Gente di mare

Una tranquilla domenica di ottobre, serata tra amici e musica live. Ballavo con il Signor S., stretta stretta a lui, i nostri corpi si ascoltavano, erano spinti nel movimento dalle note di una meravigliosa canzone…
Mentre il mio corpo oscillava in sincronia con quello del Signor. S., la mia testa inclinata sulla sua spalla e… un salto nel tempo…

Il “Sing Song”, questo il nome del campeggio in cui quell’anno i miei genitori avevano deciso di trascorrere le vacanze estive.
La giovane età mi permetteva in vacanza, di avere accentuato il senso di libertà .
Era facile conoscere dei coetanei, senza l’ausilio di cellulari o ” app” varie e stare in giro tutto il giorno, senza sentire i grandi dire :”Ferma, non fare questo, non fare quello, non ti allontanare….” Anche loro godevano del tempo rilassandosi, e noi, giovani esploratori della vita, più liberi.
Avevo la compagna ideale di giochi , Emiliana, con la quale condividevo ogni cosa, ogni pensiero, ogni follia di quella giovane età.
Ci divertivamo con poco bastava stare insieme.
L’estate poi riservava sempre delle sorprese, nuove esperienze, nuovi amici, nuovi amori.
Quell’estate arrivò il mio turno.
Alessandro Tedesco, ( tedesco era il suo cognome), ragazzino molto sveglio simpatico, proprio un peperino.
Aveva i capelli tagliati in modo che un ciuffo sottile cadesse sulla fronte, magro, indimenticabile il suo apparecchio di metallo per i denti, che gli procurava qualche difetto di pronuncia, questo ovviamente, era causa di battutine da parte di noi stupidi amici.
Tra me ed Alessandro nacque subito un’intesa, un bel feeling, complice anche Emiliana che cercava sempre di lasciarci soli, cosa che evitavo di fare.
Un giorno poi noi ragazzi della “Crew” del ” Sing Song” organizzammo una pizza, supervisionati dai nostri genitori in un ristorante subito fuori dal camping… Al momento di pagare il conto, Alessandro, ragazzino di 10 anni aveva già pagato per me…
Ovviamente gesto meraviglioso per un ragazzino nei miei confronti e mi conquistò.
Le giornate in campeggio iniziavano in spiaggia per poi finire al gazebo dove si organizzavano serate danzanti e a volte giochi.
Noi giovani ragazzi di città non eravamo propensi tanto al ballo, ma ci divertivamo a commentare le anziane signore che con leggiadria di pachidermi in vacanza, si lanciavano in balli scatenati come i ” Vatussi” o ” il ballo del qua qua”.Il DJ era solito poi chiudere la serata con musica più rilassante. L’ultima canzone era “Gente di mare” di cui mi innamorai, dopo di che i campeggiatori richiudevano le proprie sedie e riponendole sotto il braccio si allontanavano dal gazebo, direzione tenda o roulotte.
Una sera però per me si concluse un po’ diversamente.
Alessandro che dopo una settimana di vacanza era diventato il mio fidanzatino, (camminavamo mano nella mano, anche se di nascosto) mi disse: “Balliamo?”
Non feci caso a quelle parole, lo guardai sorrisi e continuai a guardare le movenze delle anziane signore, commentando con Emiliana i loro passi azzardati.
Alessandro però sembrava non volesse demordere e continuò :”Dai andiamo a ballare, forza”
“No”
Dai, ma sei o non sei la mia fidanzata”
A quella affermazione arrossì, non ebbi più il coraggio di parlare.
“Avanti questa è bella”
Voleva ballare ” un Lento”, io ballare un lento? Impossibile, poi c’erano anche i miei genitori seduti dall’altra parte della pista da ballo, assolutamente non avrei potuto.
” Forza fifona, non c’è nulla di male”
Alessandro non mollava e alla fine mi lasciai convincere :“Ad una sola condizione, solo con Gente di Mare”.
Anche se avevo la certezza matematica che il Dj avesse concluso con quella canzone, avevo una piccola speranza che il vinile potesse rompersi o che il Dj potesse per quella sera trovare un’alternativa.

GENTE DI MARE

Ed eccola : “A noi che siamo gente di pianura, navigatori esperti di città…”
Le note arrivarono come frecce nelle mie orecchie e anche ad Alessandro, che mi trascinò di peso in pista, tenendomi per mano.
In pista quattro coppie, noi compresi, sentivo gli occhi di mio padre puntati su di me e rideva facendo commenti con mia madre.
Alessandro poi mi strinse a se.
Le sue mani sui miei fianchi, le mie mani dietro al suo collo, una certa distanza tra i nostri corpi, dovuta ovviamente al mio imbarazzo.
Cercavo di sfuggire al suo sguardo, sentivo il mio viso accendersi in un tiepido rossore e poi mi lasciai coccolare dalla musica…e tutto cambiò.. come in un film.
I nostri corpi si muovevano all’unisono, appoggiandosi prima su un fianco e poi su un altro.
Piccoli passi, lenti e scadenzati dalle note di quel brano:” Il mare ci fa sempre un po’ paura per quell’idea di troppa libertà”.
Tutto era romantico,ero emozionata, ma felice di essere lì in quel momento. La mia mente vagava felice…
I nostri corpi iniziarono a disegnare cerchi nell’aria come se fossero leggere nuvole.
I nostri cuori imprigionati in quel tempo come se fosse stato per sempre…  poi un dolce semplice bacio…

Il Signor S. mi aveva appena baciata sulla guancia con la tenerezza di un giovane uomo, e in quel momento il “live” andava sulle note proprio di ” Gente di Mare”.

Allora tutto tornò come un tempo.. il cuore pieno di gioia e l’anima libera…
Raf
Dont’ forget to smile

A volte si ha bisogno della pioggia

Fondamentale  nel ciclo dell’acqua, nel quale il liquido che evapora dagli oceani sotto forma di vapore si condensa nelle nuvole e cade di nuovo a terra ritornando negli oceani , per ripetere nuovamente il ciclo, La Pioggia  per Wikipedia..

Ticchettio pungente nella notte, lenta danza nello spazio vuoto.
Barriera che separa le anime innamorate.
Il silenzio accompagna la sua musica, creando nuovi semplici note, che attraversano il tuo cuore e rapiscono la tua anima catapultandola in un vortice di ricordi, in un turbinio di pensieri. Ti lasci trascinare dolcemente.
Cade lenta.
Ogni goccia attraversa il tempo e lo spazio, cambiando forma, cambiando intensità.
Tu resti immobile ad ascoltare.

Si ha bisogno della pioggia per non piangere da soli, le lacrime si uniscono ad essa si mescolano, si confondono e generano nuova vita.

RAIN MAN THEME

Quando sembra che il respiro ti manchi, quando la paura ti attanaglia, tu fuggi, ti nascondi, ancora corri, finché hai fiato. Lei è lì.
Si appoggia sul tuo capo, scivola lungo i tuoi capelli, accarezza il tuo viso percorre ogni curva, si insinua in ogni ruga, scivola giù sulle tue spalle affaticate, sul tuo seno non ancora maturo, sul tuo ventre…
Trascina con se ogni impurità, il peso di un passato presente, lava via il superfluo, rinfresca la mente, genera nuovi respiri.
Ti disseta.
Si ha bisogno della pioggia a volte per insultarla, per maledirla, a volte per sorridere dopo aver trovato riparo sotto un tetto,
per sentirti viva quando un brivido ti percorre la schiena.
Un bacio sa di buono.
Si ha bisogno della pioggia per sfidarla e sentirsi forti, per ridere a crepapelle.
Si ha bisogno perché possa nascere un gesto gentile da una mano gentile.
Si ha bisogno della pioggia per ritrovare te stessa in una pozza nell’asfalto.
Raf
Dont’ forget to smile

Occupazione

“LA LOTTA E’ DURA E NON CI FA PAURA”
“SE CI BLOCCANO IL FUTURO NOI BLOCCHIAMO LA CITTA’, LA CITTA'”!

Voci tonanti che ancora rimbombano nelle mie orecchie.

Sveglia alle 7.00 zaino invicta in spalla, vocabolario di greco, il Rocci, detto “il mattone” in mano.
Alle 8.00, il Liceo classico Plinio Seniore era  invaso da ragazzi, alcuni del mio istituto altri delle scuole vicine. Un mare di persone in movimento.
Sciopero in atto.
“E vai, salto la verifica scritta di greco”, la prima cosa a cui  ho pensato, qualche istante dopo:
“Perché si sciopera?”
Dai tranquilla non è entrato nessuno, vieni con noi”
“Ok ma perché?
“Dai Vieni”.
Una folla di giovani persone inizia a muoversi al suono di parole urlate dal rappresentante di Istituto che di solito era anche il ragazzo più carino, più corteggiato, il ruolo poi aveva il suo fascino. Un fiume in piena lungo le strade della città. Gli adulti si fermavano al bordo del marciapiede per lasciare passare la manifestazione, guardando incuriositi e non mancavano delle voci in lontananza….
“Andate a studiare invece di fare casino”.
Ma come il mare ha le sue onde, le sue increspature, quella folla, rispondeva con toni ancora più accesi a chi riteneva inutile quell’azione.
Pugno sinistro in alto: “Scuola Libera , scuola libera, scuola libera”.
Ma libera da cosa? Mah….
Continuavo a camminare spintonata di tanto intanto, dai fisici prorompenti ed energici di quelli del secondo liceo. Qualcuno distribuiva quelle piccole resistenze colorate, da attaccare sullo zaino, altri coperti da cappelli e sciarponi arabi, andavamo imperterriti, distratti, solo da chi rullava una canna. Neanche la pioggia riusciva a fermarci, ad un certo punto ne venne giù , tanta, tanta….
Mi ritrovai la testa coperta da una giacca, quella del rappresentante, quasi mi veniva un colpo, ma lui con un sorriso mi disse: “Camminiamo insieme così ti copro”.
Ovviamente, chiaramente inebetita, sorrisi in cenno di assenso.
La giacca mi copriva gli occhi e non mi era ben chiaro in quale direzione stessimo andando, ma sentivo la mano sulla spalla dell’affascinante rappresentante d’istituto che mi guidava.
Dopo aver intrapreso varie direzioni a suon di svariati slogan, ci ritrovammo in 30 forse 40 davanti all’ ingresso secondario della scuola, da cui si accedeva alla palestra.
Infreddoliti ed evidentemente zuppi, entrammo in palestra dove il mio angelo custode, dopo aver preparato le casse ed il microfono, prese possesso della cattedra con voce impostata iniziò a declamare il suo fantastico discorso: “Eccoci, la scuola finalmente… è nostra!”, questa frase scatenò il putiferio, le persone urlavano, si abbracciavano, saltavano, come se non ci fosse stato un domani.
Euforia contagiosa a dire il vero, quell’entusiasmo era piacevolmente coinvolgente, ed iniziai anche io a saltare e ad urlare come se non ci fosse stato un domani.
La palestra di trasformò in una sorta di campeggio.
In un angolo un bel gruppo di studenti riunito attorno a due chitarre che emettevano note orecchiabili e facilmente riconoscibili come:
Albachiara

Sembrava di essere in vacanza davanti ad un falò, eravamo come amici che si conoscevano da sempre, gli sguardi sulle corde vibranti delle chitarre, i pensieri chissà dove, la musica accompagnava i nostri corpi che dondolavano ad ogni nota.
Wind of change
Un po’ distanti dal gruppo dei piccoli cantori, altri gruppetti sparpagliati in varie zone della palestra.
Uno di questi attirò la mia attenzione. Un giornale aperto sul pavimento, uno studente che con una penna cerchiava un articolo, una rapida lettura e disse:”Allora cosa ne pensate?”.
L’articolo riguardava una donna araba incinta del suo stupratore. Un lungo dibattito ne derivò. Ognuno di noi espose il proprio disgusto per la violenza che la donna aveva subito e per l’impossibilità della stessa di poter decidere o meno della sua esistenza e quella di suo figlio. Sentivo che le parole di tutti i partecipanti provenivano da un sentimento molto forte, appassionato al tema, come se ognuno di noi cercasse di immedesimarsi e si chiedesse:”E se fosse successo a me?”. 
Un confronto costruttivo, ricco di punti di vista, di pensieri, concetti espressi a volte anche in maniera dura, severa.
Ore di scoperta quelle dell’occupazione e di goliardico svago. Ragazzi in un angolo a bere la birra, altri fuori a fumare, altri, quelli che venivano considerati i “secchioni” si rendevano disponibili per impartire ripetizioni di latino o greco a seconda della richiesta.
Per i 10 giorni a seguire la palestra divenne la nostra scuola, la nostra casa, un microcosmo all’interno del quale era possibile apprendere della vita. L’unione di ragazzi che condividevano la voglia di stare insieme, di condividere, di confrontarsi. Inevitabile non veder nascere nuove amicizie , nuovi amori.
Appresi come si rullava una canna e perché si dicesse “rullare”, non ho mai avuto il coraggio di provare, ma era interessante vedere il movimento di passaggio dello spinello da una mano all’altra da una bocca all’altra e vedere i visi rilassati ed inebetiti di coloro che la fumavano.
Momenti di crescita per me, certo, soprattutto l’ultimo giorno quando per chiudere quel periodo venne indetto il concorso di Miss Plinio Seniore, dove carinamente mi candidarono e mi venne attribuito il secondo posto.
Ancora non mi è chiaro il motivo di quell’occupazione, dello sciopero ma ciò che ne derivò è ancora nella mia pelle…
La ricerca della giustizia, l’onestà, la gentilezza, la condivisione di esperienze, una Ceres, dei baci sulle palpebre da chi aveva iniziato a corteggiarmi, la musica, il senso del gruppo, dell’unione.
Ecco esattamente questo. Forse quell’occupazione non ha smosso il mondo , ne la scuola viste le condizioni in cui si trova oggi, ma almeno io l’ho vissuta in tutte le sue sfaccettature…
Raf

Dont’ forget to smile

Il Primo Bacio

Ci sono emozioni che si ripetono poche volte nella vita, in maniera diversa e magari si vivono con una consapevolezza differente dovuta forse anche all’età.

Correva l’anno 1990, sabato, stesa sul divano ascoltavo Claudio Baglioni “Mille giorni di te e di me”.

MILLE GIORNI DI TE E DI ME

Ero confusa, pensavo, mi tormentavo per qualcosa che avrei dovuto fare, perché volevo, ma non ne avevo il coraggio, per quell’appuntamento, per la paura di sbagliare.

Avevo un fidanzato, per convenienza lo chiamerò “Mister C”, molto carino, a cui tenevo molto, forse la mia prima vera infatuazione. La nostra frequentazione durava da qualche mese e da qualche mese, seppur con tatto e gentilezza, mi chiedeva un gesto d’affetto che non ero pronta a dare e che con maestria riuscivo sempre ad evitare per non ritrovarmi poi in situazioni imbarazzanti.

Il sabato era l’unico giorno in cui mia sorella ed io potevamo uscire rientrando però molto presto.
Quel sabato di fine estate divenne IL SABATO dell’appuntamento.
I maschietti di tutte le età, è risaputo, spesso sono impazienti e lo era anche “Mister C” di 13 anni, che qualche giorno prima mi aveva chiesto di uscire:
“Ok vediamoci”.
Avrei voluto restare sul divano, ad ascoltare e riascoltare Baglioni, ma erano ormai le 16.30 dovevo prepararmi.
Immobile, il mio sguardo perso nell’armadio tra decine di capi che avrei potuto indossare, non potevo sbagliare, dovevo essere meravigliosa, stupenda, doveva essere il mio giorno perfetto.
Indossai una gonna lunga plissettata, un top ed una mini giacca coordinata in rosa antico, scarpe chiare, i calzini con il bordo merlettato, che avevano un loro fascino.
Ero pronta.
Mia sorella ed io avevamo appuntamento con una nostra amica (sorella di Mister C) che non faceva altro che darmi consigli sul da farsi, su come muoversi… ma io arrossivo e cercavo di cambiare discorso.
Fino a quando da lontano appare lui, “Mister C, baciato dal sole al tramonto, il suo passo sicuro, il suo sorriso…. mi saluta con un bacio sulla guancia…
” Allora andiamo?
” Certo”!
Saluto le due comari, mi allontano guardando i loro occhi ed i loro sorrisi sornioni….
Un tremolio mi corre lungo la schiena quando “Mister C” mi prende la mano, incrocio il suo sguardo per un attimo, arrossisco, guardo la mano e chiudo la presa.
Momenti di silenzio rumorosi, nella mia testa mille domande..

“(perfetto, ora inizio a palare io, ma no, magari vuole silenzio, ma adesso dove andremo, porca vacca ho il cuore in gola, potrei iniziare dicendo Dove siamo diretti?.. no no sto zitta è meglio)”.

“Che dici facciamo un giro? Dove preferiresti andare?
Ecco, aveva risolto i miei problemi, solo che non avevo idea di cosa rispondergli, infatti diedi fiato alla bocca .” Bho!”
Durante la passeggiata “Mister C” provò a propormi di fermarci più volte, prima dietro un angolo, poi sotto i portici, ma rifiutai ogni volta:
Insomma è il mio primo bacio cavolo, deve essere romantico non posso farlo dietro un angolo qualsiasi” pensai.
Trascorso qualche minuto mi ritrovai in un palazzo, dopo aver preso l’ascensore fino al settimo piano ed aver effettuato una rampa di scale… ero in trappola…non potevo scappare, non avevo più scuse sul romantico momento e bla bla bla…ed il momento arrivò!.
“Mister C” prese il mio viso tra le mani, con dolcezza lo avvicinò al suo… sentì il mio viso andare in fiamme, il mio cuore posseduto chissà da quale demone, proprio non voleva stare al suo posto…
Chiusi gli occhi, mi lasciai andare.
Il calore delle sue labbra, era confortante, erano morbide, profumate, ero al sicuro…i nostri visi sempre più vicini… le sue mani nei miei capelli, le mie mani sulla sua schiena in un abbraccio avvolgente. Riuscì a stringerlo a me talmente tanto che per un attimo i nostri cuori si fusero in un unico suono….

Viva più che mai quel giorno, l’adrenalina aveva invaso tutto il mio corpo, ogni singolo  muscolo, ogni singola arteria, vena, capillare…I miei sensi sembravano amplificati…Lunghi interminabili attimi di vita… il cuore pieno di gioia.
I nostri sguardi si incrociarono, ma non riuscì a sostenerne il peso e mi tuffai nel suo petto per proteggermi. Seguì un lungo abbraccio, tenero, intenso.
Era stato così, come lo avevo desiderato, Unico!.
Ripresa da quella miriade di emozioni che mi avevano travolta, destata da un meraviglioso attimo di vita, proposi di andare…
Il piede destro sul primo gradino e sentì una mano sul mio gluteo destro che stringeva forte….
Si bloccò il respiro.

(“Oh cazzo perché lo ha fatto, perché rovinare un momento così meraviglioso con una pacca sulla chiappa, non ci voleva, ha rovinato tutto…”)
L’unica cosa che la mia bocca riuscì a pronunciare: ” Uè e che è”…un sorriso sul suo volto e via… rampa di scale e ascensore.
Troppo presa dal momento vissuto non volli dare peso a quel gesto che in fondo non era altro che un gesto di affetto.
Divenni l’ombra di “Mister C”, non riuscivo a stargli lontana.
La mia momentanea storia “per sempre”. La prima persona dalla quale sentì pronunciare le parole:
“Ti Amo”, alle quali sorpresa risposi : ” Pur je”… su un motorino nel traffico.

Quanta tenerezza, in ogni gesto, in ogni situazione. Quanta ingenuità nei miei pensieri. Non c’era malizia, non c’era necessità di raggiungere alcun obiettivo. Solo la voglia di stare insieme appoggiati ad un muro e baciarci come se fosse la prima volta, tutte le volte.
Era tutto, come dire, pulito e  limpido.
Oggi sorrido guardando una coppia di giovani innamorati, che passeggia per le strade di Roma tenendosi per mano, o mentre si bacia con passione ai piedi del Colosseo. Amo la loro libertà, la loro passione, la tenerezza che vedo e che sento in quei gesti.
La tenerezza delle guancia rosse ad uno sguardo o, ad una carezza in più.
Amo vedere nei loro occhi il mio ingenuo passato.

Raf
Dont’ forget to smile