore di ricerca… ecco trovato ” Love of my life” i miei adorati Queen.

I miei ricordi ora si focalizzano nuovamente sull’uomo senza volto.

Tutte le volte che si affrontava un viaggio cosi’ lungo, era veramente uno spasso, sai non c’erano telefonini, non c’erano videogame tascabili, per cui o dormivi e rinvenivi alla prima sosta all’autogrill per andare alla toilette, oppure rilassato sullo schienale dell’auto ammiravi fuori dal finestrino le nuvole. Ma come non lo hai mai fatto? Allora era il mio passatempo preferito, a dire il vero anche l’unico interessante. Ti spiego.

Da bambini si ha tanta fantasia, non come adesso che per qualsiasi ricerca o ispirazione si chiede a google, per cui quando la noia del viaggio si faceva sentire, puntavo gli occhi al cielo alla ricerca di una nuvola che potesse interessarmi, allora, dopo averla  individuata, appoggiavo la bocca sul finestrino, alitavo per creare una sorta di brina, con il dito indice iniziavo a designarne i contorni.  Ripetevo l’operazione più volte, ed ogni volta veniva fuori un disegno diverso, da un maialino con la pancia ondulata, ad una farfalla con le ali drappeggiate. Dovevo essere rapido nel disegnare, più ci allontanavamo dal punto in cui avevo visto la nuvola, più diventava difficile disegnarne i contorni, fino a quando usciva  dal mio campo visivo e puntavo ad un’altra nuvola. Il viaggio in questo modo era piu’ divertente come se viaggiassi in compagnia di tanti amici ed il tempo scorreva rapido, almeno fino all’autogrill.

Un sorso di birra ed un sospiro.

Lascio per un attimo la penna sulla scrivania, le mani nei capelli per allontanarli dal viso, qualche  movimento per rilassare il collo, che ovviamente emette scrocchi strani, le mani, palmo contro palmo, tornano davanti alla bocca, è faticoso molto…

Decido di prendere una pausa da quella ricerca, è tempo di cambiare aria, e postazione.

Mi dirigo verso la poltrona che ho sistemato sul balcone. E’ accogliente, non lo ricordavo, (la quarantena mi ha fatto riscoprire cose che non pensavo) Resto lì immobile con gli occhi fissi nel vuoto.

Bambino

retrobottega

Fumetti 

Le tre paroline magiche che avevano smosso il ricordo…continuavo a ripeterle e ancora e ancora…

Silenzio. 

Respiro.

Il battito del mio cuore.

Gli occhi socchiusi accarezzati dal sorriso del sole…e riprende il viaggio.

 

to be continued

The Sun’s Smile

Raffaela Anastasio

 

 

IL TEMPO – PARTE 2

La penna scivola veloce sulla carta, come per paura di perdere qualche dettaglio prezioso, un fiume che scorre verso il mare e porta con se ogni cosa…

Mi immergo totalmente in quel ricordo…

  • retrobottega
  • bambino
  • fumetti

Le immagini sono sfocate all’inizio, gli occhi della memoria viaggiano all’interno della mente, scrutando gli angoli reconditi della mia vita passata, per scovare ciò che mi serve, ma la ricerca sembra non condurre ad un mio ricordo ma a quello di qualcun altro…

I miei occhi puntano la birra fredda sul tavolo, a giudicare dal colore scuro e dalla schiuma spumosa si direbbe essere una Guinness, seguo con lo sguardo una gocciolina di quella schiuma che scivola lenta, percorrendo tutto il bicchiere fino ad approdare sul tavolo… ” Ecco le patatine”  la voce di un gentile ragazzo interrompe quel trip.

Alzo lo sguardo, ringrazio con un sorriso, e poi un’altra voce attira la mia attenzione, mi giro.

Proprio come succede nei film, in cui la telecamera indugia prima sui particolari, così i miei occhi indugiano prima sulle mani che tentano di prendere le patatine dal cestino, mani grandi, pulite, al polso sinistro un orologio importante, polsini della camicia ben stirati,  braccia lunghe, al collo una collanina d’oro, c’ è un ciondolo ma non riesco a vederne la forma coperta dalla camicia, poi il suo viso.

La memoria mi fa scherzi è sicuramente un uomo, non ne distinguo l’età, i contorni del suo viso sono offuscati.

Riprendo il viaggio nella memoria i miei occhi continuano a fissare l’uomo senza volto. 

Possibile che possa succedere? Mi chiedo, mentre i miei ricordi continuano ad affiorare, come sia possibile che io possa al momento ricordare tutti quei particolari e non vedo il volto del mio interlocutore. Se succede, mi dico, è possible.

I miei occhi ritornano sull’uomo senza volto, e mi parla, mi parla di qualcosa…

Nella mia mente gli occhi guardano in ogni angolo, in ogni cassettino dei ricordi, in ogni archivio, ricordo il suono di quella voce… 

“Adoro le patatine tagliate in questo modo è come se mantenessero ancora di più il  loro sapore”  

Annuisco,

Allora dicevamo, che quando ero piccolo, i miei genitori mi facevano trascorrere le vacanze dagli zii, in un paesino di campagna ad Avellino, le vacanze estive erano lunghe, mio padre aveva una bottega come barbiere, mia madre doveva stare dietro agli altri due fratelli, per cui io ero quello piccolo e sacrificabile. Ti devo confessare che inizialmente mi sentivo sempre escluso dalle cose di famiglia, un po’ Kalimero, piccolo e nero, invece ho tratto i miei vantaggi da quelle vacanze, e ho dei ricordi meravigliosi che ancora custodisco,

I miei occhi fissano l’uomo senza volto, il tono della voce è gentile, e capisco che ha piacere nell’esporre quei ricordi, ha piacere nel condividerli. Il suo racconto è calmo, pacato, accompagna le parole a qualche sorso di birra, e a qualche respiro nostalgico di un tempo che è stato…

 

 

To be continued

The Sun’s Smile

Raffaela Anastasio

 

 

 

IL TEMPO

Sembra pazzesco come ne avessimo bisogno, non ci siamo mai fermati, abbiamo continuato nelle nostre vite frenetiche e turbolente, ma poi eccolo…il tempo ritorna nelle nostre mani e siamo spiazzati, non ne avevamo mai avuto così tanto.
Dapprima l’esclamazione “ oddio ed ora cosa faccio”, perché l’idea di non avere il tempo scandito in ogni minuto della giornata non era mai stata una nostra valida opzione.
Ma poi la mente rallenta e con esso il nostro respiro ed il nostro corpo.
Tutto si ferma.
Improvvisamente ti accorgi di avere una casa e non solo un letto dove lanciarti subito dopo un’intensa giornata di lavoro e di mille altre attività.
Ti accorgi di avere un balcone sul quale in qualche epoca remota avevi adagiato una poltrona, forse per rilassarti ed ora ti ritrovi a curiosare nelle finestre aperte, nei cortile del piano terra, ascolti rumori, voci, telefoni che squillano, bimbi che piangono, un pallone da basket rimbalzare sul pavimento, il vento, il cinguettio degli uccelli, un uomo in accappatoio….
Ti ritrovi a girovagare, scoprendo cose che non pensavi…
Alzi gli occhi al soffitto, e scorgi negli angoletti piccole famiglie di ospiti che si crogiolano alle tue spalle, al riparo dalle intemperie esterne, e solo ora comprendi da cosa erano state causate quelle piccole bollicine che ti davano fastidio sul braccio…
Poi come un miraggio…
Ops hai anche una cucina, e porca miseria i fornelli funzionano e quel ticchettio che da vita alla fiamma quasi ti emoziona e sorridi… 
Cinquanta giorni alla scoperta di cose… e di te stessa.
Come cenerentola, una di quelle mattine che trascorri dedicandoti ad igienizzare casa, perché il nemico è in agguato, lo swiffer si infila tra i libri asportando la polvere, lì i miei diari.
Il tempo è dalla mia parte ora…

Accovacciata dietro al divano , come quando ero bambina, come per nascondermi da occhi indiscreti ( da sola, ma mi piaceva quella sensazione di protezione in quel momento), non lo facevo da quando mia madre me li aveva consegnati a Roma.
Ho iniziato a sfogliarli, a sentirne il profumo…

Ogni pagina, un ricordo…
Nel mezzo della Smemoranda del 98 c’era un foglio che faceva capolino, ovviamente non ricordavo che cosa fosse e c’ erano degli appunti, quasi presi in maniera veloce, ecco, delle note con delle parole chiave:
bambino
retrobottega
fumetti
Un’immagine improvvisa mi riportò al momento esatto in cui avevo preso quegli appunti, sul mio viso sentì apparire il calore di un sorriso, dolce, come il momento che avevo vissuto.
Cerco di rimettere insieme i pezzi degli appunti, le immagini che avevo in testa…

E inizio a scrivere…

 

To be continued…

The Sun’s Smile

ARMANDO – IL BARBIERE DI MOZART

Quattordici febbraio, il sorriso del sole splende in questo giorno dedicato all’amore in tutte le sue forme.

Concordo un pranzo al volo con Fabri, un ristorantino carino, vegano, i profumi ed i colori del buffet, regalano ancor di piu’ buon umore.

Dopo esserci confrontati, su lavoro, famiglia, ed esserci aggiornati sulle attività che avremmo fatto nel weekend, la suoneria di un cellulare attira l’attenzione di Fabri…

” Carina vero?” 

e lui…” Eh si”..

Quel “si ” aveva un quid di malinconico, i suoi occhi iniziano ad allontanarsi da quella conversazione, dal quel luogo…puntano il vuoto…forse un ricordo nella sua mente sta facendo capolino.

” E quindi?”, tento di riconnettermi con lui, ” bene, dimmi qualcosa che no so ” gli chiedo.

Ho avuto la sensazione come se non aspettasse altro che gli rivolgessi quella domanda, e con il suo bel “vestito da riunione”, si protrae in avanti, appoggia i gomiti sul tavolo e con un sorriso mi dice:

” Sai Raf mio nonno era un melomane. Era anche un barbiere, un bravo barbiere. Entrare nella sua bottega significava essere catapultati in un meraviglioso mondo melodico il cui sottofondo si accompagnava al ticchettio incessante della forbice. Talvolta sembrava quasi andare a tempo. Un antico registratore rimaneva acceso per ore riproducendo famose arie, registrate a più riprese nelle lunghe afose serate estive, quando la solitudine casalinga offriva solo cene frugali e telefonate a gettone di mia nonna che chiamava dalla cabina centrale del paese d’origine al centro della Ciociaria.

Immersa nel racconto, vedo la bottega, vedo suo nonno che lavora…il ticchettio della forbice scandisce il tempo…ora.

I clienti sapevano che il martedì era dedicato a Verdi, il mercoledì Rossini, Bellini e Leoncavallo, il giovedì tornava Verdi e qualche autore d’oltralpe, come usava dire, ma il venerdì invece c’era Mozart! Era il giorno che preferivo. Il venerdì non si mormoravano arie come “e lucean le stelle” , non si canticchiava a labbra serrate “questa o quella…”, c’era solo la musica, c’era solo Mozart!
Mio padre lavorava in centro, vicino alla bottega di mio nonno, ed io, quando iniziava la stagione calda, quasi tutti i venerdì, ormai adolescente, chiedevo a mia madre di aspettarlo all’uscita della Banca, insieme a mia sorella che veniva trasportata nel suo passeggino “inglesina” dalle ruote bianche bicolore. Abitavamo poco distante, tra io rione Monti e l’Esquilino e il venerdì l’aria del pomeriggio sembrava più leggera, portava con se il riposo del sabato, almeno per alcuni. Non andavamo ogni santo venerdì, ma quando questo accadeva il tragitto cha va da Via Carlo Alberto a Piazza del Parlamento mi sembrava infinito. Si partiva alle 16.00 dal portone di casa, al numero 24 e dopo i consueti saluti dei due tre negozianti di rito le tappe salienti erano Santa Maria Maggiore, il Teatro dell’Opera, poi Via Nazionale, la faticosa Via Quattro Fontane ed infine la lunga discesa di Via del Tritone fino a Piazza San Silvestro, dopo aver strizzato l’occhio a Piazza Barberini.

Le sue parole mi portano in quei quartieri di Roma, sono con lui lo vedo bambino.

Era una lunga passeggiata che presagiva in me due ricompense, il gelato che mio padre ci avrebbe offerto da Giolitti e il passaggio nella bottega di mio nonno. Mio padre poi ci avrebbe riportato a casa con l’autobus, il 71 che prendevamo a Piazza San Silvestro e lasciavamo a Via Rattazzi verso le 8 di sera. Era il tempo in cui sugli autobus v’erano ancora i bigliettai e il costo della corsa, ricordo, era di 50 lire e i biglietti erano arancioni di una filigrana leggera. Di solito rimanevamo in fondo a l’autobus, nella cosiddetta piattaforma, con il passeggino piegato su se stesso e mio padre che si caricava mia sorella in braccio.
Fremevo sin dal momento della partenza sapendo che avrei trascorso del tempo nella bottega di mio nonno dove le poltrone girevoli sembrano per un bambino i destrieri di una giostra, ma soprattutto sapevo che il venerdì mi aspettava Mozart. Mi auguravo sempre di non trovare clienti o che fossero seguiti da Angelo, l’aiutante di mio nonno, così da poter parlare con lui e sentire i suoi racconti, i suoi commenti sulle note di Mozart!
Mio padre a volte si seccava del mio comportamento, effettivamente sembravo rapito dalla musica e cercavo di catalizzare l’attenzione, ma io non potevo farci niente, quella musica era come una calamita che mi attirava a se e mi teneva prigioniero, ostaggio di quelle meravigliose note. Mio nonno al contrario si esaltava e diveniva complice di quel gioco musicale rispondendo alle mie continue domande o facendo finta di sorprendersi se indovinavo la sonata o il titolo del concerto. Era divertente mio nonno Armando, stava al gioco e soprattutto era fiero di quel nipote che come lui amava la musica, quel tipo di musica, solo quel tipo di musica.
Durava poco quella visita, ma aveva un fascino indescrivibile che ancora ricordo in modo vivido e malinconico. A distanza di anni mi capita di ricordarlo quando mangio un gelato, perché portavo con me quel sapore in quei momenti, visto che il passaggio a bottega avveniva dopo la classica tappa di Giolitti. Nello specifico aveva il sapore della crema perché nei miei ricordi romani di bambino il sapore del gelato al cioccolato era invece quello del palazzo del freddo di Fassi.
Ho sempre ascoltato musica, in ogni luogo, in ogni tempo, avevo un giradischi compatto con delle piccole casse è una puntina la cui sensibilità era pari a quella di uno scalpello, ma passavo ore ad ascoltare e fantasticare, la musica accompagnava le mie giornate, la merenda, i compiti, talvolta le serate in cui mi era permesso fare tardi. Il fatto strano però era che a casa preferivo ascoltare musica leggera, di vario genere, mentre la musica classica era e rimaneva una prerogativa della bottega di mio nonno.

Adoro ascoltare, ha rapito totalmente la mia attenzione, sono curiosa di saperne di più.

Di questo breve scorcio dei mie ricordi adolescenziali non dimenticherò mai quanto avvenne un pomeriggio quando mio nonno per sottolineare ad un cliente la sua predilezione per Mozart raccontò a tutti noi un aneddoto che, anche fosse frutto della fantasia e non un fatto storicamente comprovato, rimane affascinante ed essenziale: “una volta alcuni allievi di un grande Maestro d’orchestra, alla chiusura della lezione di composizione, posero al Maestro la seguente domanda:…Maestro chi è secondo lei il più grande compositore di tutti i tempi? E il Maestro rispose prontamente…senza dubbio Beethoven! Dopo aver risposto il Maestro si accorse che i suoi allievi erano rimasti un po’ interdetti e poco convinti della sua risposta è di tutto punto chiese loro…ragazzi vi vedo un po’ titubanti…c’è qualcosa che non vi convince nella mia risposta? Ed i ragazzi prima timidamente e poi con un po’ più di coraggio risposero…ma sa Maestro lei ci ha sempre detto che Mozart un po’ per la genialità, per i canoni innovativi, per l’età…insomma noi pensavamo che…Ed il Maestro interrompendoli disse loro…ragazzi…dipende da come si pongono le domande…voi cosa mi avete chiesto? chi è secondo lei il più grande compositore di tutti i tempi? E la risposta a questa domanda rimane Beethoven! Infatti non mi avete chiesto…Maestro che cos’è la musica? Perché la Musica è Mozart!!!!”.

Avevo le lacrime agli occhi allora, quando ascoltai questo breve racconto è ancora oggi quando lo ricordo ho un groppo in gola.

I suoi occhi persi nel vuoto come a cercare quelle immagini che le parole raccontavano, lasciavano trasparire l’emozione di quei tempi.

Quello era mio nonno e devo a lui se ancora oggi quando ascolto Mozart mi emoziono e torno col pensiero a quei momenti in cui rapito giravo in tondo veloce sulla poltrona del barbiere, allora sai cosa penso che se Mozart fosse nato nel nostro secolo avrebbe certamente scelto mio nonno come barbiere.

Un sorriso e beve un sorso’d’acqua.

Incantata da quel racconto, dall’emotività nell’esposizione, il tempo si è fermato, mi sono ritrovata su quella poltrona girevole in compagnia di Fabri bambino, con Armando che dedicava le sue attenzioni ai clienti nella bottega…. a tempo di Mozart.

 

The Sun’s Smile

 

Buon compleanno The Sun’s Smile

Il Sorriso del sole compie 3 anni.

Tre anni di grandi soddisfazioni ed emozioni.

Non avrei mai pensato che un diario online potesse darmi tanta gioia, e regalarmi tanti sorrisi. Ma non ho mai smesso di crederci.

 Ed ora si riparte da: ” Spring Dreams”

“Dafne delusa da una storia d’amore si chiude in se stessa, soffre ed innalza barriere che non le permetteranno di “vedere”. Un giorno però, qualcosa accade. Gaia, l’amica di sempre, decide di portarla in gita in un posto incantato. Le due amiche si troveranno in un castello dove qualcosa di magico accadrà… Dafne farà un viaggio in un mondo non  visibile con gli occhi, un mondo che tutti temono di vedere….

Spring Dreams, è stato creato grazie all’iniziativa “Corti al castello 2.0”, sarà in concorso al Terra di Siena Film Festival, dal 25 al 30 settembre.

Buon compleanno THE SUN’S SMILE.

Don’t forget to Smile

Raf

 

Le giornate del cinema Lucano – Day two

Si è dato il via alla seconda serata delle ” Giornate del cinema Lucano” mercoledì 25 luglio alle ore 21.00, al timone dello spazio giovani Janet de Nardis, che con la sua eleganza e la sua professionalità guida il pubblico alla conoscenza di un cantante giovanissimo Michele Merlo. 

Il giovane si approccia al mondo della musica attraverso il Talent Show del momento, ” Amici di Maria de Filippi”. Il giovane racconta quanto non sia semplice aver intrapreso questa strada. Ha sofferto di ansia di attacchi di panico e la musica in qualche modo lo ha aiutato ha superare dei momenti non piacevoli. Michele parla del suo rapporto con i “social” e seppur legato ad essi per lavoro, è convinto che prima o poi si ritornerà a parlarsi guardandosi negli occhi e senza contare il numero di “Like” o ” Followers”. Il giovane talento dallo sguardo malinconico, delizia il pubblico del festival con il suo nuovo singolo ” Tutto per me”, primo singolo in italiano.

Conclusosi lo spazio giovani si da il via alle premiazioni dei personaggi che si sono contraddistinti nel mondo dl cinema. Conducono Claudia Catalli e il mitico Francesco Pannofino.

Pannofino delizia il pubblico marateota con degli aneddoti molto simpatici. Voce inconfondibile di Stars Hollywoodiane, per citarne qualcuna…  George Clooney, Denzel Washington, Matt Schulze, Kurt Russell, Antonio Banderas, Mickey Rourke, Tom Hanks, Daniel Day-Lewis, Jean-Claude Van Damme e Wesley Snipes. proprio a proposito di Clooney. Pannofino racconta di quando proprio questo ultimo lo cercò per invitarlo ad un party, dove l’attore hollywoodiano con un italiano non propriamente corretto, lusinga il doppiatore complimentandosi per il suo lavoro e per le sue capacità attoriali…. Pannofino racconta di aver ringraziato l’attore, ma dopo un po’ Clooney gli confessò di essere ubriaco….Il doppiatore non ha mai capito se tutti quei complimenti derivassero dall’ alchool o se fossero veramente sinceri. 

La serata continua tra gag e aneddoti molto divertenti e si arriva alla presentazione e all’ intervista di Francesco di Silvio. Lucano doc parte da ragazzino per Bologna. Un emigrante lucano di successo per una carriera lunga più di 20 anni, disseminata di successi e collaborazioni in ambito musicale con i più grandi artisti italiani, tra cui Vasco Rossi, Lucio Dalla, Luciano Pavarotti e tanti altri. I successi arrivano anche nel cinema, siamo nel 2005 quando produce Mary, il film di Abel Ferrara, vincitore del Gran Premio della Giuria alla Mostra del Cinema di Venezia. In seguito, forte del successo ottenuto, è produttore associato di Go Go Tales, sempre diretto da Ferrara, e del film Albakiara.  

A seguire sul palco delle ” Giornate di cinema Lucano” Violante Placido artista poliedrica. Ama la musica della quale non riesce a fare a meno, condivide con il pubblico del festival due brani tra cui ” Femme Fatale” dei Velvet Underground.

Reduce dal film ” The American” nel quale ha lavorato con Clooney, e dall’enorme successo di ” Sogno di una notte di mezza estate” spettacolo teatrale diretto da Massimiliano Bruno, Violante Placido viene premiata da Beppe Convertini con il prezioso premio internazionale di Maratea.

La serata si conclude tra gli applausi e con una cena succulenta presso il ristorante la Yumara per gli ospiti del  festival.

Per la terza serata del festival si attendono Johnn Landis e Paolo Genovese.

Raffaela Anastasio

The Sun’s smile

New York – seconda parte

Ore 4 del mattino a New York, le 10 in Italia. Sono a letto.

I miei occhi si spalancano a guardare il soffitto e sorrido. Condivido il lettone con Brendan, che russa beatamente. Non posso muovermi. Mi costringo a richiudere gli occhi, e a fatica mi riaddormento per risvegliarmi qualche ora dopo.

Il sole finalmente fa capolino dalla finestra. Cacchio sono a New York. Oggi abbiamo un programma intenso.

Per dare una scossa al mio amico dormiglione, chiedo supporto a Spotifi, e carico a manetta una canzone di Massimo Ranieri “Se bruciasse la città”, inizio a cantarla a squarciagola, accompagnando le parole ai gesti e sul ritornello..” da te  da te da te io correrei…”ho effettuato una piccola modifica facendolo diventare “a New york a New york io me ne andrei”.

La faccia del mio amico americano non so descriverla, e non ci provo nemmeno…ma prende un cuscino e lo mette sul viso dicendo: “Welcome Raf Welcome”. Si è già pentito di avermi invitata. In men che non si dica siamo fuori. Prendiamo un treno ed una metro e finalmente siamo in città.

Prima tappa NBC Studios. Un palazzo enorme. Si accede tramite uno store, all’interno del quale sono in vendita gadgets di tutti i tipi, e dietro il grande negozio una porta antipanico  che nasconde l’ingresso per gli Studios. Brendan ha organizzato un Tour con guida. Il gruppo è composto solo da 10 persone, e dopo aver superato i controlli antiterrorismo si inizia.

La signorina, la guida incaricata di darci indicazioni e raccontarci un po’ della storia di quegli studi televisivi, parla troppo veloce, non capisco una sola parola di quello che dice, quindi faccio la vaga sorrido e mento quando Brendan mi dice: ” Wow Interesting no?” e io : ” Yes Fiko”

I miei occhi non hanno bisogno di troppe spiegazioni. Cercano di assorbire piu’ immagini possibili. Il tour si svolge solo in alcuni piani, poiché ci sono delle trasmissioni in diretta. 

Mi viene spontaneo il paragone con alcuni studi televisivi che ho visto qui in Italia..e noto tanta differenza. La guida ci conduce all’interno del primo studio, raccontando qualcosa che non capisco, ad intuito è uno studio per le news, li si fanno dei collegamenti con il telegiornale, poi attraversiamo un corridoio, sulle pareti di entrambi i lati, tantissime foto di attori, e personaggi televisivi ospiti all’interno di quegli studios. Quelle foto mi rendono la cosa più reale. Non so spiegare bene le miei sensazioni, ma il fatto di vedere quelle foto appunto, mi conferma che non sto sognando ma che sono proprio li’ in quel momento e wow….

Dopo aver preso vari ascensori, ci troviamo su di un piano in cui sta avvenendo una diretta televisiva. Una di quelle trasmissioni del mattino. Il personale addetto è in una sorta di acquario, per cui dall’esterno possiamo vedere tutto cio’ che accade. C’è la regia, in cui ci sono molte persone a lavoro che guardano gli schermi posti di fronte a loro. Individuo facilmente il regista che con un dito indica quando cambiare inquadratura comunicandolo al microfono delle sue cuffie. Il tour continua e la guida ci fa accomodare in uno studio grandissimo, la forma è quella proprio di un teatro con la platea e le balconate, e dalla brouchure in mio possesso capisco che in questa parte del palazzo si girano delle sit-com dove il pubblico può essere presente. Pazzesco. Adoro quel posto. Sento una sorta di richiamo del sangue. Penso che avrei potuto pagare per fare una comparsata in uno di quegli spettacoli. Mentre ci dirigiamo in un’altra location, mi imbatto in oggetti storici…le vecchie macchine fotografiche, i vecchi microfoni, le telecamere di un tempo…veri e proprio cimeli e oggetti che testimoniano che il passato è esistito. Mentre i miei pensieri vagano, la guida ci introduce in uno studio pazzesco. Finalmente lo vedo. In questo studio hanno girato per anni Late Night con David Letterman  e dal 1975 Saturday night live. 

Lo studio è  strutturato ad anfiteatro, cioè il pubblico viene dislocato su poltrone che partono dal palco fino a gradinate piu’ alte. Dal mio punto di vista la scrivania con la famosa tazza piena di una bevanda, si trova sulla destra, subito dopo la poltrona in cui viene accolto l’ospite e poi a seguire la piccola band che accompagna con brevi brani musicali il programma. Il soffitto è pieno di fari di ogni genere e ci sono 4 monitor dislocati in ogni angolo, ben visibili dal pubblico, in quanto sono monitor che suggeriscono gli applausi, le risate e quando fare silenzio. Veramente impressionante. Ho sempre visto David Letterman da casa con i sottotitoli, ovviamente, ed ora stare esattamente li’, mi riempie ancor più di entusiasmo. Durante il tour quasi non parlo con il mio amico americano, sono troppo presa da tutto. Purtroppo il tour giunge al termine ma le sorprese non sono finite. La guida ci conduce in un piccolo studio.

Ci sono due telecamere e due poltrone. Brendan mi spiega che adesso simuliamo una vera e propria trasmissione. Poiché non sono in grado di sostenere una conversazione, scelgo di mettermi alla gestione della telecamera, poi ci sono un inviato, due sportivi che interpretano campioni delle olimpiadi, presentatore, e due ospiti in studio. Tutto sembra molto reale. Il presentatore e gli ospiti leggono il gobbo elettronico, il classico suggeritore, le due persone invece che interpretano gli sportivi sono posizionati davanti ad uno sfondo verde ( nel linguaggio tecnico si chiama croma key) su cui viene proiettata un’immagine delle montagne innevate. Il tutto viene registrato ed inviatoci via email come ricordo di quella meravigliosa esperienza. 

All’uscita sembro una ragazzina che è appena stata al parco giochi. Recupero tutto il tempo in cui non avevo emesso un suono, con commenti, osservazioni, paragoni, il mio entusiasmo travolge Brendan, che cerca di contenermi e con il suo accento : ” ok ok ho capito, stai tranquilla eh”.

Fuori dal palazzo della NBC c’ è il mondo.

Brendan già mi odia, lo costringo a camminare a piedi, per non perdere nulla, scorci, vicoletti, negozi. Lui è un po’ “culo pesante” è pigro, o semplicemente conosce la città e giustamente non ha la mia curiosità. Dopo essermi persa nella vetrina che espone dei muffin, che sembrano buonissimi, davanti a me si apre il Rock feller Center. Il sogno di ogni turista. Finalmente vedo quel luogo che mi ha fatta sognare con tanti film. Quelle bandiere che circondano la famosa pista di pattinaggio sul ghiaccio, le persone che sorridono e che si tengono per mano ed insieme cercano di sostenersi per non cadere. Un vero e proprio film. Sono estasiata.

Dopo una pausa birra, eh si gli americani non sono americani se non si fermano a prendere almeno una birra (ogni 30 minuti), mentre io italiana fremevo per andare in giro. Durante la sosta birra, la mia curiosità mi spinge a fare un po’ di domande, in merito al tipo di vita che si conduce a New York, quello che si fa nel tempo libero… Brendan mi dice che la città è molto cara per questo ha deciso di vivere ad Hoboken che dista 30 minuti dalla città ma con prezzi più accessibili. Mi dice che durante la settimana si lavora molto ed i ritmi sono molto elevati, ma dopo il lavoro, e soprattutto nel weekend dalle 5 di pomeriggio in poi si va con gli amici a prendere indovinate un po’?, una birra, cambiando però più locali….

 

Inizia a piovere.

Non mi importa. Ci dirigiamo alla Cattedrale di St. Patrick. Lascio Brendan fuori, impegnato in una telefonata di lavoro e mi godo quella meraviglia. Anche qui ci sono i controlli antiterrorismo dopo i quali mi immergo e mi perdo osservando quella struttura. Ma più di ogni altra cosa sono rapita da una musica che mi prende nello stomaco. L’organo della cattedrale emette delle note meravigliose, mi trascina in un’altra dimensione…sarei rimasta lì per ore, ma la voce di Brendan che mi chiama mi riporta alla realtà.

 

Saluto San Patrizio. 

Brendan ha fame. Io no. Non so perché sarà il jet-lag, sarà l’adrenalina ma di mangiare proprio non ne ho voglia. Ma sono ospite, quindi non posso fare sempre come mi pare.

“Raf do you like Japanese food”, a questa domanda ricordo al mio amico americano che sono vegetariana e che di solito preferisco cibo semplice, ma lui non mi ascolta e vedo che ha il suo bel da fare con il cellulare.

“Come on” mi dice dopo aver sollevato gli occhi dal suo smartphone. 

Non mi oppongo. Attraversiamo strade. Dai tombini fuoriesce del fumo, anche quello non è un effetto speciale che creano nei film è proprio cosi’. Questa città è pazzesca. 

Nell’aria percepisco odori particolari, agrodolci, ma non mi dispiacciono. Ci sono luci ovunque, insegne luminose che attirano continuamente la mia attenzione. Fino a quando Brendan mi blocca indicandomi che siamo arrivati.

Un ingresso molto piccolo con l’insegna su cui è inciso il nome del ristorante, tre gradini che danno l’accesso ad un ‘anticamera. Siamo in fila tutto pieno. L’addetta alle prenotazioni giapponese ci consegna dei menu e ci spiega che intanto possiamo ordinare e in 10 minuti ci farà accomodare. Sono molto felice,con una grande soddisfazione mi rendo conto che per la prima volta ho capito tutto.

Ordino qualcosa con l’aiuto di Brendan, e dopo qualche minuto ci accomodiamo al bancone. Questo posto è tutto in fermento. Dietro al bancone tre persone, che passano da un pentolone all’altro. Gli odori all’interno del locale sono abbastanza forti e sono un po’ preoccupata. Versano della brodaglia in una ciotola con degli spaghettoni. Ci apparecchiano con i classici bastoncini ed un cucchiaio di ceramica. “Porca paletta ed ora come si usano questi cosi”, il mio immediato pensiero, ma da buona napoletana attendo e vedo cosa succede.

Arriva l’antipasto, composto da un panino farcito con formaggio, credo, e avogado. Devo essere sincera molto buono, ma poi arriva la ciotola con gli spaghettoni. Mi sembra di sentire la musica del film “lo squalo” in sottofondo. Osservo rapidamente bacchette, cucchiaio e ciotolona. Mi guardo intorno per copiare l’utilizzo di quegli strumenti ed inizio ad ispezionare il mio piatto. Sono alquanto intimorita ma non vedo pezzi di carne, solo pezzettoni di verdure giganti immerse nel brodo . Impugno con fare sicuro le mie bacchette e inizio a tirare su gli spaghettoni, mentre lo faccio sento una cosa raccapricciante, intendiamoci non che io sia schizzinosa ansi, ma sentire succhiare il brodo, facendo tutto quel rumore….mi ha un po’ infastidita…Credo che Brendan non può proprio mangiare non facendo quel tipo di rumore. Cerco di non pensarci e mi dedico al mio piatto. Non è difficile riesco a finire gli spaghettoni, il brodo non è male, lo raccolgo con il cucchiaio di ceramica facendo attenzione a berlo senza emettere suoni.

E’ stata la mia prima volta per il cibo Giapponese e per il Ramen. 

Non voglio precludermi nulla, New York è la città delle opportunità, delle occasioni, da quel giorno in poi ho capito che ci sarebbero state tante prime volte. 

 

 

 

 

 

Il mio viaggio continua…

To be continued

Don’t forget to smile 

 

Raf

 

 

 

New York

“Welcome to New York Raf”.

Ci sono, finalmente anche io posso gridare come i miei antenati…” Americaaaa”. 

Sono in macchina, il mio amico americano, è proprio americano, cappelletto di lana, guanti senza dita, giubbotto smanicato, pantaloni larghi, con delle scarpe marroni, di quelle classiche, di quelle che noi in Italia spesso usiamo per un completo ad una cerimonia… Sono trascorsi due anni dall’ultima volta che l’ho visto e la sua barba è più lunga, ma trascurata, i suoi occhi sono stanchi…forse un po’ tristi…ma io sono troppo felice e gli dico:

Assomigli all’uomo del tonno”.. e rido. Ricordate l’uomo della pubblicità del tonno?… ecco quello.

Ma lui non capisce, come avrebbe potuto. Ci facciamo mille domande, sul lavoro, la vita in Italia, le rispettive famiglie, e ad un certo punto:

” Tra 3 km girare a destra”. Esplodo in una risata fragorosa. Il navigatore in italiano per fare pratica della lingua mi ha sorpresa.

Faccio immediatamente un selfie con l’americano, da inviare ai miei genitori ai quali non avevo detto nulla della mia partenza, e che sarebbero rimasti moooolto sorpresi.

Abbiamo mille cose da raccontarci, ma all’improvviso davanti a me uno scenario impressionante. La città si presenta piano piano, e lo fa nel migliore dei modi.

I miei occhi si perdono tra quelle luci, tra quei grattaceli immensi. Una sensazione meravigliosa, non riesco a non sorridere, non riesco a non pensare…cazzo è vero sono a New york.

Inizio ad agitarmi, lungo la strada non so dove guardare prima a sinistra poi a destra…. Cavolo ma quella è la struttura sul quale hanno girato  Man in Black 1 con Will Smith…no…sono praticamente in un film.

Brendan, questo è il nome del mio amico americano, mi chiede se voglio subito andare a casa o bere qualcosa in centro “In centro”, ovvio come avrei potuto rispondere diversamente. Parcheggiata l’auto, il mio cuore è impazzito, sento sul mio volto un sorriso ebete, i miei occhi sono pieni di immagini, non riescono ad accogliere tutto. Sono a Times Square.

Un posto incantato pieno di luci, di colori, cartelloni pubblicitari che ti invitano a comprare una Coca-cola , piuttosto che un completino intimo indossato dalle sorelle Kardashian. La gente chiacchera tranquilla seduta sulle scalette rosse nel centro della piazza. Inizio a fare foto, come se fossi impazzita, in effetti lo sono. Mi sento come una bambina a Natale, mentre scarta i regali. Questa città ha tanto da darmi lo sento, e sono pronta a ricevere tutto il possibile.

Brendan, mi dice di seguirlo. Entriamo nell’ atrio enorme di un Hotel, ci sono ascensori in ordine alfabetico e hanno la forma di capsule di vetro color argento. Brendan preme il tasto 16 e all’improvviso la capsula schizza in alto, attraverso i vetri vedo “allontanarsi la terra” e in un nano secondo siamo al sedicesimo piano. Il mio stomaco non è felice, ha vissuto la stessa sensazione di quando andiamo su ” Inferno” l’attrazione del parco giochi di Cinecittà World, eppure siamo solo in ascensore. Esco dalla capsula e necessito di qualche istante prima di poter camminare, sul serio sono scombussolata. Poi inizio a seguire Brendan che, non curante del mio disagio si dirige verso il bar chiedendo un tavolo per due. Il nostro tavolo è vicino alla vetrata, da cui si vede tutta Times Square. Sono senza fiato. Mi sento una Giapponese in vacanza, il mio Samsung 8  ha la memoria già piena di foto. Che meraviglia!

Ordiniamo la birra, ho difficoltà nella comprensione della lingua, parlano troppo veloce, ma lascio che Brendan traduca per me. Nell’attesa prendo il mio zaino e sistemo sul tavolo la mia cartina turistica di New York. Brendan mi guarda cercando di capire e gli dico : “I have only 7 days we need to plan”!  ” Ok” la sua risposta.

Iniziamo a fare segni sulla cartina e a definire in quale giorno avremmo fatto questo o quel giro, ogni tanto il mio sguardo va oltre quelle vetrate, ed i miei occhi restano fissi per qualche secondo su quella piazza dai mille colori.

E’ quasi mezzanotte nella grande mela, circa le 6 in Italia, la mia mente è talmente eccitata che non sente alcun jetlag, ma il mio amico americano è stanco, ha lavorato tutto il giorno, quindi gli dico che avremmo dovuto riposare per prepararci ad una lunga settimana. 

Brendan mi ospita nel NewJersey esattamente ad Hoboken, città in cui è nato il meraviglioso Frank Sinatra.

Il suo appartamento è molto carino, condiviso con due amiche. Mi accolgono all’ingresso, un cane Peggy e un gatto di cui non ricordo il nome. La sua stanza è molto piccola, ma organizzata bene. Indosso velocemente il mio pigiama  italiano e mi lancio sul letto. 

Nei miei occhi chiusi la felicità di vivere in un sogno.

 

Don’t Forget to smile

Raf