Antica Babilonia
“Due veicoli carichi di esplosivo lanciati contro la base militare italiana , una sparatoria. Circa 20 i feriti molto gravi, a Nassiryia sono le ore 10.40 del mattino”.Ancora:
“Un camion ha forzato il posto di blocco. Un cratere immenso, quattro Kamikaze responsabili della missione suicida. In Iraq strage di italiani”.
Fumo, muri che crollavano, sirene di ambulanze, vigili del fuoco, macchie di sangue sul selciato, persone che fuggivano terrorizzate, bambini in preda al panico in lacrime, macerie e distruzione, queste le immagini trasmesse da tutti i notiziari nazionali.
Fidanzata con Giovanni ex paracadutista del 183° Reggimento Paracadutisti Nembo (nucleo operativo), in quel momento allievo della scuola sottufficiali dell’ esercito, amica storica di due allievi della “Scuola Ufficiali dei Carabinieri”, Antonio e Gennaro, non potevo che essere partecipe, il mio cuore per 3/4 militare, iniziò a pompare terrore nelle vene.
Chiamai immediatamente il mio fidanzato, ovviamente era informato su tutto prima ancora che i giornalisti dessero la notizia. Purtroppo era tutto vero.
Seguivo gli aggiornamenti costantemente.
Appresi che i funerali solenni ci sarebbero stati il 18 Novembre presso la Basilica di San Paolo, per cui sei giorni dopo la strage, l’ultimo saluto alle vittime di un’assurda guerra voluta da altri.
Abitavo in via Nonantola una stradina non molto lontana dalla Basilica di San Paolo, per cui a piedi mi incamminai.
Ero agitata, triste, pensavo e ripensavo al mio fidanzato e ai miei amici , una cosa del genere a loro, non l’avrei mai potuta superare.
Il 18 novembre, andai a salutare i ragazzi e credo che anche il sole volesse salutarli.
Con il cuore triste e l’animo inquieto raggiunsi i giardini della Basilica, dove nonostante la miriade di persone, regnava la compostezza ed il silenzio, solo un gruppetto di giovani, accovacciati vicino ad un albero, con la voce strozzata dal pianto, cercava di intonare un'”Alleluja”.
La Basilica era tutta transennata, mi feci spazio tra la folla e liberai la mia visuale.
Alte cariche dell’ Esercito e dell’Arma dei Carabinieri vestiti di tutto punto impartivano ordini … Eh tutti di un pezzo Loro! Fieri delle loro stelline ed i loro nastrini sul petto.
Accanto a me un gruppetto di anziani con uno strano berretto in testa, probabilmente ex militari ma non ho idea di quale fosse il loro reparto di appartenenza. Vederli insieme, così uniti, così orgogliosi, mi rese ancor più fiera di essere italiana.
Le campane iniziarono a suonare.
Rintocchi lenti, secchi quasi senza riverbero.
Un applauso partito da lontano arrivò fino alla mia postazione come un’onda travolgente e la sua voce urlava impetuosa.
19 camion aperti
19 letti di morte
19 bandiere italiane
19 anime
L’appaluso infinito accompagnava le lacrime che nessuno voleva trattenere. Tutti avevano necessità di esprimere la propria tristezza, l’amarezza.
Io, osservatrice, ammutolita, impietrita, davanti ad una realtà cosi’ crudele, quasi irreale, le lacrime sgorgavano disperate scivolando sul mio viso, senza sosta.
I 19 camion sostarono nel cortile, ed i letti di morte furono portati all’interno della Basilica, a spalla, da colleghi e amici che a stento riuscivano a trattenere il proprio dolore.
Uno degli anziani signori con il berretto mi appoggiò una mano sulla spalla e mi disse:
“Coraggio ci vuole solo coraggio!”
Parole di un uomo saggio con gli occhi tristi, chissà quegli occhi quale altra tragedia avevano dovuto vedere.
19 vite spezzate, ragazzi, mariti, figli, fratelli, amici, strappati alla vita, per supportarne altre di un popolo a cui non appartenevano.
Persone comuni nella loro straordinarietà, persone che hanno sacrificato la loro famiglia, per altre, persone con necessità differenti, con dei sogni, con delle speranze.
Persone con una coscienza.
A loro è stata dedicata una scultura “La foresta d’acciaio” nei giardini della Basilica di San Paolo;
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