Giovanni Russo racconta la storia del pomodoro “La rosina”

Vi è mai capitato di raccogliere i pomodori dalla pianta? Io da ragazzina ho avuto molte occasioni di farlo, ed il profumo del pomodoro fresco impresso sulle mani è ancora un ricordo molto vivo, forse per questo sono un’appassionata di questo frutto, ma, metti che tua madre lavora nel mondo della ristorazione, metti che a pranzo ti ritrovi Giovanni Russo, titolare della “ La Rosina”, metti che sei curiosa, due domandine tra una forchettata e l’altra di spaghetti al pomodoro, trovo che siano quasi d’obbligo, e allora con la faccia di bronzo che mi contraddistingue….

Giovanni dai raccontami un po’ della tua azienda. Perché avete scelto un nome di donna, forse per il colore del pomodoro?

 Con fare gentile ed appassionato inizia il racconto fatto di storia familiare.

“L’azienda fu creata da mio nonno nel 1960, Giovanni Russo, a Sant’Antonio Abate cittadina in provincia di Napoli. Il nome dell’azienda venne scelto da mio nonno in omaggio alla prima nipotina Rosa. L’azienda nasce a conduzione familiare, con l’intento di trasformare il pomodoro San Marzano, famosissimo in tutto il mondo.”

Tu hai raccolto l’eredità di famiglia?

“Prima è passata nelle mani di mio padre e di mio zio Carmine, nel 1979 poi è diventata una società di capitali e si consacra come una solida realtà nell’ambiente conserviero – alimentare in Italia e all’estero.

All’estero dove?

“Principalmente esportazioni rivolte in Germania, Belgio, Norvegia, Olanda e Svizzera, favorite dal fatto che siamo in grado di certificare tutto il processo di trasformazione del pomodoro, dal seme al frutto, ed etichettare i nostri trasformati con informazioni relative alla tracciabilità inserendo l’origine del prodotto fresco.

Quindi un perfetto percorso di tracciamento che garantisce la qualità del prodotto?

“Esatto, l’attenzione de La Rosina alla Total Quality dei suoi prodotti lungo l’intera filiera produttiva è una promessa di autenticità da portare sulle tavole dei nostri consumatori”.

E mentre addento l’ultima forchettata di spaghetti, confermo la qualità del pomodoro.

Ma Giovanni, qual è la differenza tra il datterino e il pomodorino?

“Il pomodorino è un prodotto che viene raccolto sulle colline di San Bartolomeo in Caldo in provincia di Benevento, agli inizi di agosto, la caratteristica principale è data dalla sua dolcezza. Il datterino invece, viene raccolto a fine agosto inizio di settembre, ed è coltivato su un terreno secco e non irrigato, in modo che la pianta possa assorbire tutti i principi dalla terra donando al frutto un’estrema morbidezza”.

Il tuo pomodoro è perfetto per la pizza.

“Raffaela sono orgoglioso di dirti che i miei pomodorini ed i miei datterini sono usati da grandi chef e grandi pizzaioli italiani e questo per noi è un grande vanto, ed in questo periodo storico posso anche dirti che siamo una delle poche aziende appartenenti alla grande distribuzione con incremento delle vendite e del fatturato”.

Il tuo prodotto è stato anche premiato con il Quality Award corretto?

Esatto!

Giovanni credo che con questa scarpetta finale, anche se il galateo non lo consente, hai vinto il premio qualità e bontà appena istituito da me.

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Un viaggio tra emozioni e gusto con lo chef stellato Paolo Gramaglia

Approcciare con le persone è diventato sempre più complicato e la pandemia causa covid non aiuta sicuramente i rapporti umani. Una telefonata di lavoro pero’ mi apre un mondo, mi fa ricredere su questo pensiero, perché il mio interlocutore, gentile, cordiale, mi trasmette energia positiva, e non è facile percepire queste sensazioni al telefono. Intuisco che quella telefonata mi avrebbe arricchito non soltanto professionalmente, ma anche umanamente…. E non mi sono sbagliata.

L’Italia è ricca di grandi personalità dell’ambiente culinario, e spesso non bisogna andare tanto lontano dalla propria porta di casa per scoprire delle eccellenze…

 A Pompei, città del vesuviano, nota soprattutto per le sue ricchezze archeologiche, e per il bellissimo santuario dedicato alla Madonna, vi è il President ristorante dalle mille sfaccettature il cui proprietario Paolo Gramaglia ne è il perfetto rappresentante.

“Chef Buonasera”

“Aspetta, aspetta, ho necessità di spegnere il forno, e tirare via le crostatine”.

“Chef la disturbo richiamo dopo”.

“Ma no, ho fatto, ho preparato le crostatine per l’aperitivo, ora posso rilassarmi un po’”.

 Paolo Gramaglia, nasce a Napoli nel 1964, si ritiene giovane ed incosciente quando decide di studiare matematica, perché dice ironicamente “Non avevo nulla da fare e mi sono dedicato allo studio”.

Chef dalla matematica alla cucina?

“Si, forse un cromosoma è ritornato al suo posto, si è messo in equilibrio, o semplicemente il destino, non lo so l’importante che sia successo”.

Affascinato dal mondo culinario, viaggia in lungo e in largo, cerca di acquisire più informazioni possibili dalle sue esperienze estere.

“Mi presentavo ad ogni porta che ritenevo potesse darmi quel quid in più nel settore, dicevo che ero bravino, prendevo, assorbivo tutto ciò che mi serviva per accrescere il mio sapere e la mia tecnica e poi passavo oltre per migliorare, fino a quando non ho ritenuto che fosse il momento di fermarsi e ho preso le redini del ristorante di famiglia, dove ho dovuto rimboccarmi le maniche per imparare a gestirlo, tra spese, bollette e tanto altro…sono diventato anche imprenditore”.

Chef le è stata conferita la stella Michelin un grande riconoscimento.

“Raffaela, mi capita spesso di sentire colleghi che alla ricezione della stella sembrano cader dalle nuvole, come se la stella fosse capitata”.

Credo che sia un desiderio di tutti gli chef raggiungere un traguardo del genere, giusto?

“Esatto, la stella non capita, si merita, si lotta, si lavora senza fermarsi per raggiungere il massimo della qualità in tutto, un vero e proprio assalto alla baionetta, tanto per usare un esempio bellico. Ero determinato, l’ho voluta e nel 2015 è arrivata la giusta ricompensa”.

Il segreto?

In realtà non ci sono segreti ma soltanto impegno e tanta determinazione. Io ho adottato la mia filosofia”.

Ascolto incuriosita ed affascinata, lo chef esprime tanta passione che mi lascia in silenzio, rapita dal suo racconto.

“Sottrarre per moltiplicare – ho ridotto i numeri dei tavoli all’interno del mio ristorante per moltiplicare le attenzioni ai miei ospiti per fare in modo che possano passare alla fase 2.”

Quale sarebbe?

“5 mm”

Resto in silenzio facendo delle congetture ma attendo la spiegazione che non tarda ad arrivare.

“I nostri ospiti se arrivano al President hanno delle aspettative, vogliono mangiare bene, essere sorpresi, e noi li accontentiamo. Tutto parte dalla consegna del piatto, visivamente devono essere colpiti, il profumo del piatto deve inebriarli e il gusto deve estasiarli. Cosa succede? Quando l’ospite assaggia il piatto, inizialmente appare dritto e propenso verso il tavolo, quando inizia a percepire il sapore e a gustarlo avviene uno spostamento verso lo schienale della sedia, accompagnato da un’espressione di stupore tipo:

“mamma mia, wao!” Ecco i 5mm sono lo spazio che intercorre tra la schiena dell’ospite e lo schienale della sedia”.

Chef quindi il suo menù conterrà dei piatti meravigliosi?

“Io propongo il viaggio”.

A questo punto dell’intervista mi aspetto di tutto e sono curiosa di sapere questa mente nobile ed ecclettica cosa sta per raccontarmi.

“Raffaela, i veri creativi sono pochi nella storia, uno chef non si può paragonare ad un vero e proprio creativo, uno chef nei suoi piatti racconta la sua vita e le sue esperienze. E’ così anche per me. Ho messo insieme tutte le mie esperienze culinarie in giro per il mondo e ne ho creato dei piatti, restando sempre fedele a quello che definisco “l’Italian style”, nasce così il mio menu’ di 12 portate… il viaggio.”

Chef questo è un periodo un po’ particolare per la ristorazione come ha reagito a tutte queste ristrettezze causa covid?

“Sicuramente è stato un periodo complicato ma per fortuna ora qualcosa si è mosso e a pranzo siamo sempre pieni. Ma anche noi ci siamo reinventati. Se l’ospite non puo’ venire al Presidet è il President che va a casa dell’ospite. I nostri piatti non si adattano al delivery, per le temperature, le consistenze, quindi rispettando tutte le regole dettate dal DPCM in vigore, alternandomi con sommelier, mètre, e personale di sala abbiamo portato la nostra esperienza a casa dei nostri clienti”.

Questa è assolutamente una bellissima idea.

“Si ha funzionato, con ottimo riscontro di pubblico”.

“Chef oggi i giovani sono influenzati tantissimo dalle trasmissioni televisive legate a questo mestiere, vogliamo dare un consiglio a chi volesse provare questa carriera?”

“Sono grato alla tv che ha dato più spazio al nostro mestiere, che prima era un ripiego, una scelta secondaria, perché non c’ erano altre alternative lavorative, invece oggi ha acquistato il suo giusto valore, ha avvicinato il pubblico “alla cucina” e di conseguenza il pubblico è diventato più esigente e capace di apprezzare ancor di più i nostri piatti. Quello che posso dire ai giovani è di investire nel loro tempo, impiegarlo al meglio per acquisire informazioni, apprendere, anche se all’inizio puo’ sembrare difficile, questo è un mestiere che con il tempo ripaga…. Se non si ha la passione e la costanza …non è il caso di insistere, mancano anche tanti elettricisti, idraulici…..”

Chef di solito finisco con un’ultima richiesta le mie interviste…. Mi dica qualcosa che non so…

Sono un appassionato di motociclette, ho 6 moto e tre hanno il nome delle caravelle Nina Pinta e Santa Maria. Adoro nei miei momenti liberi prendere la moto e andare in giro a godermi la vita.

Chef abbiamo una passione in comune credo che la moto sia il giusto mezzo per assaporare il senso di libertà che spesso ci manca.

Concordo in pieno …il mio motto è “Con Calma ma veloci”.

La nostra conversazione è durata un bel po’ lo Chef ha una passione per il suo lavoro enorme e la trasmette in ogni sua parola, mi ha raccontato altri aneddoti che ho promesso di non scrivere, in cambio ho ricevuto due buonissime ricette vegetariane da fare a casa.

Consiglio di visitare la pagina Facebook dello chef “Con calma ma veloci” dove ci sono tante curiosità e soprattutto uno chef che non indossa la Toque Blanche, ma un meraviglioso casco da pista.

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