Favola
L’acqua che scorre dolce tra i capelli, scivola sul mio corpo. Sento ogni singola goccia sulle spalle appesantite da una lunga giornata di lavoro. La luce soffusa, Einaudi mi coccola, il volto si distende…
L’acqua scivolava in una cascata continua, cadendo in un punto come prestabilito a creare movimento. Un corpo pallido. Le gambe tornite, una gamba puntata a sorreggere il peso, l’addome piatto, gonfio solo ad ogni respiro, la schiena inarcata ad accogliere l’acqua, i lunghi capelli biondi. Un viso dolce, pulito, delicato. Uno scintillio vivo negli occhi. Le mani delicate sottili tra i capelli bagnati. Attorniata da ninfe marmoree che custodivano la sua nudità.
Lo sguardo seguiva ogni gesto, che veniva compiuto lentamente, con cura come se fosse l’ultimo.
La natura sembrava essere in attesa. Il cielo limpido, sgombro da nuvole, l’aria frizzante. Le fronde accompagnate da una leggera brezza in un valzer romantico. Di Tanto intanto una foglia lasciava la sua casa, finiva in acqua e si lasciava trasportare dolcemente dalla corrente, fino ad urtare una gamba e poi l’altra…
Tutto ruotava intorno a quella immagine.
Il cocchiere di rosso vestito, con lo sguardo basso, si inchinò al suo cospetto, porgendole la mano per aiutarla a salire.
Il velluto rosso porpora, degli interni della carrozza, riscaldò la sua pelle.
Un colpo di frusta ed i due cavalli bianchi, dalla folta criniera, iniziarono a trasportare la carrozza con cautela sulla strada verso le stanze della grande reggia.
Una lunga scalinata all’ingresso permetteva l’accesso alle stanze.
La luce densa rifletteva sulle pareti , sulle tende e sui bianchi decori del pomposo letto a baldacchino, sul quale si accomodò dolcemente, sfilando via il telo e lasciando che le ancelle si prendessero cura del suo corpo con gli oli essenziali.
Un’ombra proveniente dalla finestra, disturbò i suoi occhi. Allontanando le ancelle, tentò di capire l’origine di quello strano gioco di luci.
Il suo sguardo cadde su di uno straniero, non lo aveva mia visto prima, almeno così le sembrava. L’uomo era vicino al suo cavallo, indossava jeans ed una camicia bianca chiaramente danneggiata forse da un lungo viaggio.
L’uomo era di spalle, robuste, i suoi capelli scuri, con qualche ricciolo che si muoveva ribelle con la leggera brezza.
Non riusciva a vedere il suo viso, i suoi occhi.
Guidata da un impeto che non conosceva, indossò una sottoveste di seta avorio con dei ricami trasparenti sul ventre, una vestaglia in tinta e si precipitò scalza per le scale fino in giardino… ma l’uomo non c’era più si era allontanato con il suo cavallo, riusciva a vedere in lontananza le sue spalle. Senza pensarci ordinò che uno dei cavalli della carrozza fosse preparato per la monta, ed in un attimo era al galoppo…
Attraversò i lunghi viali del suo giardino, un piccolo bosco, un laghetto, seguiva la scia di qualcosa, il cavallo lasciava il segno del suo passaggio, una corsa verso qualcosa di incomprensibile, mossa da qualcosa che non riconosceva le appartenesse ma era lì al galoppo…
Poi finalmente vide quelle spalle e quella schiena…
Con un balzo delicato toccò terra, lasciò le briglie e si diresse verso la ragione della folle corsa…
Ora il suo passo era lento, leggero, il suo respiro contenuto.
Una mano sfiorò quelle spalle, i capelli e poi la mano in quella di lui…fu un brivido, come musica per il suo corpo…
Era trascorsa 1 ora e mezza il cd di Einaudi era terminato da un po’…
Chissà se Lei vedrà mai il suo viso ed i suoi occhi…
Raf
Dont’ forget to smile
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