O’ munaciell (seconda parte)

Margherita Bonito, nata nei primi anni del 900′, ragazzina vivace e serena. I suoi occhi videro cose che noi oggi neanche possiamo immaginare. Sposò il Maresciallo Raimondo Esposito, da cui ebbe 4 figli, Maria, Raffaella (mia nonna), Arturo e Alfredo, che purtroppo morì giovanissimo.

Napoletana “Doc”, Margherita visse una vita abbastanza tranquilla per l’epoca. Adorava occuparsi della sua casa e spesso andava in giro per la città per vederne di nuove. A causa del lavoro del maresciallo, Margherita era costretta a traslocare spesso, da corso Vittorio Emanuele (cuore della città) a Fuorigrotta, quartiere di periferia. Non ebbe mai difficoltà ad ambientarsi e a rendere le sue case accoglienti. Era una donna semplice e di classe, la sua bocca non emetteva mai un suono volgare o sguaiato. Adorava sfoggiare la sua collezione di cappellini, guanti e borsette la domenica, per assistere alla celebrazione della Santa Messa. La sua eleganza era innata.
Purtroppo il destino le portò via il maresciallo e Margherita rimase sola. I tre ragazzi avevano preso ormai la loro strada, avevano costruito le loro famiglie e Margherita sicuramente non voleva essere un peso per nessuno.
Raffaella, sua figlia, le propose di trasferirsi a Castellamare di Stabia, città in cui viveva, Margherita accettò di buon grado e decise di prendere una casa in affitto in centro, vicino alla Cattedrale e alla meravigliosa villa comunale, lì avrebbe trascorso sereni pomeriggi con i nipoti, mangiando gelati deliziosi acquistati alla gelateria ” K2″, passeggiando al tramonto, ammirando il suo bellissimo Golfo di Napoli ed il maestoso Vesuvio.
L’appartamento si trovava in via Sarnelli.
Si accedeva tramite un cancello di ferro battuto, attraversato il quale si arrivava alle scale, in cima c’era la porta principale.
All’ingresso un piccolo disimpegno con una consolle formata da tavolino in legno su cui era appoggiato un antico specchio con la cornice dorata. Lasciato il disimpegno a sinistra un piccolo corridoio e la sala da bagno, seguiva una stanza da letto molto, molto grande arredata con mobili di legno massiccio. Il letto la faceva da padrone al centro della stanza. Il copriletto bianco lavorato a mano, lenzuola ricamate e le federe dei cuscini con le iniziali ” M.S.”, facevano intuire subito la cura e l’attenzione che Margherita avesse per la casa.
Il sole sorrideva attraverso un balcone che dava sulla Cattedrale della città.
A destra del disimpegno due piccole stanze per gli ospiti.
Continuando a percorrere il corridoio si arrivava in una grande stanza da pranzo, arredata con mobili tutti intarsiati, non erano difficili da notare i puttini in rilievo sulle ante.
Attraverso la sala da pranzo si accedeva ad una veranda adibita ad angolo cottura, dove Margherita la domenica preparava i suoi deliziosi pranzetti e il buonissimo caffè per i suoi ospiti.

In quella casa però accadevano delle strane cose.Improvvisamente le luci si spegnevano, le porte che sembravano chiuse a chiave erano invece aperte, cigolii, strani respiri, ma a tutto questo Margherita non badava, era in una casa nuova e non voleva farsi spaventare da comuni rumori di un quartiere nuovo.

Trascorse del tempo da quando Margherita aveva preso possesso della nuova casa, ed era felice aveva il mare, l’aria buona e poi aveva i figli ed i nipoti che le facevano spesso visita.

Una mattina, dopo aver riordinato casa, Margherita era pronta per dirigersi dal droghiere per la spesa. Prima di uscire di casa aveva l’abitudine di controllare la dispensa e stilare una lista dei prodotti che mancavano in modo da essere precisa e non dimenticare nulla. All’apertura delle ante di legno della dispensa, Margherita non poteva credere ai suoi occhi; scatolame, pasta, olio, sale, tutto in quantità elevata.

Ebbe necessità di sedersi e mentre si aiutava appoggiando la mano sul tavolo, si accorse che sotto  il centrino bianco lavorato ad uncinetto, regalo di sua figlia Raffaella, c’erano dei soldi.

Margherita viveva con una modesta pensione e quei soldi sicuramente non le appartenevano, soprattutto non li avrebbe mai lasciati incustoditi.

Ancora seduta, perché inquietata da quello che stava accadendo, appoggiò entrambi i gomiti sul tavolo e prese la testa fra le mani. Cercava di riunire le idee. Dopo qualche minuto, un grosso respiro, sollevò la testa e liberò lo sguardo che fu attratto da una figura, quasi un’ombra.
Strizzò gli occhi, perché pensò ad un problema di luce ma invece vide un piccolo uomo, un ragazzino che girava attorno al tavolo, con lo sguardo vispo ed un enorme sorriso. Capelli biondi ricci, indossava una camicia bianca, pantaloncini corti, calze che gli arrivavano al polpaccio e mocassini.

Margherita era impietrita, immobile su quella sedia. Gli arti, opponevano resistenza a qualsiasi movimento tentasse di fare e poi una voce:

Uè piccirè buongiorno”, una fragorosa risata accompagnò quelle parole, ” chest è a casa mia, t’agg fatt nu regal, ma tu nun le a ricer a nessun”(questa è casa mia ti ho fatto un regalo ma tu non lo devi dire a nessuno).
Margherita non emise un fiato.
Era stordita, quell’uomo con le sembianze da ragazzino, non sembrava volerle farle del male, ma ovviamente non ne era sicura.

Riprese a respirare lentamente, non tentò di scappare, anche se il suo istinto quasi le urlava di farlo, ma restò e disse:

Ma tu sei vero o sto sognando? Come ti chiami?, chiese nella sua ingenuità.

” Tu m’vir, song o ver, ma sul poc m’ponn verè, a gente c’ ten appaur m’ chiamm o’ munaciell, ma io vogli o ben tuoj, tu si na brava signor”.(tu mi vedi, sono vero, ma solo in pochi mi possono vedere, le persone che hanno paura di me mi chiamano “il monaciello”, ma io voglio il tuo bene, tu sei una brava signora).

Margherita era pallida in volto il battito accelerato strani fischi nelle orecchie.
“Tu m ‘ è vist DEVI MANTENERE IL SECRETO”
( Tu mi hai visto ma  devi mantenere il secreto).

Trascorse qualche giorno, Margherita non parlò con nessuno di quello che le era accaduto, come indicato dal monaciello, ma una domenica successe qualcosa, quel segreto rischiava di non essere più tale.

“Quell’impermeabile color cammello mi calzava a pennello, ho continuato con le mie ricerche, sono diventata un incubo per la mia famiglia, alla ricerca di ricordi e dettagli succulenti”.

Raf
Dont’ forget to smile

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