Un giorno da leoni

La felicità era a portata di mano.

Uno stuzzicadenti, colla rigorosamente attak, una chiave spezzata, miscela perfetta da inserire nella serratura del portone del liceo classico Plinio Seniore, affinché potesse essere impossibile l’accesso in classe, per le due ore successive.
L’attesa sembrava inutile, quindi armati di gettone si comunicava a casa che la scuola quel giorno era saltata e che si stava in giro con gli amici.
In un attimo si diventava padroni del mondo, ripensando anche che si era riusciti ad evitare l’interrogazione di storia dell’arte.

“Ora cosa si fa?”
“Prendiamo il primo treno che passa o per Sorrento o per Napoli”.
Purtroppo pochi soldi in tasca e non utilizzabili per acquistare il biglietto.
La strategia era di posizionarsi nell’ultimo vagone e sperare che non passasse il capo treno per controllare i biglietti, in quel caso saremmo usciti alla prima stazione utile, di corsa.
La nostra esuberanza non era contenuta e l’ultimo vagone del treno, che era diretto a Sorrento, era quello più rumoroso.
Tra una risata e l’altra, uno sguardo e l’altro nei corridoi degli altri vagoni, si arrivò a Sorrento.
Lanciatissimi per le strade con addosso un meraviglioso senso di libertà e quel profumo di mare
che dava un senso ai nostri polmoni.
Sembravamo turisti, nonostante conoscessimo la città come le nostre tasche, avevamo l’abilità di stupirci ogni volta.
Passavamo in rassegna tutte quelle meravigliose vetrine allestite con gli abiti dei brand più costosi e famosi, sognando di indossarli un giorno per un ‘occasione speciale.
Una sosta era d’obbligo al supermercato più vicino, per acquisto del cibo “distruggi fegato” ovvero patatine, cioccolata, nello specifico il pacco maxi M&Ms e coca-cola, a volte anche qualche birra.

Sorrento balcone sul meraviglioso golfo di Napoli, adorabile, ma nonostante le varie soste, i vari “belvedere” che incantavano gli occhi, la passeggiata nei vicoletti ricchi di alimentari che ti offrivano liquori locali per invogliarti all’acquisto, era sempre troppo piccola per  noi Leoni che avevamo bisogno di muoverci, vedere, esplorare e  quindi  via di nuovo in treno, viaggio nel senso opposto, direzione “Villa dei Misteri”, scavi di Pompei.

Oggi avrei sentito: “Next stop Villa dei Misteri uscita lato destro”.

Una voce  nasale trasmessa tramite un microfono che singhiozzava, annunciava l’arrivo a destinazione, ma non era sufficientemente chiara per cui si intuiva il luogo dell’arrivo solo guardando la segnaletica esterna, se non era imbrattata da qualche graffito.

Direzione Scavi archeologici.

Per me era la prima volta ed ero entusiasta, in più, mostrando la carta di identità alla biglietteria i giovani studenti potevano entrare gratuitamente. Iniziò il nostro viaggio nel passato.
L’anfiteatro era spettacolare. Simili ne avevo visti solo nei libri, ora ero seduta su uno dei gradini dove migliaia di anni fa sedeva un’altra “Raffaela”
Il secchione di turno, utile in quell’occasione, ci ricordò date ed eventi di quel preciso periodo storico.
Il tempo sembrò fermarsi tra quelle pietre, tra le botteghe, tra i viali di quella antica città distrutta dalle ceneri del maestoso Vesuvio.
Di tanto intanto riconoscevamo dipinti ritrovati nelle ville pompeiane, studiati precedentemente.
Eravamo immersi in un pezzo di storia, percorrevamo stradine, che incrociavano delle altre.
” Le lupanare” luoghi adibiti al sesso clandestino, ovviamente destavano la nostra curiosità e innescavano meccanismi di ilarità senza fine.
La nostra età la faceva da padrona, per cui dopo la quiete….
Iniziammo a dare sfogo alla follia.
Ci separammo cercando luoghi in cui nasconderci per sorprendere gli altri “più tranquilli”, cercando di spaventarli, balzando fuori da un  muretto o anche dal retro di una porta di una villa.
Iniziammo a cantare le canzoni classiche napoletane, incuranti degli occhi sgranati dei turisti ed i loro sorrisi.
Il sole ci sorrideva, eravamo Leoni fuori dalle loro gabbie, liberi.
In una giornata come quella che stavamo vivendo, tutto sembrava essere fantastico ed in sintonia con il nostro stato d’animo, ma il momento topico arrivò quando uno di noi improvvisamente:
“Ragazze, ragazze, ma io devo fare la pipi'”.
“Vabbè dai ci sono i bagni più avanti”
“No, forse non mi sono spiegata, la faccio qui, non resisto”
 
I nostri occhi puntati sui movimenti goffi di quel personaggio che guardandosi intorno scrutava, cercava il posto migliore dove poter adagiarsi. Scavalcò un muretto, tra una bottega e l’altra e poi sali’ su un pianerottolo erboso ed urlò:
“La faccio qui!”
Silenzio.
” Fate i pali”
Poi una fragorosa risata.
Ridevamo con tutta l’anima, gli occhi lacrimavano, l’addome contratto, senza fiato.
Urlai:”Cazzo il guardiano!”
La testa della mia amica fece capolino dal muretto, il viso chiaramente spaventato….espressione impagabile.
Quando rivelai che era uno scherzo mi beccai un fragoroso “Vaffa….”.
Le nostre risate continuarono anche dopo, quando la nostra amica dopo essersi liberata dal peso dell’urina venne giù allacciandosi i jeans ed inciampando qui e lì in alcuni  reperti archeologici, pensai che un ippopotamo con il suo peso sarebbe stato meno maldestro.
Che giornata!
Meravigliosa, spensierata. Nessun vincolo, nessun telefono, nessun tipo di tecnologia aveva accompagnato quel giorno.
Amici, follia, voglia di sentirsi padroni del mondo anche se soltanto sedicenni, liberi. gli occhi negli occhi, le voci, lo scorrere del tempo nelle nostre risate.
Semplice.
Rientrai a casa nel tardo pomeriggio. Sul tavolo della cucina era pronta la merenda, una rosetta ripiena di nutella ed un succo di frutta.
Mia madre mi guardò e disse: “Corri vai a lavarti le mani! V’at divertit o ver? Brav! Vai Vai!”(corri vai a lavarti le mani, vi siete divertiti vero? Brava. vai vai).
Il mio viso chiacchierone non riusciva a nascondere l’evidenza.
Memorabile il nostro giorno da Leoni.
Raf
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