Adolescenza

Il senso di impotenza spesso ti attanaglia  e crea una sorta di vuoto immenso, un vuoto che ti riempie, quel vuoto va colmato e svuotato in qualche modo.
Spesso ci si presentano delle situazioni alle quali non siamo pronti, perché non ancora strutturati, perché non siamo preparati, non c’ è esperienza e cerchiamo di proteggerci, in qualche modo.
Un po’ come quando il nostro corpo reagisce ad elementi simili riconoscendoli come non buoni e crea anticorpi ad anticorpi, ecco, diciamo che alcune situazioni che ci causano sofferenza sono così.
Creiamo una sorta di Autoimmunità. Indossiamo una corazza, iniziamo a difenderci dai noi stessi.

Gioia, le sue parole, il mio racconto.

Cucina, un tavolo che  aveva unito durante pranzi di Natale, festeggiato promozioni e anniversari, accolto lacrime di gioia e di tristezza, anni di felicità, un matrimonio, due figli, ora  era un muro.
Susy da un lato, Cris dall’altro,  ora erano divisi da quel tavolo.

“Non  possiamo stare più insieme, le nostre strade devono prendere direzioni diverse”.

Come in un cartone animato un macigno crollò sulla testa di Gioia e quella di suo fratello, un lutto raccontato da Malik, fuochi, vulcani in attività, tempeste. Tutto questo non traspariva dai loro visi.

“Va bene allora cosa vogliamo fare, decidiamo insieme”, Gioia si espose.

Il suo istinto la  guidava, come se qualcuno le avesse assegnato un ruolo, quello da mediatrice, affinché tutto potesse placarsi.
Ma l’amore fa presto a trasformarsi in odio, per difesa, difesa al dolore, alla sofferenza, anche l’odio fu accolto  a quel tavolo.
Il senso di impotenza per alleviare il dolore, i punti interrogativi posti dalla ragione non ebbero mai risposta.
Sommersa da un’onda di responsabilità  nei confronti di due persone che le avevano dato la vita, si sentiì impotente, no aveva nulla per sanare quelle ferite che sapeva, avrebbero sanguinato a lungo.
La sua forza? Suo fratello, più istintivo, più reattivo, bel caratterino lui. Volevano essere saggi, razionali.

I giorni passavano e cercavano di tenere tutto all’interno dei muri di casa.
Cercavano di mantenere il controllo, ma non vedevano l’ora di perderlo, lui tra le braccia della metà del suo cuore e lei?
Gioia In compagnia della  tazza del cesso. Era troppo piena di sensazioni ed emozioni contrastanti ed era incazzata, doveva svuotarsi.
Era quasi diventato un rito.
Andava a fare la spesa, tutto ciò che comprendeva cibo inutile lo comprava… correva con il motorino, cercava un luogo appartato dove però potesse vedere il mare e inghiottiva, mangiava  con voracità, patatine , crostatine, non lasciava il luogo se non aveva divorato tutto. L’istante subito dopo salutava il mare, indossava il casco e rientrava a casa.
Diretta in bagno, lavava le mani, legava i capelli, sollevava il copri water, puliva anche quello e di nuovo lavava le mani, lasciando questa volta il rubinetto aperto, per coprire eventuali rumori.
Un lungo sospiro, il dito indice ed il medio andavano ad esplorare cavità sconosciute, per una due o tre volte fin quando un’onda di poltiglia non si faceva spazio tra i canali, e l’acidità riempiva la bocca.
Gioia ripeteva il rito più volte fino quando nessuna poltiglia o pezzi  di cibo venissero in bocca, ma solo liquidi. Era il suo segnale. Poteva bastare.
Sfinita, spingeva lo scarico, controllava che non ci fossero residui nel water, e poi si fermava allo specchio, il viso violaceo per lo sforzo, capillari sanguinanti negli occhi rossi, pieni di lacrime.
Lavava i denti, rinfrescava il viso e poi si lasciava andare a terra per qualche minuto affinchè potesse recuperare il suo colorito naturale ed il suo respiro.
Gioia si sentiva soddisfatta, più leggera e meno in colpa.
Mentre le diatribe familiari continuavano ad andare avanti, verso una soluzione definitiva, Gioia credeva di sostenere il mondo, e non rinunciava al suo rito per sentirsi apparentemente meglio.

Un giorno però qualcosa andò storto. Suo fratello si accorse che qualcosa non andava, con lo sguardo arrabbiato prese Gioia per un braccio, e disse:

”Che cosa pensi di fare? Vuoi diventare bulimica, molti non tornano più indietro lo sai vero? Parlami! Non fare cazzate!”

Gioia scoppiò in lacrime, non voleva dare altre sofferenze alla persona più importante della sua vita, la sua forza.
Il dolore, la sofferenza, il senso di colpa, il senso di impotenza, la paura, senso di smarrimento, correvano sul viso una dietro l’altra. Lacrima dopo lacrima.

Ho rivisto Gioia qualche tempo fa, il suo sorriso illumina il sole, è cresciuta, è una donna ora.

“Raf ci sono cose che il tempo non cancella, ma ne sono felice, perché ho bisogno di attingere da quell’esperienza, nei momenti di difficoltà, per ricordare che io sono la donna che vedi anche perché ho superato quei dolori, quelle sofferenze, credimi non si muore, si cresce, si diventa adulti, a volte anche saggi più dei propri genitori,  anche questo mi sta bene, noi siamo i loro occhi ora e ho imparato a non dimenticare di sorridere, proprio come dici tu.”

Don’t forget to smile
Raf

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