Due anime – Una storia. (II parte)
Il cuore ti esce dal petto, il respiro concitato, nella mente tutto scorre ma devi pensare velocemente, riassestare i battiti ed il tuo respiro, sei stato addestrato per mantenere lucidità e freddezza. Devi contribuire a portare a casa la tua famiglia.
Rientrata a casa, tirai giù tutte le serrande affinché il sole potesse rimanere fuori, sfinita come se avessi corso delle ore mi lanciai sul divano, occhi al soffitto.
Comunicazione radio:
Non avevo fame, rimasi sul divano a guardare il soffitto per un po’ a godere della piccola brezza che attraversava le serrande.
Mi accinsi, con il giubbetto antiproiettile indossato, elmetto, fucile e zaino per il primo soccorso, ad uscire dal mezzo (in condizioni di calma si fa veramente fatica a muoversi) , la mia forza sembrava non avere limiti, il peso assente, la fatica scomparsa.
Mi dirigo verso il luogo dell’esplosione. Vedo un corpo a terra, difficile da riconoscere, probabilmente balzato fuori dal mezzo distrutto dalla deflagrazione. Le sue condizioni non sono compatibili con la vita, nessun respiro in quel corpo martoriato da schegge e sabbia. Non posso fermarmi. Nessuna emozione mi è concessa.
Accendo e spengo la tv, mi dà noia , nulla di interessante. Decido di fare una doccia e accompagno quel momento da “Aria“ di Allevi.
Un urlo disperato attira la mia attenzione, vedo un uomo girare su se stesso come una trottola in preda ad un forte dolore, avvolto da un polverone. Lo sento tossire. Ha bisogno di me. Lo raggiungo, gli faccio sentire la mia presenza, è al sicuro ora, ma soffre per il dolore al torace e alla gamba. Lui è confuso, lo tranquillizzo ed intanto cerco di capire la gravità delle lesioni. Lui si fida di me, pensa che io sia l’unica persona in grado di poterlo aiutare. Mette la sua vita nelle mie mani.
Quella giornata era strana, calda, non sapeva di buono, continuavo a sentire uno strano malessere, ma non ne capivo il motivo. Decisi di chiamare il mio Maresciallo. Sapevo che era andato fuori per delle attività, succedeva spesso. Composi il numero. Il centralino non riusciva a mettersi in contatto con la base: “Signorina non prendono la telefonata”. “Ok grazie riprovo più tardi”. “Non sono ancora rientrati” pensai.
La musica di Allevi fu interrotta da una telefonata di mio cognato.
“Bakwa perché?”
“Cazzo! Un mezzo è esploso ci sono dei morti e dei feriti, hai sentito la notizia?”.
Chiusi la telefonata e ricomposi il numero del centralino.
“Salve Colonnello sono la compagna del Maresciallo, che succede e non mi dica cavolate”.
“Senta io capisco che Lei deve tranquillizzare le persone ma così ottiene l’effetto opposto”.
Quelle parole entrarono nel sangue, come l’acqua che ti disseta nel deserto.
Era ferito, lo immobilizzo sulla barella e con cautela lo trasportiamo all’interno dell’elicottero che intanto era atterrato non lontano dal luogo dell’esplosione.
“Voglio vedere il mio compagno, come sta?” mi chiese, il mio cuore stretto in una morsa:
”Non c’ è tempo, non ha senso , ricordalo sorridente”.
L’elicottero decollò trasportandolo nell’ospedale da campo più vicino.
Internet ed i vari Mass Media iniziarono a dare le prime notizie, anche se il maresciallo mi aveva sempre detto che la maggior parte delle volte non hanno la notizia certa e completa. Non m’importava, cercavo di capire cosa fosse successo. Iniziarono anche a spuntare dei nomi…quello del maresciallo non c’era, ma questo non mi tranquillizzava. Credo fossero le 17.30. Non avevo ancora notizie.